di
Luciano Martinoli
Nella nostra recente ricerca sui Business Plan delle aziende FTSE MIB e STAR, abbiamo allargato l'indagine anche ad alcuni documenti relativi alla Corporate Social Responsability (Bilanci di Sostenibilità, Rapporti di Responsabilità Sociale, ecc.). Lo scopo è stato quello di ricercare il ruolo delle componenti non prettamente economico-finanziarie del business troppo spesso sottaciute, o trattate distrattamente, nei Business Plan ma non per questo però meno rilevanti per il business stesso.
Dall'analisi di tali documenti, e dai colloqui avuti con le aziende resesi disponibili al confronto sul tema, si evidenzia una situazione che si può paragonare ad un isola (l'azienda) immersa e circondata dal mare (tutti gli stakeholder) del quale l'isola è cosciente a tratti, superficialmente e con la quale ha un rapporto nel quale abbondano malintesi.
Gli stakeholder, come il mare, hanno una loro capacità di sviluppo autonoma, la quale però può essere "indirizzata", se opportunamente stimolata, a supporto dello sviluppo e delle necessità aziendali, come se l'isola finalmente si accorgesse che il mare, se ben compreso, non è fonte di pericoli ma di ricchezza. Qualora si lasciano a loro stessi, o si "stimolano" in maniera errata, gli stakeholder, procedendo per la loro strada, possono arrivare addirittura a bloccare l'attività aziendale (come è accaduto recentemente nel caso Fincantieri).
Volendo rappresentare i modi di relazionarsi degli stakeholder con le aziende da noi studiate, attraverso l'analisi dei loro BP, tali relazioni si possono proiettare su un asse di "inibizione" con due estremi dai significati, e le implicazioni, diversi: i comportamenti "inibitori" e quelli "ininfluenti".
I "comportamenti inibitori" sono l'estremo negativo dei rapporti con gli stakheolder. Ne soffrono sopratutto i gestori di infrastrutture (elettrica, gas, trasporti,ecc.) i quali avendo la necessità per il loro business di intervenire fisicamente negli spazi sociali (territori abitati di comunità), "perturbano" tali realtà con effetti a volte imprevedibili. Non è questa la sede per approfondire il perchè di tali reazioni nè come fare per evitarle, diciamo solo che nei casi peggiori i comportamenti degli stakeholder possono avere effetti "inibitori" del business di queste aziende: dal rallentarlo pericolosamente fino a bloccarlo del tutto, con effetti devastanti sull'aspetto economico-finanziario.
I "comportamenti inibitori" sono l'estremo negativo dei rapporti con gli stakheolder. Ne soffrono sopratutto i gestori di infrastrutture (elettrica, gas, trasporti,ecc.) i quali avendo la necessità per il loro business di intervenire fisicamente negli spazi sociali (territori abitati di comunità), "perturbano" tali realtà con effetti a volte imprevedibili. Non è questa la sede per approfondire il perchè di tali reazioni nè come fare per evitarle, diciamo solo che nei casi peggiori i comportamenti degli stakeholder possono avere effetti "inibitori" del business di queste aziende: dal rallentarlo pericolosamente fino a bloccarlo del tutto, con effetti devastanti sull'aspetto economico-finanziario.
In questo caso è evidente che la corretta gestione di questi attori può consentire di evitare tali danni.
All'estremo opposto abbiamo comportamenti "ininfluenti" da parte degli stakeholder che non hanno effetti nefasti come nel caso precedente: gli effetti infatti sono quasi nulli. E' la situazione in cui si trovano le banche commerciali, oggetto esclusivamente di una generica, e infondata, lamentela (per lo più incentrata su accuse, la cui inconsistenza è facilmente dimostrabile, di mancata erogazione del credito) che si limita ad un'azione di disturbo delle relazioni senza, o con minimi, impatti sul business. A ben vedere però il significato di tali lamentele nasconde un richiesta di "ruolo" che temiamo non sia stata compresa dalle nostre banche. Queste infatti continuano a godere, nonostante tutto, di una considerevole reputazione costruita nei decenni (secoli?) passati alla quale ha dato sostegno anche la recente crisi finanziaria (le banche italiane sono costate quasi nulla alla comunità rispetto ai 240 miliardi di euro di salvataggio del governo tedesco per le banche germaniche).
In virtù di questa loro riconosciuta reputazione, forse le lamentele e le accuse sono da interpretare come l'unico segnale che gli stakeholder sono in grado di lanciare per invitare le banche a "fare qualcosa", ad assumersi quella guida che seppero, ad esempio, prendere subito dopo la seconda guerra mondiale per indirizzare la ricostruzione nazionale.
Un segnale che le banche stanno colpevolmente interpretando male replicando sui "contenuti" (tipicamente con scuse basate sull'aumento delle regolamentazioni) e non riconoscendo le "relazioni" che gli stakeholder riconoscono e spingono ad utilizzare positivamente.
Di mezzo comportamenti vari, per le aziende consumer, industriali e della finanza in generale, con fattori inibitori di varia natura ma tutti preoccupati dai "rischi" di tali comportamenti e non dalle opportunità soggiacenti alle relazioni con gli stakeholder e il loro coinvolgimento sul business.
Una risorsa dunque sempre più chiaramente sprecata, disponibile (sia perchè accessibile sia perchè in alcuni casi, come per le banche, desiderosa di dare supporto) alla creazione di quella nuova società, di cui fa certamente parte l'attività di business, alla quale tutti noi non solo aspiriamo ma di cui abbiamo urgente necessità.
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