"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

martedì 30 giugno 2015

La BCE, un alleato autorevole per il Rating dei Business Plan

di
Francesco Zanotti
Oramai siamo al quarto Rapporto sui Rating (Progettuali) dei Business Plan delle Società degli Indici FTSE Mib e Italia Star di Borsa Italiana. Verrà pubblicato la settimana prossima e reso disponibile su questo blog. Di esso ha già pubblicato anticipazioni Morya Longo sul Sole24Ore di sabato20 giugno.
Con questo Rapporto proponiamo all’economia italiana (per ora) il ruolo fondamentale della progettualità strategica, del Business Plan come documento che ne descrive l’output e del Rating del Business Plan come strumento per “misurarne” la qualità.
Quest’anno ci siamo spinti a ricavare dal Rating dei Business Plan di quelle che sono le imprese più importanti del nostro Paese una immagine della qualità progettuale del nostro Paese. Purtroppo non eccellente.

Ma che c’entra la BCE? C’entra perché stamattina Luca Davi sul  Sole24 Ore di oggi (pag.39) ha rivelato che la BCE è un nostro alleato in questa “campagna”.
Infatti, scrive Luca Davi che la BCE sta monitorando anche “la solidità delle strategie delle singole banche.” Concretamente, scrive sempre Luca Davi, la BCE ha iniziato ad analizzare “il Business Model, assoluta novità dello SREP (Supervisory Review and Evaluation Process) targato BCE per le Italiane”.

Si tratta di un segnale inequivocabile che si cerca di allungare lo sguardo verso il futuro. Che si chiede conto alle banche oggi (ma domani accadrà inevitabilmente a tutte le imprese) del modo in cui si prefiggono di costruire il loro futuro.
Per raggiungere questo obiettivo, la nostra proposta è quella di non guardare solo al Business Model (che noi definiamo più propriamente “definizione del Business”, come la scienza della strategia d’impresa insegna), ma al Business Plan delle Banche nel suo complesso.
Ed abbiamo sviluppato, primi ed ancora non imitati al mondo, uno strumento, per valutare la qualità dei Business Plan: la nostra metodologia di Rating (Progettuale) dei Business Plan.


venerdì 26 giugno 2015

In memoria di un imprenditore

di
Francesco Zanotti

Risultati immagini per Egidio Maschio

Mi riferisco a Egidio Maschio suicidatosi due giorni fa.
Non lo conoscevo, ma ho letto l’elogio che ne fa Mario Carraro in un articolo di Mariano Maugeri.
Credo che occorra fare, finalmente, una riflessione “cognitiva” su queste tragedie che, soprattutto nel nord est, non sono isolate. Perché non si ripetano, ma si ripetano, invece, gli straordinari successi del passato di molti di coloro che hanno gettato drammaticamente la spugna della vita.

Vi sono persone con una straordinaria passione e competenza imprenditoriale. Dotate della capacità di progettare nuovi mondi e realizzarli. Come tutti dicono sia stato Egidio Maschio.
Queste persone hanno oggi bisogno di una risorsa fondamentale della quale non dispongono: le risorse cognitive grazie alle quali attivare la loro straordinaria imprenditorialità. Altrimenti il loro progettare e realizzare rischia di percorrere strade impercorribili.

Quali risorse cognitive? Mi riferisco alle conoscenze ed alle metodologie di strategia d’impresa. Esse servono a individuare le complesse potenzialità di sviluppo che emergono in ogni anfratto dell’attuale società. E servono a costruire Business Plan alti e forti (e, per forza di cose complessi) che permettano di realizzarli.
Fino ad oggi nessuno si è preso la briga di fornire agli imprenditori conoscenze e metodologie di strategia d’impresa avanzate. Se le sono dovute costruire, inconsapevolmente, gli imprenditori da soli. Ma, ovviamente, non possono che essere conoscenze e metodologie troppo semplici per permettere loro di usare la loro straordinaria competenza di creatori di mondi nella complessità sociale attuale.
Allora rischiano di “girare a vuoto”. Rischiano di immaginare mondi che hanno sempre meno possibilità di realizzarsi, di investire in progetti che cercano l’impossibile continuazione del passato nel futuro.
Vogliamo non solo evitare che si consumino tragedie come queste, ma vogliamo anche che, davvero, si sviluppi una nuova stagione di sviluppo? Allora forniamo a tutti coloro che hanno quella particolare visione del mondo che li fa imprenditori le migliori conoscenze e metodologie di strategia d’impresa che esistano al mondo.
I “noi” che devono fornire queste risorse cognitive sono le banche e i professionisti che offrono servizi alle imprese.
Le banche e i professionisti devono dotarsene per primi. Per primi devono iniziare a diventare imprenditori della conoscenza.


