di
Luciano Martinoli
Non passa giorno che non affiori questo interrogativo.
Ad esempio ancora oggi sul sole24ore è apparso un articolo sul tema. Si parla di come le oscillazioni di Borsa dipendono moltissimo non da cosa fanno, o non fanno, le aziende i cui titoli sono scambiati, ma da eventi (iniziative BCE e FED, indebitamento aziende cinesi, eccetera) che sono distanti anni luce dalle dinamiche industriali delle singole imprese.
Vengono allora a cadere le motivazioni riguardanti la visibilità, la fiducia, l'apertura verso il "mondo" così insistentemente sbandierati dalla narrazione mediatica, dai gestori dei mercati, dall'accademia.
Ma se una maggiore visibilità verso "l'ambiente" di business è necessaria per lo sviluppo dell'impresa, e la Borsa non è più funzionale a questo scopo, cosa fare in alternativa?
Essa è descritta in questo documento.
Così come la quotazione, e la permanenza, in Borsa è un percorso, ne viene proposto un altro, non meno impegnativo, certamente meno costoso, ma più vicino ai bisogni industriali e strategici delle imprese. Tale percorso ha il vantaggio di ricostruire la comunità "di interesse" di stakeholder, prossimi e funzionali alle esigenze aziendali, e dialogarci più proficuamente. Inoltre affronta e risolve il tema di fondo che qualsiasi quotazione lascia sullo sfondo: lo sviluppo strategico dell'impresa.
Proposta ambiziosa?
Forse, ma all'alba del III millennio, e dopo quasi 500 anni dalla sua invenzione, forse anche la Borsa, per quello che è diventata, non è più a servizio dell'economia reale. Certamente non è utile alle imprese desiderose di avere una piazza al loro servizio e non il contrario.
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