di
Francesco Zanotti
Oggi le classi dirigenti
manageriali considerano le imprese istituzioni, destinate a mantenere stabile
la loro identità nel tempo. Il compito dei manager è quello di farle funzionare
meglio.
Il Progetto Strategico è
poco più che un programma operativo per il futuro.
E’ partendo da questa ipotesi
che si spiegano i casi suddetti che non c’entrano in nessun modo con l’etica.
Infatti, se le imprese sono
istituzioni, allora l’obiettivo dei top manager è quello di occupare le
posizioni migliori. E’ quello di diventare top manager delle imprese-istituzioni
più prestigiose. Le loro competenze sono competenze relazionali, le loro risorse
sono le loro reti di relazioni che sono strutturalmente collusive.
Il funzionamento dell’Istituzione
viene delegato ai manager operativi. La redazione di un Progetto Strategico che
è solo programma operativo non li riguarda.
Quando occorre affrontare problemi
di instabilità ambientali (Saipem in Africa) o di sviluppo strategico (una acquisizione
per MPS) i top manager utilizzano le competenze e le risorse di cui dispongono:
cercano di costruire nuove reti collusive. Questo modo di affrontare problemi
non istituzionali, da un lato, non funziona e poi è foriero di “tentazioni” non
ortodosse.
Come evitare questa deriva
strategica? Non certo con richiami all’etica ...
Io credo lo si possa fare
chiedendo alle imprese, soprattutto a quelle quotate, di elaborare Progetti Strategici completi. Essi
dovranno contenere la proposta di una nuova identità strategica per istituzioni
che devono tornare ad essere imprese. E potranno realmente diventare strumenti
di trasparenza e di sviluppo.
Nel caso Saipem il Progetto Strategico avrebbe dovuto descrivere la
situazione politico-sociale dei territori dove opera ed esplicitare il ruolo
che Saipem intendeva svolgervi: attore di sviluppo di quei territori o ricerca
di collusione con quello che si pensava sarebbe stato il vincitore prossimo
venturo dei conflitti in corso?
Nel caso MPS il Progetto Strategico avrebbe dovuto esplicitare la nuova
visione del fare banca che ispirava l’acquisizione. In particolare avrebbe
dovuto esplicitare il cambiamento nel posizionamento strategico (che non si
esaurisce nel posizionamento competitivo) che l’acquisizione avrebbe permesso.
La richiesta di Progetti Strategici
completi dovrebbe venire certamente dagli Organi di Controllo, ma anche dalla
società e, in particolare, dal sistema dei media che dovrebbero “premiare” la
capacità di progettualità strategica e non quella di occupare il potere. Occorre, insomma, che emerga un movimento
che chiede strategia e non potere.
Ovviamente condizione necessaria
perché questo accada è che manager, Organi di Controllo e sistema dei media dispongano delle conoscenze di strategia d’impresa adatte a predisporre e valutare
Progetti Strategici.
Il suddetto movimento
dovrebbe, allora, chiedere e proporre la conoscenza strategica come risorsa
fondamentale.
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