di
Francesco Zanotti
Da un po’ di tempo i nostri post affrontano il problema del settore auto.
I problemi di Renault sono l’occasione per tentare, partendo dal settore auto,
di fare un discorso generale sul fare impresa.
Tutti gli analisti affermano che i produttori di auto si trovano schiacciati
tra le esigenze contrapposte di tutela dell’ambiente e dei clienti che vogliono
spendere sempre meno.
Quale soluzione propongono? Un processo di consolidamento del settore:
player più grandi che riescono a fare gli investimenti necessari per affrontare
le sfide ambientali e per ridurre i costi in modo da poter ridurre i prezzi. Ovviamente,
anche se non lo si dice, il successo di questo processo potrebbe necessitare di
finanziamenti pubblici (leggasi: aiuti di Stato, forse di tutti gli Stati), ad
esempio, per favorire la rottamazione delle auto più inquinanti.
Ebbene, questa soluzione porta ad
una istituzionalizzazione del settore auto. I produttori di auto generati
dal processo di consolidamento diventeranno istituzioni perché diventeranno
sempre più significativi per l’occupazione che “forniscono” alla società. E
diventeranno sempre meno rilevanti gli oggetti che producono. Le poche imprese
di auto che rimarranno diverranno “istituzioni”. Istituzioni keynesiane che
servono a scavare e poi riempire buchi per poter far lavorare le persone.
Le stesse dinamiche e proposte stanno emergendo in tutti i settori
economici. Il caso delle banche è eclatante. Il loro processo di
Istituzionalizzazione (re-istituzionalizzazione?) è esplicitamente evocato.
Esiste uno scenario alternativo? Certo! E si tratta di uno scenario
imprenditoriale.
Esploriamo nel settore auto.
I produttori di auto dovrebbero partire dalla visione di un modello di
società futura all’interno della quale sviluppare una proposta di modalità e
strumenti di trasporto di persone e merci che sia ologramma di questa società
futura. Queste visioni e proposte non potrebbero ovviamente essere concepite da
qualche guru di tecnologia o di marketing, ma dovrebbero nascere da un dialogo
progettuale di tipo strategico con tutto l’ecosistema di persone e attori che
vive dentro e introno al settore auto.
Detto diversamente, i produttori di auto dovrebbero diventare i
catalizzatori di una nuova progettualità sociale.
Lo stesso processo di “imprenditorialità sociale” dovrebbe essere avviata
in tutti gli altri settori che si stanno incamminando verso quella
istituzionalizzazione Keynesiana che è la negazione del fare impresa.
La sfida del fare impresa, allora, non è più tecnologica, ma di conoscenza.
Le imprese (grandi e piccole, manifatturiere o di servizi, finanziari e non) devono
disporre delle conoscenze delle
metodologie per avviare e coordinare una nuova, complessiva, intensa e
profetica progettualità sociale. Ma chi lo dice agli attuali manager del
settore auto e degli altri settori?
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