di
Cesare Sacerdoti
In questi giorni mi sento
spesso chiedere da colleghi di varie istituzioni, chi sceglierei tra Bombassei
e Squinzi alla guida di Confindustria.
Come spesso capita, infatti, il momento elettorale si limita alla scelta
di campo tra persone e poco ci si chiede sui programmi e sulla vision che
queste persone hanno del ruolo dell’Istituzione che andranno a guidare. A volte
sembra che siamo rimasti alla diatriba da bar tra Bartali e Coppi o tra Motta e
Gimondi.
Provo allora ad andare a
leggere le posizioni dei due contendenti e leggo, navigando in Internet.
In sintesi, le idee per
Confindustria di Giorgio Squinzi: (http://dev.businesspeople.it/People/Protagonisti/Le-sei-priorita-di-Squinzi-per-Confindustria_30403)
1. Semplificazione
normativo-burocratica per snellire gli investimenti
2. Politica fiscale non oppressiva in linea con l’Europa
3. Politica energetica per ridurre il divario con l’Unione europea
4. Più credito alle Pmi
5. Tempi più rapidi nei pagamenti dal parte della P.a.
6. Più investimenti in infrastrutture (anche immateriali come scuola e formazione).
2. Politica fiscale non oppressiva in linea con l’Europa
3. Politica energetica per ridurre il divario con l’Unione europea
4. Più credito alle Pmi
5. Tempi più rapidi nei pagamenti dal parte della P.a.
6. Più investimenti in infrastrutture (anche immateriali come scuola e formazione).
E, per Alberto Bombassei, (http://www.firstonline.info/a/2012/02/22/bombassei-confindustria-deve-cambiare/5878f3dd-549c-4435-94a8-7d4f33e84ed1):
“Il 2012
sarà "un anno di recessione" e "oggi è urgente uscire da questa
situazione e riguadagnare prospettive di crescita". Per Bombassei le
"leve" su cui agire sono quattro: "il credito, gli investimenti
infrastrutturali, l'innovazione e la ricerca, l'apertura di nuovi mercati".
Sul
fronte del credito, il patron della Brembo ritiene "urgente" avviare subito un tavolo con l'Abi per
"chiarire tutti i punti di contrasto", scongiurando la stretta
creditizia. Per le infrastrutture, poi, occorre puntare sugli investimenti e
"creare un quadro normativo - scrive Bombassei - che favorisca una rapida
realizzazione delle opere". Quanto all'innovazione e alla ricerca, bisogna
"dare priorità allo sviluppo dell'economia digitale" e, poi,
"tutte le imprese devono essere raggiunte da una rete a larga banda".
Infine il capitolo internazionalizzazione: "La Confindustria dovrà favorire
l'apertura dei nuovi mercati per le imprese associate"”.
Entrambe lo posizioni non mi
soddisfano completamente e quindi vado a leggere lo statuto di Confindustria
(http://www.confindustria.it/conf2004/DBNStoria.nsf/0/f2a79119cc886047c125700500573e22/$FILE/Statuto%202002.pdf)
e mi soffermo sul punto c) dell’Art.3:
“Art. 3 – Scopi della
Confederazione.
Nell’ambito dei ruoli svolti
dalle componenti del sistema e delle competenze attribuite a ciascuna, la Confederazione ha
per scopi:
[…]
c) di concorrere a promuovere
con le istituzioni, le organizzazioni economiche, politiche, sociali e culturali del Paese
e dell’Unione Europea – e con similari o
sinergiche istituzioni ed organizzazioni
in campo internazionale – spirito e forme di collaborazione che consentano di perseguire
in comune più vaste finalità di progresso e sviluppo;[…]”.
Ecco, io sento il bisogno che
un’Istituzione come Confindustria non si limiti a difendere le posizioni delle
aziende associate nei confronti della politica, delle relazioni sindacali, dei
rapporti con le banche ecc.
Io chiederei a Confindustria
di essere anche motore di sviluppo, capace di stimolare le imprese a trovare
nuovi ambiti di attività, nuove aree (non solo geografiche) di investimento, di
individuare tutti insieme nuovi bisogni emergenti (“che consentano di
perseguire in comune più vaste finalità di progresso…”).
Una Confindustria che supporti
la politica a delineare una nuova società, come accadde negli anni 50 con lo
sviluppo della mobilità (Fiat 500, Lambretta e Vespa).
Una Confindustria che sia in
grado di operare assieme ai rappresentanti dei lavoratori per creare un mondo
più equo, capace di ri-creare benessere per tutti, facendo sintesi di quanto
avvenuto in Italia negli anni 50-80, cogliendone i molti aspetti positivi e
correggendo gli errori che si sono rivelati catastrofici.
Una Confindustria che sappia
dialogare con le istituzioni finanziarie, in un patto per lo sviluppo
dell’industria, ma non a scapito delle banche e viceversa che cauteli queste
contro il rischio degli investimenti, senza frenare le buone idee
imprenditoriali
Una Confindustria che possa
interfacciarsi con il mondo dell’istruzione e della ricerca per far sì che si
sviluppino le competenze necessarie nei prossimi anni, cosicché i giovani
entrino nel mondo del lavoro portando conoscenze nuove all’impresa e non siano
solo oggetto di una formazione specifica all’interno dell’azienda e quindi un
investimento per i primi anni lavorativi.
Questo chiederei, da
associato, ma ancor più da cittadino, a Bombassei e a Squinzi.
L'ambasciatore Sergio Romano, in un suo articolo del 7 Luglio del 2011 http://tinyurl.com/72hzc55 , rappresentava molto chiaramente, richiamando esempi di imprenditori e manager "d'altri tempi", il desiderio espresso quì in modo così forte.
RispondiElimina"Adriano Olivetti, Guido Carli, Gianni Agnelli, Oscar Sinigaglia e molti altri, pensavano naturalmente alla loro azienda o alla loro istituzione, ma avevano convinzioni forti sul Paese in cui avrebbero voluto lavorare, e non mancavano di esprimerle."
E le convinzioni di questi due signori?