"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

martedì 25 settembre 2012

Commercialisti rinunciatari o profeti di sviluppo?


di
Francesco Zanotti

Sul Sole 24 Ore di oggi leggo i programmi a confronto dei due candidati alla Presidenza dell’Ordine Nazionale dei Dottori Commercialisti.
Si confrontano su molte questioni, ma su una di fondo sono d’accordo: l’impotenza di fronte alla crisi.
Claudio Sicilioti “Serve innanzitutto che l’economia riparta e questo va oltre quello che possiamo fare come categoria”.
Gerardo Longobardi “indubbiamente non è nelle disponibilità della nostra professione governare la crisi economica”.

La prima osservazione che mi viene: ma proprio nessuno in questo Paese si sente parte attiva nel costruire sviluppo? Tutti aspettano una ripresa che, a questo punto, è davvero mitica: si accenderà improvvisamente per intervento di una qualche divinità. L’aspetta la FIAT prima di investire, l’aspetta il Governo …

La seconda osservazione è una proposta. Io credo che i Dottori Commercialisti abbiano un ruolo, oso dire, profetico nel fare superare al nostro sistema economico la crisi. Nel costruire un nuovo sviluppo.

Provo a spiegarmi, anche se molto in sintesi. La crisi dell’attuale sistema economico non è frutto di squilibri finanziari o mal funzionamenti del nostro Sistema Paese. E’ una crisi di vecchiaia. E’ necessario immaginare nuovi prodotti, nuovi sistemi produttivi, un nuovo patto con la natura, un nuovo significato del fare impresa.

La ripresa, insomma, sarà frutto di una nuova progettualità imprenditoriale. Di una imprenditorialità aumentata.

Perché questa nuova progettualità non si scatena? Perché il sistema di risorse cognitive di cui dispongono le nostre imprese e le nostre banche non è sufficiente. Se il problema si pone in questi termini, allora è di immediata risoluzione e passa proprio attraverso il “sistema” dei Dottori Commercialisti.

Essi possono diffondere presso le imprese clienti (e presso le banche) le nuove risorse cognitive necessarie. Intendo riferirmi ad avanzate conoscenze e metodologie di strategia d’impresa che servono a supportare gli imprenditori nel costruire nuovi progetti d’impresa, non siano più ispirati alla ricerca di una competitività conservatrice. Che servono alle banche per valutare questi tipi di progetti imprenditoriali. Che sono il fondamento per costruire progetti di rete.

sabato 22 settembre 2012

Cosa accadrà se le classi dirigenti non cambiano le risorse cognitive di riferimento …


di
Francesco Zanotti

La premessa è che noi siamo le nostre risorse cognitive.
Noi guardiamo quella parte di mondo che le nostre risorse cognitive ci permettono di vedere. Tutto il resto si sfugge.
Quali sono oggi le risorse cognitive di riferimento? Sostanzialmente lo schema della competizione. Sì la competizione è uno schema cognitivo, non una realtà assoluta del mercato. Dietro lo schema della competizione vi sono scelte filosofiche del tutto inconsapevoli che forse sarebbe meglio che chi le usa inconsciamente le consapevolizzasse …  ma è una speranza vana.
Ad ogni modo, se si continua ad usare lo schema della competizione cosa accadrà?
Le previsioni sono facilissime.
Le grandi imprese diverranno istituzioni che si sosterranno solo grazie a qualche forma di aiuto esterno (sovvenzioni statali, protezioni e simili). Fino a quando non diverranno socialmente o ambientalmente insopportabili. Una grande fetta delle PMI chiuderà perché gli aiuti esterni non saranno possibili.
Le medie imprese di successo continueranno a sopravvivere, ma la loro capacità di produrre cassa andrà a calare. Anche le imprese di punta, come quelle della moda andranno, forse più lentamente, ma inesorabilmente, verso la morte competitiva che è scadenzata prima dalla diminuzione della capacità di produrre cassa, poi dalla riduzione dell’utile e da ultimo della riduzione del fatturato.
Le start-up saranno sempre marginali.
Innovazione tecnologica, se rimarrà all’interno dello schema della competizione, accelererà solo il processo di morte competitiva.
Il sistema bancario sarà quello che pagherà complessivamente la situazione vedendo aumentare le sofferenze a livelli insostenibili.
Ma quale altro schema esiste oltre a quello della competizione? Il problema è grave proprio perché si considera naturale porre questa domanda: non si riesce a vedere nulla al di là della competizione. Lo schema della competizione si è andato formando e consolidandosi nel tempo escludendo tutti gli altri in un drammatico circolo vizioso di teoria e prassi. Così oggi la competizione è diventata l’unica realtà vissuta e pensabile. In realtà esistono mille altri schemi possibili …
Lunedì sarà reso disponibile sul blog un documento che descrive lo schema dell’imprenditorialità aumentata.



