"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

mercoledì 29 giugno 2016

Brexit e la crisi delle istituzioni rappresentative... anche a Belluno

di
Luciano Martinoli


Ciò che gli inglesi con il loro voto hanno mostrato è, da un punto di vista sistemico, qualcosa di più vasta portata. E' esplosa una "bolla" sociale, ovvero una costruzione istituzionale, l'Unione Europea, a contatto con la realtà, il voto di una parte di coloro che dovevano essere rappresentati, non ha retto il confronto e si è mostrata per come, a torto o ragione, viene percepita.
Il fenomeno ha sue piccole e numerose dimostrazioni in ogni angolo del nostro, ma non solo il nostro, continente.
Recentemente è accaduto qualcosa di simile alla confindustria di Belluno dove un suo past president, Gian Domenico Cappellaroha lasciato l'associazione.
Le motivazioni? Le stesse che oggi qualsiasi membro di una comunità o associazione rappresentativa potrebbe addurre. Ripercorriamole nelle parole di Cappellaro:

"...non riesco più a identificarmi in questa associazione..."
"...modo “personalistico” di gestione di Confindustria da parte dell’attuale giunta."
"...ritengo che comunque anche gli altri soci vadano ascoltati e le decisioni vadano condivise."
"... se un associato non condivide alcune posizioni non deve essere considerato come un nemico"

Probabilmente anche molti inglesi hanno sentito nei confronti dell'Unione Europea sentimenti simili e li hanno espressi nel voto. Ma forse anche molti cittadini nei confronti delle loro burocrazie statali, dipendenti verso le grandi aziende presso le quali sono impiegati, membri di associazioni varie se potessero votare esprimerebbero la loro volontà di Brexit.
Siamo di fronte ad una nuova ondata di populismo o una rinascita di fascismi, come molta stampa ci propone? 
Io ritengo di no, credo invece che siamo di fronte alla conclamata incapacità di queste classi dirigenti di tener conto della complessità della società del III millennio; incapacità che deriva dall'adozione di schemi mentali e risorse cognitive obsolete, che stanno mostrando ormai i segni del logoramento del tempo e che creano e faranno scoppiare, e temo che siamo solo all'inizio, bolle di questo tipo.
Non è questione allora di sostituire i "capi" con altri che, molto probabilmente, riproporranno gli stessi schemi e faranno gli stessi errori, ma di convincerli a dotarsi di nuove conoscenze che possano ispirare loro nuovi modi di essere e fare comunità.
La società in Europa, ma non solo, è ad un livello di maturità, sofisticazione e cultura che non ha precedenti nella storia dell'uomo. Un mondo di opportunità dunque che non si accontenta di rappresentanze burocratiche incapaci di esprimere progetti che la entusiasmino.

Lo capiranno prima di far cadere il mondo, con tutte le sue istituzioni,aziende, associazioni, ecc., in mano al "sempliciottismo" di fondo, sempre presente che non farà altro che peggiorare la situazione?

domenica 26 giugno 2016

Brexit e sistema bancario

di
Francesco Zanotti


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Oggi sul Corriere della Sera Francesco Giavazzi sostiene che il sistema bancario nel suo complesso deve essere sostenuto con un’iniezione di 40 Mld.
George Soros sostiene che il nostro sistema bancario è in crisi conclamata. A Bruxelles si scommette sul fatto che  l’Italia prima o poi dovrà chiedere aiuto al meccanismo Europeo di stabilità.
Io ho appena finito il disegno di uno scenario possibile di sviluppo del sistema bancario del quale pubblico l’introduzione. Vi sono argomenti forti per dare ragione ai pessimisti forti …

Le banche: intermediari di sviluppo o di guai?

