di
Francesco
Zanotti
Se non sapete che esistono i Caraibi, non potete
andarci. Se non sapete che esiste quel ristorantino fuori porta, dove si mangia
il miglior ossobuco del mondo, non ci andrete di certo a cena con gli amici.
Se non sapete che il mondo non finisce tra le
pareti di casa, non uscirete mai! Forse neanche guarderete fuori dalla finestra
…
Banalità: non si possono perseguire le potenzialità
che non si vedono, non si possono usare gli strumenti che non si conoscono …
Bene, allora andiamo a guardare il business plan di
una impresa ... Un “osservatore” esterno, sia tecnico (un analista
finanziario), che politico (un potenziale azionista, uno stakeholders etc.)
guarda il business plan come fonte privilegiata di informazioni sul futuro
dell’impresa. L’analista finanziario per consigliare, l’investitore o lo
stakeholder per decidere se e come relazionarsi con l’impresa.
Prendiamo questo business plan e leggiamo la
“vision”. Voi scegliereste come compagno, per rompere la monotonia di una
domenica d’estate, un signore che vi descrive solo e sempre ossessivamente le
pareti di casa perché è convinto che al di là non c’è nulla?
Consigliereste o vi relazionereste con una impresa
che non vi descrive neanche come vede il mondo o, se ve lo descrive, vi
accorgete che sta descrivendo il banale salotto competitivo dove rischia di
ammuffire? Credo che la risposta sia: no!
Allora, che siate analisti, investitori o
stakeholders iniziate a giudicare una impresa dalla sua vision. Come quando
incontrate una persona, guardare se il suo sguardo è rivolto all’infinito o
alla punta delle scarpe.
Se non trovare una vision chiedetela.
Vi propongo i capitoli che dovrebbe contenere
questa visione. Dovrebbe contenere una descrizione di come l’impresa vede
l’evoluzione del suo ambiente competitivo. Ma anche dell’evoluzione dei sistemi
sociali, politici ed istituzionali in cui opera. Dovrebbe dare una descrizione
dell’evoluzione della conoscenza rilevante (non solo scientifica, ma anche
umana).
Una vision non può essere una enciclopedia del
mondo. Ma se essa non è neanche la descrizione dell’orto di casa partiamo
malissimo.
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