"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

lunedì 5 marzo 2012

Le banche, il servizio pubblico, il solipsismo cognitivo


di
Cesare Sacerdoti

Io credo che il problema di fondo sia il solipsismo “cognitivo” dei banchieri. 
Un problema immediatamente risolubile …

Sul Corriere di ieri è pubblicata l’intervista a Mussari, Presidente di ABI, che sostiene che “le banche non sono un servizio pubblico” e che sia necessario “un dibattito pubblico che chiarisca cosa sono e cosa debbono fare le banche” (anche se poi sembra che il dibattito debba essere solo interno “ È stato convocato consiglio e comitato esecutivo Abi e collegialmente valuteremo il da farsi. Il mio auspicio è che si apra un dibattito sulla natura delle banche italiane, che venga fuori chiaramente quale è la nostra natura e quale deve essere il nostro ruolo”).
L’intervento di Mussari si inserisce in quel dibattito in corso da alcuni mesi, che vede le banche sul banco degli imputati perché non aiutano a sufficienza le imprese (in particolare le PMI): effettivamente nei  nostri giorni si tende a cercare il capro espiatorio di ogni situazione, così come sono stati i giovani  “bamboccioni”, i dipendenti pubblici “fannulloni”, eccetera.
In un momento storico in cui i valori tradizionali sono quanto meno appannati, e in cui non ci sono più i nemici storici, a fare da collante per l’opinione pubblica sono classi di persone o imprese che si ritiene  non operino a sufficienza per il bene pubblico. Al di là dei moralismi e degli allarmi che queste nostre attitudini possono provocare, ritengo che questa crisi possa essere superata solo se tutti, ma proprio tutti, cerchiamo di andare al di là degli interessi strettamente personali o di categoria. E quindi, ben venga che il sistema bancario si apra ad un pubblico dibattito sul loro ruolo nella società.

Ma dovrebbero uscire dal loro solipsismo cognitivo.


Potrebbero ad esempio prendere spunto dall’Osservatorio Sociale per le Assicurazioni, un’esperienza straordinaria di tanti anni fa che ha sperimentato nuove metodologie di progettualità sociale. Potrebbero riflettere sul senso del fare impresa che non è più legato al modello “un’organizzazione che fa profitto con responsabilità sociale”. Anche perché le banche sono imprese che gestiscono un bene comune (Elinor Ostrom, Nobel per l’economia) come il risparmio che è la loro materia prima. Credo che Mussari non dovrebbe dimenticare che le banche usano solo in piccola parte il loro patrimonio come materia prima.

Certamente le banche hanno avuto un ruolo storico nello sviluppo del Paese e della attuale società, un ruolo positivo e propositivo, sono stati  autori o co-autori di una grande vision (si pensi, ad esempio, alla storia della Banca Commerciale) che per esempio ha permesso la trasformazione dell’Italia in potenza  industriale , o ha favorito la ricostruzione nel dopoguerra.
Ma per svolgere ancora una volta questo ruolo di stimolo ad una nuova imprenditorialità dovrebbero uscire dal loro solipsismo cognitivo.  Mussari sostiene che “Il credito sta ritornando ad affluire alle imprese”. Ma sostiene anche che “…  le richieste per nuovi investimenti sono largamente minoritarie, ci chiedono fidi per l'attività corrente”. Allora gli è chiara la necessità che il sistema bancario ridiventi generatore di nuove vision, motore di nuova imprenditorialità. Ma perché allora il sistema bancario non utilizza le conoscenze di strategia d’impresa che potrebbero far fare un salto di qualità alle banche nella valutazione del merito del credito. Cioè nel valutare business plan, nell’aiutare gli imprenditori a sviluppare business plan migliori?

La via dell’Inferno è lastricata di buone intenzioni. Mussari ed i banchieri sono certamente armati delle migliori intenzioni. Ma rischiano davvero che rimangano retorica se non aggiungono al loro afflato etico e sociale le conoscenze che servono a trasformarlo in concretezza.

In sintesi, Signori Banchieri, per riconquistare quella fiducia che ritenete necessaria, sono necessarie nuove conoscenze che potreste acquisire in un attimo.
Domanda finale: perché non lo fate? 

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