giovedì 23 giugno 2016

Veneto Banca: prima i soldi. Le idee non servono

di
Francesco Zanotti

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A me sembra normale che chi chiede di essere finanziato spieghi che se ne farà dei soldi.
E, invece, sembra di no! Veneto Banca, papale papale, dice: ora che abbiamo i soldi, facciamo il Piano industriale. Cioè: prima i soldi e poi dico che me ne faccio.
Sbaglio io? Non so, dipende da cosa socialmente, intendiamo per banca. Se pensiamo si tratti di una istituzione, allora ha senso che essa venga finanziata senza piano industriale perché cosa deve fare è connaturato con il suo essere istituzione. Una istituzione nasce per svolgere una funzione specifica. Il piano industriale potrà venire dopo e sarà sostanzialmente un piano organizzativo. Ma se pensiamo che la banca sia e debba continuare ad essere una istituzione, non ha senso farne una società di diritto privato e quotarla in borsa.
Il problema è che una banca non può essere una istituzione perché è tutto da inventare cosa deve fare una banca. Un piano industriale deve essere un piano dove vi è scritto in che modo Veneto Banca intende fare banca e che ruolo sociale assegna al fare banca. Allora il Piano industriale deve precedere l’aumento di capitale, deve indicarne il significato imprenditoriale. E’ un Piano Industriale alto e forte che attira investitori.
E poi perché continuiamo a definire Piano Industriale un Progetto Strategico? Chiamiamolo Business Plan e intendiamo che dentro ci devono essere sia i numeri che le ragioni dei numeri.
Ah ma forse ho capito perché il Business Plan lo si fa dopo. 
Tanto tutti sanno cosa conterrà: solo tagli, risparmi e aiuti esterni. 
Nessuno si immagina che qualcuno possa avere qualche idea nuova sul fare Banca. E così continuiamo a peggiorare la crisi.


domenica 19 giugno 2016

Un lago e i ritorni senza investimenti

di
Francesco Zanotti

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Tutti lo sanno: sul lago d’Iseo (cioè un lago non alla moda) è ora possibile vivere l’esperienza del camminare sulle acque.
Gli organizzatori non hanno speso un Euro perché ha investito l’artista (Christo) che ha progettato la passarella che permette di camminare sulle acque. I ritorni saranno impressionanti.
Un’altra iniziativa di successo parallela a quella del Congresso Mondiale di Wikipedia a Esino Lario http://balbettantipoietici.blogspot.it/2016/05/wikipedia-e-esino-lario.html.
Cosa significa costruire sviluppo in Italia? Io mi darei un vincoli: pochi investimenti, niente a carico dello Stato, ritorni altissimi.
Noi nel 2012 avevamo lanciato una proposta di questa tipologia: per un'Expo della Conoscenza

Per nostra ignavia, mia soprattutto, non abbiamo saputo lanciare. Speriamo che vi sia qualcuno più bravo di noi. Soprattutto di me. 

giovedì 16 giugno 2016

La ricerca di efficienza blocca l’innovazione

di
Cesare Sacerdoti

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La rivista Private di questo mese pubblica un post di Don Peppers che sottolinea come, in 3M, l'applicazione della metodologia 6 sigma estesa a tutti i processi aziendali ha sì incrementato l'efficienza della società, ma ha fortemente ridotto l'innovazione aziendale. O meglio, ha favorito l'innovazione incrementale dei prodotti esistenti, a scapito dell'invenzione di prodotti completamente nuovi. E 3M è sempre stata famosa per l'innovazione di prodotto (tutti ricordano il post-it e lo scotch)
6 sigma, dice Peppers, è fortemente focalizzata alla "pianificazione, previsione, documentazione, correzione e miglioramento", ma "l'innovazione è uno sforzo creativo e la creatività è per natura imprevedibile e non pianificabile"; "l'invenzione è per natura un processo fatto di esperimenti e di fallimenti, di casi fortuiti e di coincidenze"
E' l'inevitabile risultato del voler considerare l'Azienda come una macchina a cui apportare modifiche che non possono non funzionare. E' il frutto di quello specialismo in cui stiamo cadendo in tutte le discipline; a partire dalla medicina. Si cura un problema specifico e non si ha la capacità di guardare agli effetti collaterali.

Francesco Zanotti in un recente post sosteneva che "il management direttivo è questa incapacità di rispondere a domande emergenti. Il management direttivo è quello degli obiettivi, della programmazione e del controllo. Un management impotente e presuntuoso".

lunedì 13 giugno 2016

Storia di produttività … assurda.

