di
Cesare Sacerdoti
Al
convegno Cambia Italia di Confindustria, il direttore del Centro Studi,
Paolazzi, aveva esordito da trascinatore, mostrando le indimenticate immagini
di Robin Williams in piedi sulla scrivania che incita “osate cambiare, cercate
nuove strade”. “Crescita come cambiamento” diceva Paolazzi, “bisogna cambiare
punti di vista”… Ma poi, chi deve cambiare è lo Stato; l’unico motore del
cambiamento sono le riforme (“con le riforme la crescita triplica”). Non un
solo stimolo a cambiamenti di noi imprenditori, che, sembrerebbe, dobbiamo solo
attendere le riforme, magari ricercando l’aiuto delle banche… Non un progetto
da parte della classe imprenditoriale per prendersi sulle spalle il Paese e
portarlo fuori dalla crisi (che Paolazzi stesso definisce, per l’Italia,
peggiore di quella del ‘29). Non una visione a medio-lungo termine… Forse che
non sia compito di Confindustria e dei suoi associati?
Eppure è già accaduto: già prima della caduta di Mussolini il 25
luglio del '43. In quella delicata fase storica del nostro Paese, anche a
seguito del richiamo del Papa (nel messaggio radiofonico in occasione del
Natale ‘42) a una “crociata sociale”, veniva elaborato da esponenti delle forze cattoliche
(imprenditori, manager di stato, politici, e alcune di quelle persone che
guidarono l’Italia nella seconda metà del 900) il cosiddetto codice di Camaldoli che costituì la base, con i
successivi approfondimenti in casa di
Sergio Paronetto, di una “profonda riflessione sul sistema
capitalistico e sulla società nel suo complesso da riformarsi in profondità” (Pasquale
Saraceno Commis d’état di Giuliana Arena). Analogamente all’Università
Cattolica di Milano padre Gemelli chiamava tutti i docenti “di fronte al
compito della ricostruzione sociale” alla “determinazione di alcuni principi
politici, economici e sociali”. E questi principi furono poi ripresi e integrati anche nei lavori della Commissione Economica per la
Costituente (CEC).
In
un momento in cui l’Italia doveva fronteggiare l’emergenza di una ricostruzione
“fisica” (case, fabbriche, trasporti, ecc) questi (e altri) gruppi di persone
si ponevano l’obiettivo di costruire una
nuova società, ponendo le basi per le successive scelte politiche e
interrogandosi sui temi che sono stati oggetto di dibattito per tutta la
seconda metà del 900.
Si
dibatteva per esempio sul ruolo dello Stato (“Fine
dello Stato è la promozione del bene comune, cioè a cui possono partecipare tutti i cittadini in rispondenza alle
loro attitudini e condizioni; bene che i singoli e le famiglie non sono in
grado di attuare, giacché lo Stato non deve sostituirsi ai singoli e alle
famiglie” da Cod. Camaldoli); o
sul ruolo dei lavoratori in azienda con il dibattito tra coloro che li volevano
partecipi alla gestione e agli utili dell’azienda e coloro che puntavano alla
istruzione del lavoratore e dei suoi figli come strumento per raggiungere “vere
posizioni chiave della moderna organizzazione produttiva” (P.Saraceno).
Si discuteva di liberismo economico
(considerato “sinonimo di democrazia, mentre l’intervento dello Stato
nell’economia richiamava il fascismo” G.Arena) e di funzione pianificatoria dello Stato al
fine di stabilire obiettivi specifici verso i quali orientare l’attività
economica pubblica.
Si affrontava con forza il problema del
Mezzogiorno non mediante “il trapianto di unità isolate o una vegetazione
forzata di iniziative”, ma favorendo “un complesso di attività trasformatrici
caratterizzate da vitalità naturale e vigore creativo” (R.Morandi in Democrazie
diretta)
Il tutto attraverso il coinvolgimento di
persone che giudicavano il servizio allo Stato come “adempimento massimo del
proprio essere cittadini” (G.Arena).
Confindustria
partecipava attivamente al dibattito di coloro che si impegnavano a immaginare una nuova società: con un “ruolo
di supplenza che la tecnostruttura confindustriale garantiva, date le
inefficienze della burocrazia statale. Basti ricordare il ruolo giocato dagli
uffici confederali, a partire dall’ottobre 1944, quando le autorità italiane
furono chiamate a collaborare alla redazione di piani di rifornimento e alla
distribuzione degli aiuti statunitensi,
nella redazione del Piano di primo aiuto e del Piano di transizione,…. In
questo contesto, importante fu l’intervento dei tecnici esperti confederali,
attuato attraverso un organismo – la Commissione degli esperti industriali – creato nel giugno 1944 …, Sulla
base del lavoro della Cei fu poi redatto il Piano di primo aiuto e non a caso
il presidente della Cei ..venne chiamato a dirigere la Deltec a Washington”
(Ranieri per Scuola Superiore PA) in attuazione del piano Marshall.
La
persona che diresse la CEI e successivamente la Deltec, era mio nonno, l’ing.
Cesare Sacerdoti.
Oggi,
crediamo, siamo davanti a una svolta meno drammatica ma altrettanto urgente …
Allora
raccolgo il testimone di mio nonno per proporre che Confindustria riprenda quel
ruolo attivo nello sviluppo della società, stimolando negli imprenditori la
voglia di ri-costruzione, di generazione di nuove imprese, di nuovi e visionari
progetti industriali, attivando nei giovani quella pulsione
all’imprenditorialità che ha generato il boom economico degli anni '60, creando
le basi per un rinnovato patto di alleanza con i lavoratori che divengano
partecipi alla progettazione della strategia e dell’organizzazione
dell’impresa.
Nessun commento:
Posta un commento