di
Cesare Sacerdoti
Nella newsletter del 9 agosto, McKinsey
propone un articolo dal titolo molto promettente: “CEO Transition: the science
of success”.
Sorvoliamo sull’abuso che si fa del
termine scienza e dei sui derivati, scientifico. Scientificamente ecc. E’ un
titolo, deve essere appealing, così come nella pubblicità.
Ma il problema sta proprio nel contenuto
dell’articolo stesso e in quello a cui fa riferimento,"how new CEO can boost
their odds of success” di M.Birshan, T. Meakin e K.Strovink: questi due
articoli traggono spunto da una sostanziosa ricerca fatta da McKinsey sulle
principali “azioni strategiche” intraprese da ben 600 CEO nei primi due anni
dalla propria nomina.
La prima osservazione sta proprio nel
metodo: valuate e classificate le azioni, da una parte e il rendimento delle
rispettive aziende (in termini di TRS Total return to shareholders, o meglio,
per meglio omogeneizzare i risultati, il delta del TRS rispetto alla media
dell’industry di riferimento) dall’altra, se ne derivano comportamenti tipo che
sembra diventino la “norma” di riferimento. E questo mi sembra essere un
atteggiamento molto generalizzato nella nostra società. Parafrasando, o forse
estendendo, una frase di Giuseppe Longo
(Le conseguenze della filosofia) la statistica diviene normativa e sostituisce
la scelta strategica.
Il secondo aspetto che mi ha colpito è
cosa si intenda per “azione strategica”: gli autori individuano 8 o 9
tipologie; le elenco in ordine di frequenza: riorganizzazione (reshuffle, letteralmente rimpasto) del management, Merger
or acquisition, programmi di riduzione dei costi, lancio di nuovi
prodotti/servizi, espansione o contrazione geografica, riprogettazione dell’organizzazione,
chiusura di business o prodotti, strategic review.
Non si può non notare che la strategic
review è buon’ultima (azione intrapresa nel 14% dei casi in aziende sane e nel
31% in quelle meno floride).
Ma le altre “azioni” in realtà non sono
che (o dovrebbero essere) azioni strumentali all’espletamento di una strategia:
prima decido dove voglio portare la mia azienda, poi deciderò se una
acquisizione o una riorganizzazione siano più o meno necessarie o utili allo
scopo.
La terza domanda è se sia vero e
opportuno che le decisioni siano prese da una sola persona, il neo-CEO: siamo
ancora al mito di Prometeo e dell’uomo solo al comando? Eppure uno degli autori dei citati
articoli, in McKinsey Quaterly del Novembre
2014, dichiarava: “Effective
organizations seem to be transforming strategy development into an ongoing
process of ad hoc, topic-specific leadership conversations and
budget-reallocation meetings conducted periodically throughout the year. Some
organizations have even instituted a more broadly democratic process that pulls
in company-wide participation through social-technology and game-based strategy
development.” e continuava “companies
that consider themselves ‘very effective developers of strategy’, and that
enjoy higher profitability than their competitors, for example, are twice as
likely to review strategy on an ongoing basis (as opposed to say annually or
every three to five years) (v. Rethinking the role of the strategist By Michael Birshan, Emma Gibbs, and Kurt
Strovink)
E, sempre su McKinsey quarterly (May 2012),
nell’articolo “The social side ofstrategy, Arne Gast e Michele Zanini
sostenevano che “it’s immediately apparent how
powerful it is when thousands of people are deeply engaged with a company’s
strategy. Those employees not only understand the strategy better but are also
more motivated to help execute it
effectively and more likely to spot emerging opportunities or threats
that require quick adjustments”.
Su questo tema anche noi abbiamo avuto
esperienze estremamente interessanti: si veda in proposito l’articolo su
Learning Organization “Designing a strategic plan through an emerging knowledge generation
process: The ATM experience” di Francesco Zanotti
Temo allora che sulla strategia ci sia
ancora molta confusione e che non vedremo vero sviluppo delle nostre società se
il top management non si dota di nuove risorse cognitive in particolare sui
temi di strategia di impresa.
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