"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

domenica 31 gennaio 2016

Leonardo Del Vecchio e i manager

di
Francesco Zanotti

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Alla veneranda età di 80 anni Leonardo del Vecchio ha deciso di riprendere in mano la sua impresa perché serve uno spirito imprenditoriale e non una gestione manageriale.
Oggi sul Sole 24 Ore Luigi Zingales fa un’apologia dei manager di successo che hanno evitato lo spirito conservativo di azionisti minoranza che vogliono fare il bello e il cattivo tempo. Denunciando che questi ultimi usano i manager quando sono nei guai, ma poi, appena non sono allineati li cacciano. E cita tra gli altri proprio Andrea Guerra.
Ora, il primo problema è che Zingales cita come risultato ottenuto dai manager l’aumento del titolo in borsa seguendo la vecchia logica del “valore per gli azionisti”. Ignorando il fatto che oramai è stato ampiamente dimostrato che la logica del valore per gli azionisti è non solo parziale, ma anche distorcente.
Ma poi, alla fine, c’è del vero quando parla di azionisti ottusi.
Non è, però, il caso di Del Vecchio.  Non si tratta di un azionista ottuso, ma di un azionista che considera i risultati dei manager troppo limitati. Conservatori, dal suo punto di vista.
Allora proviamo a distinguere tra impresa imprenditoriale e impresa manageriale. Il nostro prossimo futuro sarà di sviluppo se trasformeremo imprese manageriali in imprese imprenditoriali.

In un ambiente in profonda evoluzione gli atteggiamenti strategici che le imprese possono adottare sono due.

Il primo è di partecipare a costruire questa evoluzione: ridisegnare il proprio sistema d’offerta e, conseguentemente, il proprio ruolo sociale come contributo a quel processo emergente che è il creare una nuova economia e una nuova società. Definiamo questo primo atteggiamento “imprenditoriale”. E’ l’atteggiamento “naturale” di quell’attore economico che si definisce “impresa”. E’ l’atteggiamento che permette all’impresa di generare valore economico e sociale nel continuo. E’ l’atteggiamento che costruisce sviluppo nel continuo per tutti gli stakeholder che si riferiscono all’impresa.

Il secondo è di cercare, anche inconsapevolmente, di difendere, conservare il sistema d‘offerta e il ruolo sociale dell’impresa.
Questo secondo atteggiamento strategico in un ambiente che evolve proprio per azione delle imprese imprenditoriali è distruttivo. Le scelte strategiche finalizzate alla conservazione sono controproducenti. Gli obiettivi che si immagina di raggiungere si negano l’un l’altro.

Detto diversamente, in un ambiente in veloce evoluzione l’impresa manageriale finisce per chiudersi in sé stessa e, a causa di questo chiudersi, non riesce più a generare valore né economico né sociale. La deriva inevitabile è che l’impresa diventa una infrastruttura istituzionale, finanziata dallo Stato che non ha nulla dell’intrapresa, ma tutto della burocrazia.

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