domenica 16 settembre 2012

La Fiat e "l'Imprenditore" che non c'è.

Sul Corsera di oggi vi è un editoriale, a firma Massimo Mucchetti, sulla Fiat dal titolo Il futuro sostenibile (o no) dell'auto.
Si passano in rassegna, in virtù delle ultime vicende su Fabbrica Italia, le posizioni del governo, dei sindacati, e della politica. Tutte leggittime, così come anche è leggittimo il rispetto per le libere scelte dell'azienda, ma da questa analisi resta fuori l'attore principale: la Fiat.
Di sicuro vi è bisogno di una politica industriale del governo, certamente il ruolo dei sindacati deve cambiare, è ovvio che la politica deve guidare e non seguire le vicende del paese, ma il futuro dell'auto non potrà mai essere deciso da questa Fiat. Il motivo è semplice: l'impiegato numero uno dell'azienda, l'Amministratore Delegato, più che servire un mercato che c'è, o se non c'è allora tagliare, non è in grado di fare. Purtroppo dietro di lui non c'è un Imprenditore.
Ma cosa fa un "Imprenditore"?

giovedì 13 settembre 2012

Ora sì che sto tranquillo …


di
Francesco Zanotti

Con un coraggio degno del più audace Cavaliere, la nostra classe dirigente ha stabilizzato l’Euro, anzi l’ha rafforzato. Domato lo spread (un po’ e per ora) …
Ora sì che posso stare tranquillo … scendo subito tra la mia gente nel capannone e comunico la buona nuova … E così o mi prendono per pazzo o organizzano seduta stante un “vaffa day” con me come bersaglio.
Chi sono io? Un piccolo imprenditore … non ha importanza che sia del nord o del sud.
Se dico alla mia gente che può stare tranquilla per le “novità” suddette mi prende veramente per pazzo.
Sanno benissimo che i nostri prodotti subiscono una concorrenza sempre più agguerrita. E, poiché subiamo una concorrenza di prezzo, se parlo loro del rafforzamento dell’Euro capiscono benissimo che è un’altra tegola in testa perché il nostro commerciale farà sempre più fatica a vendere. Forse non lo sanno, ma lo so io, che le banche non si faranno impressionare dal fondo “Salva stati”. E certamente non ci concederanno quel fido che ci hanno negato non più tardi di tre giorni fa. Non mi chiedono certo di investire perché sanno che tutte le mie proprietà sono in mano alle banche. Non ce lo siamo mai detti esplicitamente, ma siamo consapevoli che, se anche potessimo investire, non sapremmo neanche bene dove: sembra che sia proprio il “mestiere” che facciamo che non serve più. Ah … perché noi siamo gente che sa fare bene un certo mestiere. Che aveva clienti affezionati che ora sono in crisi anche loro. Sì lo so che esiste una élite industriale che addirittura sfavilla, ma noi non ne facciamo parte. Come non ne fanno parte tutti gli imprenditori che conosco.
Ma allora saliamo sui tetti, facciamo la rivoluzione … Eh no! Noi non siamo una grande azienda: se saliamo sul tetto del nostro capannone non gliene frega niente a nessuno. Finiremo solo per fare pena a noi ed agli altri …
Che fare? Amici che governate, noi abbiamo bisogno di individuare ed imparare un altro “mestiere”. Sapete aiutarci in questo? Non vi costerebbe quasi nulla e salvereste tutti noi. Siete in grado di farlo? No! Non siete neanche in grado di immaginare che sia la cosa da fare. Anzi mi chiedete di insistere in questo mestiere, di lavorare di più! Per produrre più cose che poi non venderò.
Ed allora finisce che mi metto anch’io ad organizzare un “vaffa day”. Ma non accusandovi di essere ladri o inquisiti. Accusandoci di inconsistenza culturale ed operativa.

