di
Luciano Martinoli
Troppo spesso la tecnologia viene interpretata, e comunicata, come una scelta strategica. Essa invece rappresenta uno strumento per realizzare una strategia. Il caso dei trader finanziari contribuisce a chiarire questa confusione.
Esistono solo cinque strategie e basta. Ogni strategia aziendale, o meglio di una sua business unit, può essere ricondotta ad una di esse o, più correttamente, ad un loro mix.
La prima strategia, la più nobile, quella che dovrebbero periodicamente adottare tutte le imprese, è quella "imprenditoriale". In questo caso la sfida è creare un nuovo "mondo": un mercato prima inesistente. E' la più rischiosa ovviamente ma, in caso di successo, la più remunerativa in assoluto.
La seconda strategia è quella di "qualità". Una volta creato il mercato esso è visibile ad altri e si affacciano i concorrenti: inizia il gioco della "competizione". Con la qualità ci si differenzia dai concorrenti facendo il prodotto/servizio meglio degli altri.
La terza strategia è quella della "efficienza". Uniformatasi la qualità, si offre al mercato, sempre per battere i concorrenti, un prodotto/servizio che costa meno.
La quarta strategia è quella di "rappresentazione". Tutti i prodotti/servizi sono diventati uguali in termini di qualità e prezzo, allora si tenta di differenziarsi dai concorrenti "raccontando" la propria offerta in modo da evocare valori aggiuntivi, spesso effimeri e molto volatili. E' la strategia adottata spesso dai produttori di largo consumo. L'effimero e il volatile è dimostrato dal fatto che si arriva a volte a ricordare la pubblicità ma non il prodotto che reclamizza.
La quinta strategia è quella di "sopravvivenza". L'impresa ammette che può solo "tirare avanti", alla ricerca di illusorie "riprese di mercato", e cerca "sussidi" nell'ambiente di business: credito dal mondo finanziario, incentivi dalle istituzioni, contratti di lavoro meno onerosi e più flessibili dai sindacati, eccetera.
Ultima nota, ma non meno importante, è che ogni strategia non può essere adottata all'infinito in quanto l'azienda, o una sua business unit, opera in un ambiente dove vi sono anche gli altri i quali non stanno fermi e contribuiscono a far evolvere le strategie necessarie dalla prima all'ultima, con tempi e in geografie diverse.
Dove è la tecnologia in tutto questo? Dappertutto, nel senso che può essere utilizzata per realizzare una qualsiasi di queste strategie, o mix di esse.
Un esempio paradigmatico viene dal mondo finanziario. Molti gestori hanno annunciato il passaggio del trading azionario (l'acquisto e vendita di titoli guadagnando sulle loro fluttuazioni nel breve) gestito da operatori umani all'utilizzo di macchine per gli stessi compiti. Si è subito annunciato una rivoluzione tecnologica con tanto di dibattiti sul futuro del lavoro (e dell'umanità!) con l'avvento di una nuova era dove le macchine avrebbero rimpiazzato gli umani battendoli in quei compiti dove prima erano ritenuti indispensabili.
In realtà è avvenuto l'esatto contrario. Infatti è vero che molti gestori stanno utilizzando le macchine per tale scopo (Blackrock, il più grande gestore al mondo, ha annunciato che licenzierà 7 suoi manager per questo motivo) ma solo perchè il trading azionario è diventato meno volatile, i titoli sono diminuiti e dunque l'attività di acquisto e vendita è automatizzabile.
Mi si consenta una nota fuori tema per spegnere i sacri furori degli acritici, e spesso ignoranti, sostenitori ideologici dell'Intelligenza Artificiale. Ancora una volta infatti l'uomo, non la macchina, ha trovato il modo di guardare un'attività e renderla "automatica", sollevandosi da compiti noiosi e gravosi. Non il contrario!
Tornando a noi, in questo caso la tecnologia è servita per realizzare una strategia di efficienza: visto che comprare e vendere azioni non è più così remunerativo per i clienti e tutti riescono a farlo, allora tanto vale abbassare i costi con le macchine al posto degli uomini.
