Lettera aperta al Dott. Calugi
dirigente Area Sviluppo Imprese
Camera di Commercio e Industria Milano
di
Luciano Martinoli
Egr. Dott. Calugi
Mi congratulo per l’iniziativa di ieri che ha avuto il merito di fare una rassegna, approfondita e professionale, sugli aspetti rilevanti legati al tema, coinvolgendo tutte le parti interessate.
Devo sottolineare però, tra i temi trattati, una assenza roboante, quella del protagonista principale: la progettualità strategica, “oggetto” dell’emissione di qualsiasi titolo di debito (ma anche di un sano rapporto bancario, una quotazione in borsa, una operazione di equity qualsiasi).
Si sta perpetuando, mi consenta di dire colpevolmente, la cultura del “debito per il debito”, tradendo lo spirito del quadro normativo, non a caso denominato inizialmente “Decreto sviluppo”, e dimenticando quali disastri, economici e sociali, tale approccio alla lunga genera.
Senza andare troppo in là nel tempo e nello spazio, la catastrofe dei mutui americani sub-prime, è di qualche settimana fa un articolo del sole24ore su dati Banca d’Italia, ricordati anche dal Dott. Longo, moderatore della mattinata:
dal 2000 a fine 2013… il credito alle aziende è aumentato del 100%. Nello stesso periodo però gli investimenti e il fatturato delle imprese italiane sono cresciuti solo del 10%, mentre la produzione industriale è addirittura calata del 20%. Questo significa che negli anni d’oro, le banche hanno sostenuto con tanto (forse troppo) credito un sistema industriale che ha aumentato più i debiti che la produzione.
E le catastrofiche conseguenze di questo scellerato comportamento, perpetuato da banche e aziende, sono in dolorosa evidenza quotidiana di tutti noi.
Il debito deve servire a costruire sviluppo!
(ovvero a non avere più bisogno di debito)
Il convegno, così come tanta stampa, le associazioni di categoria, le camere di commercio, le pubbliche amministrazioni, ha trasmesso sul tema l’immagine che se un rubinetto si sta chiudendo, quello bancario, vi è l’opportunità di aprirne un altro, quello del mercato, senza però trattare il tema che queste risorse DEVONO servire a risolvere il problema di fondo: la falla nel secchio che si vuole riempire, principale responsabile della continua richiesta di finanza esterna.
Fuor di metafora è necessario che le imprese ricostruiscano la loro capacità di produrre cassa. E possono farlo solo attraverso un Progetto di Sviluppo che rivoluzioni la loro identità strategica. Insomma la sfida non è nella quantità di denaro che si mette a disposizione delle imprese. La sfida è come viene usato questo denaro. Se viene usato per sopravvivere, attendendo una miracolosa fine della crisi, allora è come buttare l’acqua nel secchio di cui dicevo prima. La sfida è, soprattutto, progettuale.
A pagina 7 dell’utile documento distribuito ieri “I minibond: istruzioni per l’uso”, nel capitolo a sua firma, dopo aver rappresentato la discesa della ricchezza prodotta delle aziende italiane, con conseguente diminuzione di mezzi propri, lei dice:
“Se l’apporto dell’autofinanziamento scende, diventa determinante l’accessibilità ai capitali esterni”.
Credo che sarebbe opportuno aggiungere “...per ritornare ad un autofinanziamento rapido ed abbondante”. E specificando che questo obiettivo è raggiungibile solo, come dicevo prima, grazie ad un Progetto di Sviluppo alto e forte A questo, e a nient’altro, dovrebbe servire il ricorso a risorse finanziarie esterne.
Spero che presto la Camera di Commercio di Milano, così come la stampa di settore, le associazioni di categoria, le pubbliche amministrazioni e, ovviamente, le aziende tutte, decidano a brevissimo, prima che sia troppo tardi, di affrontare il tema centrale della riprogettazione strategica del tessuto economico italiano, unico modo per tornare a generare cassa.
Dal canto nostro, siamo pronti a dare il nostro sostegno a questo percorso, forti di un investimento di ricerca a livello internazionale che ci ha portato a costruire un Modello di Progetto Strategico (Business Plan) e individuare un Processo attraverso il quale viene utilizzato che sintetizza la più avanzata cultura. Dal modello di business plan abbiamo costruito un rating per i Business Plan che riteniamo sia lo strumento mancante per capire la qualità dei progetti Strategici delle imprese.
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