"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

giovedì 27 aprile 2017

Parliamo di auto. Usando “risorse cognitive inusitate”

di
Francesco Zanotti

Risultati immagini per automobili

Le risorse cognitive inusitate come le conoscenze e metodologie di strategia d’impresa. Usandole anche il discorso di un economista industriale (il Prof. Berta) dimostra limiti importanti. Soprattutto quando si guarda al futuro.

L’occasione di questo post mi è fornita dall’analisi dei risultati FCA che il Prof. Berta propone oggi sul Sole24Ore.
Quali sono le conoscenze e le metodologia d’impresa che ho utilizzato per commentare l’articolo del Prof. Berta?
Semplicemente modelli avanzati di definizione del Business, di classificazione delle strategie, di
Stakeholder management. Anche perché in un post non posso fare un ragionamento completo.

Cominciamo dalla definizione del business. Ad un primo livello di analisi (l’unica cosa che un post può fare) forse anche modelli meno sofisticati dei nostri di definizione del business basterebbero. Forse basta anche solo il concetto di unità di Business, intendendo con questo termine i “pezzi” di una impresa che hanno autonomia strategica. O, se meglio preferite, i “pezzi” di una impresa che il mondo esterno vede come indipendenti.
Il prof. Berta considera il gruppo FCA come un’unica unità di business. Infatti ritiene rilevante la dimensione del Gruppo nella sua interezza rispetto ai concorrenti. Considerando questa come la variabile strategicamente più rilevante.
Ora, è ovvio che la “quota di mercato” ha senso per le produzioni di massa, come insegna la curva di esperienza. Ha senso perché più si producono auto, meno costa il produrle. Ma non ha senso per altri tipi di vetture.
Se consideriamo le grandi tipologie di vetture come unità di business, la quota di mercato cambia completamente ruolo. Le Ferrari non si vendono perché la Ferrari ha una quota di mercato (nel suo mercato specifico) alta. Anzi è proprio il contrario: è il fatto che alle Ferrari viene riconosciuta unicità che le fanno vendere tanto e bene (in termini non solo di fatturato, ma anche di utili e di flussi di cassa). Non è neanche importante che Ferrari appartenga al gruppo FCA. Anzi ancora una volta vale il contrario: è il Gruppo FCA che considera Ferrari come un fiore all’occhiello. Allora per giudicare il Gruppo FCA sarebbe necessario disporre di una descrizione delle diverse unità di Business che non è disponibile.
Un altro problema è che pensando in termini di Unità di Business porta a concludere che sono necessarie strategie differenziate per diverse unità di business, mentre il Prof. Berta individua ancora una volta un’unica strategia complessiva che è sostanzialmente una strategia di efficienza che permetta di affrontare battaglie di prezzo.
Ancora una volta per Ferrari le cose non stanno così. Il suo obiettivo non è tanto l’efficienza (ovvio che è in qualche misura è utile), ma soprattutto quello di mantenere la sua unicità.
Da ultimo il futuro, tema nel quale sono essenziali gli stakeholder. Per quanto riguarda il futuro, il Prof. Berta pensa che esso sia ancora oscuro (cioè pensa che non si può sapere che pesci pigliare) e che esso dipenderà sia dallo sviluppo tecnologico che dall’ingresso di nuovi concorrenti. Si può essere solo reattivi verso il futuro che si sviluppa … ecco non si capisce, però, bene chi costruisce questo futuro ..
E’ qui il cambio di “mentalità” che le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa suggeriscono. Il futuro non accade per caso, ma perché siamo noi a costruirlo. E’ oscuro perché nessuno ha un progetto relativo al significato futuro del trasporto individuale. Riuscirà a costruire questo progetto (e ristrutturare “esistenzialmente” il settore automotive) non chi recluterà gli esperti migliori, ma chi coinvolgerà dipendenti e clienti in un grande progetto di invenzione del ruolo futuro dell’auto nel trasporto individuale.
Certo che il progresso tecnologico sarà importante, ma non se deve fare un discorso mitico. Innanzitutto non esiste un progresso tecnologico già definito. Per cui il nostro compito è quello di definirlo, non semplicemente di percorrere un qualche sentiero non tracciato. E, poi, la tecnologia è sempre e solo uno strumento che ha bisogno di un progetto che dia significato.
Io credo che è lo stesso processo di progettualità sociale che darà le direttive di sviluppo del progresso tecnologico.

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