di
Francesco Zanotti
accetterebbe di discutere intorno ad una visione radicalmente nuova del sistema
bancario e del suo futuro?
Giovedì 11 febbraio all’Università di Modena
presenteremo un libro (Per Comprendere Luhmann, edito da IPOC) che è
fatto di due “pezzi”. Il primo è costituito dalla traduzione (fatta da Luciano e Lorenzo Martinoli) di un libro “divulgativo” del pensiero del
grande sociologo tedesco Niklas Luhmann. Si tratta di “Radical Luhmann” del
prof. Hans-George Moeller. La seconda parte è una mia appendice che racconta
come il pensiero di Luhmann permetta di vedere in modo molto diverso la situazione
attuale. E, poi, cosa è possibile aggiungere per trovare una nuova via di
sviluppo.
Cosa c’entra il futuro del
sistema bancario?
C’entra perché il pensiero
di Luhmann e le nostre riflessioni ci portano ad individuare problemi e
soluzioni radicalmente diversi da quelli che oggi vengono individuati e da
quelle che vengono oggi proposte.
Il problema: le strategie delle
banche sono sostanzialmente manageriali e non imprenditoriali. Sono orientate a
far funzionare meglio il presente e non a progettare il futuro. Lo dimostra il
modo in cui viene affrontato il problema delle sofferenze. Si sostiene che
siano nate per colpa della crisi. Che il loro peso potrà essere eliminato potremo
solo con aiuti esterni. Non si formeranno nel futuro solo se la crisi sarà
risolta.
Noi proponiamo una tesi
alternativa, proprio usando il pensiero di Luhmann e le nostre ulteriori
riflessioni. Le sofferenze nascono dalla perdita di significato dei prodotti e
servizi delle imprese. Interessano sempre meno. Si uscirà dalla crisi solo se
le imprese attiveranno una nuova stagione di progettualità imprenditoriale. Per
riuscirci devono usare conoscenze e metodologie di strategia d’impresa. Le
banche devono, prima di tutto acquisire loro per prime queste conoscenze e
metodologie e poi fornirle alle imprese. Le potranno usare anche per valorizzare
il sottostante dei crediti deteriorati: le risorse materiali e immateriali
delle imprese in crisi.
Che ne direbbe di discutere
di questa tesi?
Nessun commento:
Posta un commento