di
Francesco Zanotti
Leggo sul Sole 24 Ore di oggi un editoriale di
Luca Ricolfi dove sostiene (come molti) che è indispensabile aumentare la
produttività. E, poi, che non si sa bene perché la produttività in Italia non
cresca a differenza di quanto accade in altri Paesi. In realtà aggiunge una sua
ipotesi (onestamente dichiarando che non riesce a dimostrarla, ma ne sa dare
solo indizi): che dipenda dal mal funzionamento dell’apparato statale
Per commentare queste affermazioni, partiamo da
un seria analisi del problema della produttività effettuato da Riccardo Sanna su http://www.rassegna.it/articoli/di-cosa-parliamo-quando-parliamo-di-produttivita.
Ricolfi propone come problema il funzionamento
dell’apparato pubblico. Sanna, anche per evitare discorsi da “furbetti della
produttività”, sposta il discorso dal denominatore (chi fa le cose) al
numeratore (quante cose si fanno). E, in questo modo arriva alla individuazione
delle politiche da mette in atto per rilanciare la crescita che sono quasi l’esatto
contrario di quello che le politiche di austerità propongono.
Propendo ovviamente per la tesi Sanna e voglio
fare un passo avanti.
Il problema di fondo è che sta perdendo di senso il
sistema di prodotti, servizi, modalità di produzione erogazione e distribuzione.
Se davvero vogliamo costruire sviluppo, è necessario una profonda riprogettazione
del nostro sistema economico.
Proviamo a ragionare su numeratore ed usiamo
come parametro di riferimento non la quantità, ma il valore. Se aumenta il
valore percepito di prodotti e servizi le imprese “guadagneranno” di più. E i
lavoratori anche. Come accade in molte imprese imprenditoriali dalla proposta
strategica alta e forte. Allora è lo stesso ragionare stesso sulla produttività
è sbagliato: è davvero solo un discorso di conservazione. Allora la cosa da
fare è rilanciare la progettualità imprenditoriale che non può non coinvolgere
i lavoratori. E come si rilancia questa progettualità? E’ semplice: occorre
fornire a imprenditori e lavoratori nuove risorse cognitive per leggere i Segni
del tempo futuro e riprogettare imprese ed economie. Queste risorse cognitive
sono costituite dalle conoscenze e metodologie di strategia d’impresa che sono
oggi del tutto sconosciute. Quella che ho descritto è una visione quasi opposta
alla ipotesi che sia colpa dello Stato e che occorra cambiare lo Stato per
costruire sviluppo.
Ragionando sul “valore imprenditoriale” mi
sembra venga automaticamente contestata anche la tesi di Ricolfi che nessuno ci
capisce niente. Mi sembra di aver appena dato un cenno di una possibile analisi
che porta a trovare soluzioni efficaci qui ed ora, partendo dal basso e non
attendendosi soluzioni improbabili dall’alto. Questa analisi e questa proposta nascono
proprio dall’utilizzo di risorse cognitive mai usate: le già citate conoscenze
e metodologie di strategia d’impresa rivitalizzate dal pensiero quantistico e
dalle teorie di Luhmann. Strano? Beh, nessuna reale innovazione sembra non
strana al pensiero mainstream.
Chissà cosa ne penseranno di queste mie
riflessioni che, più che essere conclusive, intendono aprire un dibattito. due
autori citati. Proverò ad inviargliele …
Ottima riflessione. Valore vs quantity
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