di
Francesco Zanotti

Giovanni Brambilla aveva una fabbrichetta in un paesino tra Lecco e Como. Ed era tempo di crisi. Giovanni Brambilla cercava in tutti i modi di sopravvivere, quando Giuseppe Bossi gli portò la buona novella: devi aumentare la tua produttività. Giovanni si mise di buona lena, trovò il consenso dei suoi lavoratori, utilizzi le migliori tecniche ed aumentò di molto la produttività.
Ma allora tornò Giuseppe Bossi che gli diede, questa volta, una notizia ferale: hanno inventato le automobili. E la produttività di Giovanni si accorse che la sua maggiore produttività nel costruire carrozze gli faceva solo riempire lo spazio occupato dalle carrozze invendute più velocemente dei suoi concorrenti. Là, tra due rami del lago di Como …

Caro amico imprenditore, se fai scarpe sfigate è unitile che aumenti la produttività o fai rete. Le tue scarpe non te le compreranno lo stesso.

domenica 12 giugno 2016

Sulle sofferenze ... scritto quasi 6 anni fa …

di
Francesco Zanotti

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E’ molto triste il pronunciare l’avevo detto …
Ma ancora oggi non ci siamo arrivati a riconoscere quanto già scrivevo 6 quasi sei anni fa sul tema delle sofferenze su un altro nostro blog
Ecco il testo integrale. Chi ha orecchie per intendere, intenda …

Partiamo da un dato reso noto dall’ABI ieri e pubblicato sul Sole 24 Ore di oggi (23 settembre 2010): l’aumento delle sofferenze, cioè il peggioramento della qualità del credito.

Riporta il giornale che le sofferenze bancarie ammontano a 70 miliardi di Euro. Ricordiamo che questa cifra corrisponde a 140.000 miliardi di lire, ad una ventina di finanziarie “normali”. E’ una cifra che sembra a tutti astronomica, ma va valutata facendosi una domanda: le banche se le possono permettere queste sofferenze? Leggiamo un altro dato: il rapporto tra sofferenze lorde e impieghi è arrivato al 4% (mentre era al 2,3% a novembre 2009). Ma quante sono le sofferenze rispetto al patrimonio netto delle banche che stanno manifestando queste sofferenze? Detto più brutalmente: queste sofferenze vanno solo a ridurre il patrimonio netto delle banche oppure sono superiori? Non conosco la risposta precisa a questa domanda (credo la si possa trovare facilmente, lo farò), ma so che il patrimonio delle banche non è che un percentuale molto bassa dei soldi che prestano (gli impieghi). Il 4% di sofferenze è un colpo importante al patrimonio netto del sistema. Se non lo dimezza, ci manca poco.

Questo dato inizia a rendere evidente che la recente e non finita crisi finanziaria non sia nulla al confronto della prossima futura crisi delle sofferenze che sarà frutto della crisi di un sistema economico che, invece di rinnovarsi completamente, pensa solo a cercare di funzionare meglio, alla ricerca di una impossibile duratura competitività. Non dettaglio questa mia tesi perché di essa ho parlato a lungo su questo blog. E su questo blog pubblicherò un documento che riporta i vari post che ho scritto su questo tema.

Credo che questo dato (l’aumento delle sofferenze) chiami noi tutti i cittadini, molto più della vicenda di Profumo e di Unicredit, a parlare del futuro del sistema bancario perché nella sostanza, ne siamo tutti azionisti. E siamo azionisti che stanno perdendo parte del patrimonio.

Parlare … cambiamo verbo: progettare. Credo che noi tutti cittadini dobbiamo partecipare alla progettazione del sistema bancario prossimo venturo.
Allora provo a proporre alcune domande che possano guidare questo percorso progettuale.

In questo post proporrò la prima. Nei prossimi giorni le altre.

Quale ruolo può avere la banca nel promuovere lo sviluppo economico?
La risposta “tradizionale” è: fornire le risorse finanziarie per lo sviluppo. Ecco io credo che non basti più. Credo che le banche debbano fornire alle imprese tutte quelle conoscenze e quei servizi che possano permettere loro di riprogettare da capo la loro identità.
Prima di fornire queste conoscenze e servizi devono, però, possederle, possederli e saperli erogare.
Quali nuove conoscenze e servizi? Le nuove conoscenze di strategia d’impresa che nascono dalle scoperte della nuova sistemica (che io penso debba essere definita “quantistica”). Esse permettono di valutare in modo completamente diverso le imprese e i loro progetti strategici. Esse permettono di scegliere quali imprese finanziarie e quali no. Non solo, ma attraverso di esse è possibile fornire alle imprese servizi che moltiplicano la loro capacità di progettazione imprenditoriale. Perché non basta saper scegliere le imprese, ma occorre anche aiutarle a diventare non competitive, ma completamente nuove.
Forse occorre ridire tutto in modo più diretto: le banche stanno aumentando le sofferenze perché non sanno valutare le imprese e i loro progetti strategici. E quando anche lo sapessero fare, non riuscirebbero ad aiutare le imprese a migliorare progetti strategici zoppicanti.
Banche incompetenti? No! Le banche usano le migliori conoscenze e metodologie tradizionali. Il problema è che queste conoscenze e metodologie non bastano più. Ed occorre che ne acquisiscano di nuove per poterle riversare alle imprese arricchite di servizio.
Che ne pensano le banche di questa domanda e del mio tentativo di risposta?
Che ne pensiamo tutti noi cittadini, azionisti morali e sostanziali di questa domanda e di questo tentativo di risposta?”



