di
Francesco
Zanotti
Leggo sul Sole un articolo di Marcella Accorinti
che descrive come le banche abbiano bisogno di nuove professionalità.
Considerando l’area di business del Corporate banking, nuove professionalità
capaci ad esempio di misurare il rischio d’imprese, di comprendere specifici
settori industriali, di suggerire strategia di internazionalizzazione o
comprendere i processi di ristrutturazione strategica necessari per dare senso
alle operazioni di ristrutturazione del debito.
Io credo che, invece di nuovi professionisti,
servano nuove conoscenze. Ma che
differenza c’è tra le due alternative? Scegliendo professionisti si scelgono
conoscenze in atto. Anzi: non è meglio scegliere professionisti dotati di
conoscenze pratiche che di conoscenze teoriche?
Ecco io penso di no. E le ragioni sono le seguenti.
I manager di lungo corso hanno esperienza di
settori specifici e non di altri. Ed hanno esperienza del passato di questi
settori, ma non sanno nulla del loro futuro. Anche perché il futuro dei settori
industriali non è da indagare, ma è da creare.
Si rischia di guidare le imprese verso strategie
omologanti, invece che verso strategie differenzianti. Tipico è proprio il vaso
dell’internazionalizzazione produttiva: esso è diventato un mito omologante che
ha aumentato la drammaticità della competizione annacquando i fattori realmente
differenzianti.
In parole più semplici: tutti a produrre in paesi
che permettono costi produttivi più bassi, scatenando una battaglia di prezzo
che non ha mai vincitori ed eliminando quel differenziale di “competenza
produttiva” che la nostra tradizione aveva da sempre garantito e sviluppato.
Risultato: costosi (anche in termini di credibilità strategica) ritorni a casa
dopo costose fughe all’estero.
I finanzieri hanno competenze che riguardano
l’acquisizione e la gestione delle risorse finanziarie, ma non di processi di
sviluppo strategico. Così oggi rischiano di intruppare le imprese che devono
ristrutturare il debito in strategie di riduzione (costi, persone etc.) che non
riescono certo a costruire sviluppo, ma innescano percorsi dai risultati
devastanti di riduzione continua.
Il problema è che entrambe le figure non dispongono
delle conoscenze necessarie a valutare e stimolare processi di sviluppo
imprenditoriale. Mi riferisco alle conoscenze e ai modelli di strategia
d’impresa: non ne dispongono al punto di non conoscere neppure l’esistenza di
un’area di conoscenza che si chiama “strategia d’impresa”.
Se questa è la situazione, allora è necessario
formare una nuova generazione di professionisti in strategia d’impresa che
abbiano a disposizione le conoscenze e i modelli più avanzati di questa
disciplina. Solo creando questa nuova generazione di professionisti sarà
possibile costruire una feconda alleanza di sviluppo tra banche ed imprese.
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