di
Francesco Zanotti
Anche quest’anno abbiamo assegnato un Rating ai Business Plan delle Società degli Indici FTSE Mib e Italia Star di Borsa Italiana. Ed abbiamo redatto il Rapporto che si può scaricare da questo link.
In estrema sintesi, i Rating non sono lusinghieri. Dimostrano che i Business Plan della Società degli Indici FTSE MIB e Italia STAR di Borsa Italiana non sono certo “alti e forti”.
Tutto sommato sembra che i redattori dei Business Plan considerino le loro imprese come Istituzioni, destinate a perpetuarsi nel tempo. Il guidarle ha a che fare solo col renderle più efficienti o costruire intorno a loro una rete di protezione finanziaria o politica.
Poiché le società inserite negli Indici di cui sopra sono tra le imprese più importanti del nostro Paese, la somma dei loro business Plan è quanto di più simile abbiamo ad un Country Plan, allora anche il nostro Paese sta cercando di superare la crisi con la conservazione. Ovviamente non riuscendovi.
Perché accade tutto questo? Non certo per incompetenza o cattiva volontà di top manager e imprenditori. Le ragioni sono altre.
La prima è che i top manager e gli imprenditori non considerano rilevante il redigere e il rendere pubblico un Business Plan. Non è un’attività di gestione strategica ma di burocrazia o di comunicazione. Che il Business Plan, allora, sia fatto dai tecnici. La gestione strategica rimane una’attività informale, personale ed impalpabile.
La seconda è che nel redigere un Business Plan non vengono utilizzate le migliori le conoscenze e metodologie di strategia d’impresa.
Nel Rapporto cerchiamo di spiegare, invece, le ragioni che dovrebbero spingere un’impresa a redigere, in modo partecipato ed usando le migliori conoscenze e metodologie di strategia d’impresa disponibili, e a rendere pubblico un Business Plan che venga giudicato “alto e forte”.
In sintesi, un Business Plan costruisce un Patto per lo Sviluppo con tutti coloro che hanno partecipato alla sua redazione. La redazione e l’aggiornamento continuo del Business Plan deve diventare il cuore dell’attività di gestione strategica. Non lo può più essere la costruzione di nessuna rete di protezione.
Il Business Plan è il contratto che formalizza il Patto per lo sviluppo.
Il redigere il Business Plan è un “atto dovuto” nei confronti degli Organi di Controllo dell’impresa (CDA e sindaci) perché non basta vigilare sul passato, ma occorre farlo anche sulle intenzioni di futuro. Ed è anche l’unico modo per evitare “asimmetrie informative” verso il futuro.
Il Business Plan sarà tanto più alto e forte quanto più vasto sarà il “parterre” degli stakeholder che avranno partecipato a redigerlo: nessuno si aspetti, in una società complessa, di poter esser ancora profeta da solo.
Ovviamente si sentiranno obbligati a rispettare il Patto per lo Sviluppo (formalizzato nel Business Plan) solo coloro che avranno partecipato a scriverlo. Gli altri (dagli Attori Sociali alla Magistratura) si considereranno liberi di sindacare l’attività dell’impresa quando, come e dove vogliono. E sia gli Attori Sociali che la Magistratura lo stanno “sindacando” con sempre maggiore intensità.
Non è certo qualche Rapporto di Sostenibilità, che cerca di far giudicare “buona e giusta” l’attività dell’impresa con l’ausilio di qualche “indice” internazionale, a difendere da “sindacazioni” anche esiziali per il futuro dell’impresa.
Il Business Plan sarà tanto più alto e forte quanto più avanzate saranno le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa che saranno utilizzate per redigerlo.
I Rating assegnati sono, ovviamente, “unsolicited” e considerano solo informazioni pubbliche. Ci rendiamo disponibili ad assegnare un Rating “solicited” che costituisce la base di partenza per quel miglioramento della qualità dei Business Plan che riteniamo socialmente rilevante: la vera dimostrazione della vocazione dell’impresa al servizio della Società.
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