Poteva la tecnologia realizzare in questo settore una innovazione imprenditoriale? Certo, e lo ha già fatto. Da alcuni anni sono operative, sopratutto negli USA, aziende che operano con sofisticati software per scambi azionari nell'ordine dei millisecondi creando un nuovo mercato: High Frequency Trading (HFT). A dimostrazione di quanto detto all'inizio, anche questo mercato è uscito dalla fase di genesi imprenditoriale. Le aziende HFT stanno entrando in crisi sull'azionario, come riporta il Wall Street Journal di qualche settimana fa, per gli stessi motivi per cui Blackrock ha deciso di usare le macchine.
Dunque la tecnologia è stata usata dalle aziende HFT per creare un nuovo mercato e oggi da Blackrock per risparmiare. Stessa tecnologia, due strategie (tempi diversi).
In generale quanto è pericolosa questa confusione?
Tantissimo, perchè può indurre un investitore a qualsiasi titolo, fornitore di credito, obbligazionista, fornitore di materie prime, sindacato, istituzione, eccetera, a pensare che un'azienda che investe in tecnologia stia preparandosi per un futuro radioso, strategia imprenditoriale, mentre invece quella stessa tecnologia potrebbe di fatto servire solo a sostenere una dura e sterile competizione di prezzo contro i suoi concorrenti.
Si pensi ad esempio, considerando il settore manifatturiero, a come vengono oggi erogati fondi pubblici, ovvero soldi di tutti, per l'acquisto di tecnologie Industry 4.0 senza nessuna richiesta di illustrare il posizionamento strategico che sarà ottenuto con l'adozione di quelle tecnologie. Aiuteremo le imprese a creare nuovi profittevoli mercati o a sostenere costose e sfibranti battaglie di prezzo? Il legislatore, usando soldi nostri, non si è peritato di accertarlo!
Ecco perchè, ancora una volta, è importante che l'azienda per prima, ma anche stimolata dagli stakeholder (sopratutto finanziari), deve avviare al suo interno una profonda, seria e continuativa attività di Progettazione Strategica che abbia come scopo quello di definire il posizionamento strategico voluto, come arrivarci e che ruolo hanno le tecnologie. Tale attività poi deve trovare corretta rappresentazione, a beneficio dell'azienda stessa ma anche di tutti coloro che volessero dare supporto all'azione di business dell'impresa, in un dettagliato Business Plan Professionale, documento-piattaforma di discussione, comunicazione e ulteriore sviluppo strategico.
In assenza, di cosa andiamo cianciando a proposito di tecnologia (ma anche di altro)?
Caro Luciano, sul mio blog ho scritto un pezzo prendendo spunto da quanto scrivi e paragonandolo con il caso Galileo: https://stefanopollini.com/2017/05/03/il-cannocchiale-di-galileo-e-lindustria-4-0/ .
RispondiEliminaCosa c'entra Galileo e il suo cannocchiale con l'industria 4.0?
C'entra perchè Galileo utilizzo una tecnologia a disposizione di tutti (non inventò lui il cannocchiale, ma era patrimonio diffuso al temo) ma fu l’unico ad utilizzare il cannocchiale in quel modo (e a vedere quello che vedeva) perché era supportato dalla sua preparazione e dal suo metodo che gli consentì di usare il cannocchiale per studiare gli oggetti celesti e non solo per guardarli.
Detto in altre parole, il cannocchiale era lì pronto per l’uso, ma solo Galileo ebbe l’idea di usarlo per studiare le stelle perché aveva una teoria in mente e voleva dimostrarla.
Cosa c’entra questo discorso con l’industria 4.0? C’entra perché come scrivi tu le nuove tecnologie e i big data sono solo degli strumenti e non indicano nessuna una strategia futura.
Galileo nelle sue lettere espresse il suo vero obiettivo delle ricerche astronomiche: dare definitivo supporto osservativo alla teoria eliocentrica copernicana del sistema solare. Aveva una teoria in mente e un impresa da compiere e utilizzò in modo nuovo gli strumenti a disposizione.
Qual è l’impresa che gli imprenditori di oggi vogliono compiere con gli strumenti messi a disposizione dalle nuove tecnologie? Qual è il mondo che vogliono costruire? Che mondo hanno in mente? Le nuove tecnologie sono solo lenti potentissime: sta a noi decidere dove puntarle.
E per fare questo abbiamo bisogno di nuove teorie, di nuove mappe, nuove conoscenze che ci aiutino a vedere ciò che ci circonda.