di
Francesco Zanotti
Da un
lato l’”osanna” dei commentatori nostrani su tutti i giornali all'aumento del
Pil statunitense. Dall'altro, su di una rivista apparentemente oscura, ma di
notevole interesse (L'internazionale), ripropone un articolo di Chico Harlan su The Washington Post dal titolo Il paese delle rate. Ringrazio l’amico
Luciano che i lettori di questo blog conoscono bene per avermelo segnalato.
Per inciso:
ma quando la piantiamo di dibattere intorno a giornali digitali e cartacei e
non riprendiamo a discutere della qualità dei contenuti? Quando riavremo
contenuti eccellenti avrà senso discutere di che tecnologia usare!
Ma torno
all'articolo. Si sostiene che vi è stato un boom di acquisti (consumi diciamo
impropriamente) molto particolari: a rate incoscienti e costosissime. Acquisti
a rate (la formula è quella del leasing, finanziato dalle imprese stesse e non
dalle banche) concessi a tutti (anche chi non ha contanti, né carta di credito,
né conto in banca) dove alla fine i prodotti arrivano a costare anche molto più
del doppio. Il segreto dovrebbe stare nel fatto che se non paghi le rate non ti
accade nulla: basta che restituisci il bene. Esempio: la famiglia Abbot dell’Alabama
ha acquistato un salotto a rate che costava 1500 dollari senza tirar fuori un
soldo, ma con la promessa di pagarlo in due anni 4.500 dollari.
Questo
tipo di acquisti si sta diffondendo rapidamente ed intensamente, permettendo
acquisti a chi non se lo poteva permettere e certamente fa salire il Pil. Ma è
una crescita sana? La famiglia Abbot e molte altre dovranno restituire quello
che hanno comprato. Le imprese riempiranno i magazzini degli oggetti restituiti.
Dovranno affrontare crisi di liquidità perché alla fine, proprio a causa della
restituzione, incasseranno molto meno di quanto hanno speso per costruirli. Dovranno
dotarsi di nuove strutture di stoccaggio…
Avremo,
insomma una nuova drammatica bolla della cose, multidimensionale perché toccherà
spazi, materie prime, energia e soldi, che si sta formando fuori dai mercati
finanziari. A dimostrazione che il fenomeno bolla non è tipico solo di questo
tipo di mercati finanziari, ma di tutti quei mercati (e, più in generale, sistemi)
che cercano di costruire un valore “artificiale”.
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