Cesare Sacerdoti
All’Assemblea dell’ABI dell'11
Luglio, il Governatore della Banca d’Italia Visco ha sottolineato che “le
banche sono chiamate a decisioni difficili: non far mancare finanza alle
imprese solide, evitare di prolungare il sostegno a quelle senza prospettive” e
il Presidente dell’ABI, ha ricordato che
“Lo scorso 28 febbraio è stata firmata dall’ABI e dalle altre
rappresentanze di impresa una nuova
intesa al fine di “assicurare la disponibilità di adeguate risorse finanziarie
per le imprese che pur registrando tensioni presentano comunque prospettive
economiche positive”.
Ora, al di là delle implicazioni
politiche, sociali ed economiche che tali affermazioni comportano, ci chiediamo
con quali criteri e con quali metodologie le banche riconoscano le “imprese
solide” e quelle “con prospettive
economiche positive”.
Sono “solide” solamente le
aziende già sufficientemente sviluppate e con track record positivo? Siamo
certi che quelle che hanno fatto bene nel passato saranno in grado di fare bene
(banalmente, di generare cassa) nel futuro?
E le nuove iniziative, le nuove
idee imprenditoriali, come potranno mai svilupparsi e diventare “solide”?
E, ci chiediamo, “quelle senza
prospettive” vanno abbandonate a se stesse e, quindi, fatte morire o, peggio,
le si incentiva a ricorrere a forme di finanziamento illecite?
Le banche allora si assumono un
ruolo politico e sociale molto delicato: quali strumenti hanno per adempiere a
tale ruolo?
Ci si risponderà che le banche
analizzano i business plan delle aziende, hanno sistemi di rating conformi a
Basilea 2 e hanno accesso a vaste banche dati settoriali con cui confrontare lo
stato di salute di ogni singola azienda, ecc. Ma sono tutti strumenti che
analizzano il passato delle imprese e che suppongono una continuità nel futuro,
una continuità che a sua volta presuppone una stabilità dei contesti mondiali.
Una stabilità che viene assicurata dalla capacità di porre rimedi a eventuali
malfunzionamenti anche sistemici (il ricorso alle riforme). Ma l’attuale crisi
ci ricorda che il mondo, i sistemi umani sono sistemi complessi per i quali non
valgono le regole meccanistiche lineari.
Un recente articolo de Il Mondo
(6 Luglio 2012) poneva in evidenza come la maggior parte dei piani strategici
delle principali aziende italiane quotate in borsa siano scarsamente
progettuali e che non prevedono una governance condivisa del business
plan. Ne deriva che i piani strategici
attuali non possono fornire serie indicazioni sul futuro delle società.
Se le banche si dotassero di
strumenti più adeguati (noi proponiamo un sistema di rating dei business plan),
non solo potrebbero riconoscere con maggior affidabilità le aziende che hanno
“prospettive economiche positive” (siano esse aziende già consolidate o di
nuova costituzione), ma potrebbero aiutare le altre aziende a meglio progettare
il loro futuro: assumerebbero cioè un ruolo sociale positivo e propositivo.
Si nota da più parti come
l’export italiano sia in crescita anche in questo difficile contesto economico;
e questo perché molte aziende italiane sanno progettare futuri positivi, sanno
creare sistemi di prodotto-mercato innovativi: allora il problema di base non è
“fare le riforme”, ma aumentare il numero di società capaci di creare mondi
nuovi, capaci di affrontare i mercati con idee innovative. Ecco il nuovo ruolo
sociale per le banche: fornire conoscenze per creare un movimento di nuova
imprenditorialità. Un’imprenditorialità più sofisticata di quella del boom
economico degli anni 60: “un’imprenditorialità aumentata”.
ci piace!
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