venerdì 10 giugno 2016

La "dannosa" ostinazione della finanza nel non voler guardare oltre (il suo naso)

di
Luciano Martinoli


Da ieri la BCE può acquistare anche Corporate Bond, cioè obbligazioni aziendali. Essi devono essere emessi in euro, da aziende con investment grade (sopra la tripla B emessa da un'agenzia di rating, cioè la BCE fa quello che giudicano gli altri... ma questo discorso merita di essere affrontato in altro momento) e con sede in zona euro. La manovra rientra nell'ampliamento delle attività di quantitative easing pensate per far affluire liquidità al mercato nella speranza che, nonostante tutto quello che si è già fatto in questa direzione, vi sia la "ripresa". 
Servirà?

mercoledì 8 giugno 2016

Non c’è ragione per investire in Veneto Banca

di
Francesco Zanotti

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Se prendete l’AVVISO relativo all’aumento di capitale di Veneto Banca pubblicato oggi sul Sole24Ore, vedrete che è sostanzialmente un elenco di rischi. Lo so che è questa la forma di tutte queste comunicazioni. Ma è una forma sbagliata.
In una società in veloce evoluzione i rischi derivano dal non vedere e non perseguire le potenzialità di futuro. Se Veneto Banca non dice nulla sulle potenzialità di futuro, ma parla solo dei rischi significa che queste potenzialità non le sa riconoscere. E questo significa che i rischi si avvereranno certamente.
Generalizziamo, come può un sistema economico svilupparsi se propone come unico criterio di investimento i rischi?

Ve lo immaginate, ad esempio, Enzo Ferrari andare in giro a parlare dei rischi del fare auto esclusive?

domenica 5 giugno 2016

Costruire sviluppo come... le metropolitane

di
Luciano Martinoli


La costruzione della recente metropolitana di Napoli ha avuto alterne vicende. In particolare il cantiere della stazione di Piazza della Borsa è rimasto aperto per molto più tempo del previsto. Si dice che un anziano signore abitante della zona, evidentemente stufo del disagio causato dai lavori e dalle continue previsioni sbagliate di apertura della stazione, un giorno si sia presentato presso il cantiere chiedendo del responsabile. Al capo cantiere l'arzillo signore pare abbia chiesto: "Scusate ma 'sta metropolitana la state facendo o la state cercando?"

Le recenti notizie, da questa come dall'altra parte dell'oceano (dati su occupazione USA e Italia), sui risultati altalenanti sull'economia a dispetto delle numerose e articolate iniziative dispiegate in tutti questi anni, rendono legittimo un analogo interrogativo: ma lo sviluppo lo state costruendo o lo state cercando?

sabato 4 giugno 2016

Fondo Atlante: aiuti non di Stato, ma dalla collettività, sì!

di
Francesco Zanotti

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I soldi che sono stati messi nel Fondo Atlante non vengono direttamente dallo Stato. Ma indirettamente, sì! Sono soldi che la collettività ha consegnato in custodia alle banche. Il non chiamarli aiuti di stato è solo una foglia di fico che tutti accettano di non smuovere per non vedere la vergogna di un sistema bancario non ce la può fare da solo.

Ma il sistema bancario ce la farà sempre meno da solo se i suoi manager continueranno ad essere convinti che non possono fare nulla per aumentare la capacità di creare valore. Se si rifiutano di perseguire scenari diversi da una tediosa conservazione che si concentra per non riuscire a costruire un nuovo sviluppo.