lunedì 10 settembre 2012

Risorse cognitive povere


di
Francesco Zanotti


Traduco da “The New Univers and the Human future” di Nancy Ellen Abrams e Joel R. Primack, pag. 119.
“ … noi non abbiamo un convincente, condiviso contesto per i problemi che dobbiamo affrontare. Perseveriamo nel pensare localmente, attraverso le noiose metafore dei nostri vecchi sistemi politici ed economici … mentre gli effetti delle nostre azioni collettive si propagano in tutto il pianeta ed oltre, lontano nel futuro ben al di là della nostra attuale capacità di concettualizzare, comprendere e farci carico.”.

In questi giorni stiamo assistendo a puerili tentativi di disegnare scenari, davvero con schemi concettuali poverissimi. Ad esempio, con lo schema della competitività che porta ad affermazioni (si dice il peccato non il peccatore) del tipo: “la priorità assoluta è aumentare il prodotto, cioè le ore lavorate”. Altro che scenari planetari, siamo così accecati da schemi cognitivi banali che non pensiamo neanche alle obiezioni più semplici: ma se poi il prodotto non si vende o inquina irragionevolmente? E chi garantisce il circolante necessario a produrre oggetti che stanno in magazzino? E molte altre.

Ci aspettiamo che le nostre classi dirigenti rinsaviscano e si dotino di nuove risorse cognitive che esistono abbondanti e diffuse? Impossibile: sono obnubilati da una competizione (anche loro) che non lascia loro alcuno spazio per studiare.

mercoledì 5 settembre 2012

Sardegna: un Progetto di Sviluppo a industria pesante zero


di
Francesco Zanotti
Credo che la mia proposta in questo momento susciterà più critiche che consensi, ma la faccio lo stesso perché mi sembra eticamente doveroso provarci.
Un Progetto di Sviluppo a industria pesante zero. Sì, perché l’attuale industria pesante sarda non è sostenibile. Credo che non sia sostenibile una filiera dell’alluminio in Sardegna. E credo anche che nel giro di qualche tempo si paleserà la crisi ineludibile dell’altra grande filiera sarda: quella del petrolio.

Le ragioni credo siano note a tutti. Sostanzialmente: diminuirà la domanda mondiale di prodotti derivati dal petrolio e di alluminio primario perché l’attuale tipo di apparato industriale non è sostenibile e perché il tipo di manufatti attualmente prodotti interesserà, complessivamente, sempre meno (auto docet). Si svilupperanno nuovi sistemi produttivi che produrranno diversi manufatti radicalmente diversi in modi altrettanto diversi. La rimanente (ma calante) domanda di prodotti derivati dal petrolio e di alluminio primario sarà soddisfatta da concorrenti che operano in “luoghi” produttivi a più basso costo.

Sono possibili tentativi di difesa temporanei delle produzioni sarde di derivati del petrolio ed alluminio primario, soprattutto se i costi sono a carico dello Stato. Ma sono tentativi destinati a costare sempre di più e, sul breve-medio termine, dovranno essere sospesi. Non solo, ma illuderanno tutti che non è necessario immaginare una economia radicalmente nuova per la Sardegna.

Detto diversamente: prima o poi un Progetto di Sviluppo a industria pesante zero per la Sardegna sarà inevitabile. Più tardi lo si fa più alti saranno i costi economici e sociali che comporterà il farlo.

Che significa definire un Progetto di Sviluppo a industria pesante zero?

martedì 4 settembre 2012

Progetti di sviluppo e conoscenze di strategia d’impresa


di
Francesco Zanotti

Tutti cercano Piani affidabili e sostenibili di sviluppo: da Taranto al Sulcis Inglesiente, a tutte le imprese il cui futuro si discute ai tavoli del Mistero dello Sviluppo.
Tutti cercano, ma nessuno si dota delle conoscenze necessarie a sviluppare tali Piani: le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa
Come a dire: voglio progettare una macchina, ma non mi doto delle conoscenze meccaniche necessarie …