Come i nostri lettori sanno, abbiamo avviato un
dibattito sui percorsi di innovazione del sistema bancario, abbiamo invitato
il Prof. Minenna a parteciparvi e lui ha accettato. Ringrazio quindi il
professore per aver accolto il nostro invito e, soprattutto, per la
profondità e la ricchezza del materiale inviatoci. Da ultimo lo ringrazio
anche perché mi ha dato un “assist” molto autorevole per proporre alcune idee
che ritengo decisive.
Il Prof Minenna ci ha
inviato:
1.
versione estesa dell’articolo del Corriere che ha pubblicato su
“Gli Stati Generali”
2.
link ad un suo intervento durante un convegno alla sala
biblioteca del Senato
3.
link al suo intervento al convegno NPL Summit di Milano
Abbiamo provato a proporre
alcuni passi rilevanti del suo documento scritto. In particolare l’ultimo passo
che proponiamo è quello che mi fornisce l’assist di cui dicevo.
"In Italia comunque
la situazione rimane oltremodo complessa. Il dato complessivo più preoccupante
è relativo alle sofferenze, cioè a quei crediti deteriorati la cui probabilità
di recupero è molto bassa o quasi nulla per via dell’acclarata difficoltà del
debitore a far fronte ai propri impegni (i.e. se un’impresa è in stato di
decozione evidenziato dal fallimento o da altra procedura concorsuale). Il
dato di gennaio 2017 indica uno stock complessivo di circa 200 miliardi di € di
sofferenze lorde "
"ci sono, infatti, delle ricadute negative sul tessuto economico-produttivo derivanti dal cambio della proprietà del credito. Si passa dalla banca, interessata al recupero del credito attraverso un’interazione costruttiva con l’impresa salvaguardando l’attività produttiva, alla “società avvoltoio” motivata a “spremere” valore dal credito in un tempo più breve (che può scendere anche a soli 7 anni), anche attraverso il ricorso accelerato a procedure esecutive di varia natura. Per un’impresa già in difficoltà per via della crisi e della stretta creditizia ma che ha ancora del potenziale produttivo, l’interazione con la nuova controparte (il vulture fund) può solo nuocere alla residua capacità di resistere sul mercato. Questo fenomeno assume ancora più valenza se consideriamo che le imprese che si trovano in questa situazione sono rimaste assai poche, visto che la maggioranza delle sofferenze riguarda soggetti da tempo non più economicamente vitali.
Se il fondo avvoltoio che
generalmente ha sede all’estero riesce a recuperare con successo delle risorse,
queste andrebbero, tra l’altro, a remunerare investitori che sono al di fuori
del circuito economico nazionale; in sostanza si realizza un trasferimento
all’estero di ricchezza nazionale.
A questo si aggiunge che questa strategia implica dei costi per
l’erario in termini di mancati introiti fiscali, che si aggiungono al mancato
gettito derivante dall’inadempienza originaria del debitore. In definitiva, a
causa delle maggiori perdite che le banche sono costrette a contabilizzare, i
contribuenti, come vedremo meglio più avanti, pagano un “conto salato” sia per
la crisi dell’impresa che per la dismissione del credito deteriorato al vulture fund.
Questo circolo vizioso si sta da anni pericolosamente
affacciando sulla scena nazionale con evidenti effetti sulla tenuta del nostro
sistema produttivo; i dati sul fallimento delle imprese non sono affatto
incoraggianti, per quanto ci sia stata una crescita delle procedure di
amministrazione straordinaria su base volontaria."
....il decreto salva imprese.. "dal presupposto di superare la
contabilizzazione a valore nominale del rapporto creditizio banca-impresa nel
momento in cui si proceda ad una sua svalutazione.
In questa prospettiva appare ragionevole prevedere una
nuova contabilità che “sincronizzi” i bilanci della banca e dell’impresa al
valore del credito svalutato. In altri termini, il valore nominale del rapporto
creditizio nel bilancio tanto della banca quanto dell’impresa va aggiornato per
riflettere il processo di svalutazione del NPL definito dalla banca.
Quanti potrebbero essere i costi finanziari effettivi?
Presumibilmente, usando parametri meno rigidi e che tengano
conto del prevedibile superamento del credit
crunch si può stimare che il costo si assesterebbe però su
valori intorno ai 5 miliardi €. Va da sé che tali costi verrebbero medio
termine compensati dal ritrovato gettito fiscale delle imprese per le quali il
provvedimento dispiegherà la sua efficacia.
In definitiva, il “Salva-Imprese” rappresenta una soluzione
dirompente anche se atipica dal punto di vista delle policy economiche
convenzionali. Se applicato con successo, si potrebbe prendere in
considerazione l’estensione a livello europeo, dove il bacino complessivo delle
sofferenze supera ampiamente i 1.000 miliardi di €.
L’assist
Sono sempre più convinto
che dalla crisi si esca pensando a soluzioni che siano realmente “out of the box”.
Professore, la tesi che
stiamo sostenendo è proprio “out of the box”. E’ la tesi che pensiamo è che al sistema bancario mancano
conoscenze e metodologie capaci di traguardare (prevedere, aiutare a
progettare) il futuro delle imprese. Si tratta delle metodologie e conoscenze
di strategia d’impresa. L’espressione stessa “conoscenza e metodologie di
strategia d’impresa” non viene ben capita. Credo nessuno all’interno del sistema
bancario conosca i “contenuti” di quell’area di conoscenza che si chiama
strategia d’impresa. Si confonde la scienza della strategia con le strategie
specifiche delle imprese che andrebbero giudicate e sviluppate proprio usando
questa scienza.
Ora il prevedere e l’aiutare
a progettare futuri alti e forti per le imprese mi sembra proprio l’attività
che permette di non vanificare la innovazione contabile che propone. Infatti
essa serve a sistemare il presente, ma poi occorre che non formano nuove sofferenze.
E nuove sofferenze non si formano se e solo se le banche riescono a valutare il
futuro delle imprese e supportarle nello sviluppare progetti di futuro alti e
forti.
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