lunedì 22 giugno 2015

Manager, professionisti e... il "Curling"

di
Luciano Martinoli


Certamente conoscerete il Curling, lo sport invernale dove due squadre si affrontano lanciando delle pietre di granito con manico (le stone) per piazzarle in un'area per accumulare punti. La caratteristica più nota del gioco, però, è quella dei giocatori che con uno "scopettino" abradono il ghiaccio davanti al tragitto delle stone allo scopo di influenzarne la traiettoria. Man mano che la stone rallenta la loro azione è meno influente fino a diventare inutile, ovviamente, una volta che quella si ferma.
Ora immaginate due giocatori che si affannano con il loro attrezzo a strofinare il ghiaccio davanti ad una stone... ferma. Che senso può avere? Nessuno ovviamente ma è quello che fanno tanti manager e professionisti d'impresa nella loro attività.

giovedì 18 giugno 2015

Tra fumo e arrosto, oroscopi e progetti...

...il futuro (che si potrebbe costruire) dell'economia italiana
di
Luciano Martinoli
Il 10 giugno scorso a Milano si è svolta la presentazione del IV Rapporto Rating Business Plan Aziende FTSE MIB e STAR quotate alla borsa di Milano.
Al di là del titolo, non si è trattato di una delle numerose ricerche della pagliuzza nell'occhio del ciclope; esercizio facile, viste le dimensioni dei soggetti, ma sterile. E non è stata nemmeno l'ennesima accusa di mancanza di questo o quell'adempimento, ufficiale o di buon senso (di "responsabilità sociale" direbbero alcuni), alla ricerca di un breve momento di visibilità mediatica o nei confronti delle aziende oggetto dell'indagine.
Nulla di tutto questo.
Lo scopo principale è stato, e continua ad essere senza soluzione di continuità, più profondo: aprire un dibattito, costruttivo e propositivo, sul tema della "progettazione del futuro" delle imprese, dunque del nostro futuro visto che a loro abbiamo dato in gran parte tale delega; a partire da quelle più grandi e visibili. A partire da quelle aziende "pubbliche" non perchè possedute dallo Stato (anche se ci sono alcune di loro) ma perchè, essendo quotate, sono possedute dal "pubblico", attraverso le azioni, e perchè emettendo obbligazioni richiedono ulteriori risorse dal pubblico (che poi di mezzo, in entrambi i casi, ci siano intermediari a vario titolo la sostanza non cambia: alla fine della catena ci sono i nostri risparmi).

giovedì 11 giugno 2015

Bond di sviluppo e sofferenze

di
Francesco Zanotti


Finalmente una buona idea: facciamo emettere “bond di sviluppo” alle imprese che le banche hanno etichettato come “in sofferenza”, in modo che possano recuperare le risorse, che non possono più venire dal credito ordinario (proprio perché sono “in sofferenza”), per rilanciarsi.
Bene, le banche dovrebbero guidare questo processo …
Ma c’è un problema: come fanno le banche a decidere quali tra le imprese in sofferenza salvare?
Beh usano i loro sistemi di rating. Eh no, cari. Perchè queste imprese sono già passate al vaglio di quei sistemi di rating che le hanno già giudicate non finanziabili.
Quindi? Quindi le banche devono spingere queste imprese a dotarsi di progetti di sviluppo (Business Plan) alti  forti. E devono disporre di strumenti per valutare se questi Business Plan  sono alti e forti.

Cioè il tutto può funzionare solo se si parte da una rivoluzione culturale delle banche che si devono dotare delle conoscenze per costruire e valutare progetti di sviluppo. Intendo dire: le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa. Sono conoscenze di cui non dispongono.

martedì 2 giugno 2015

Dove sei? Che maglietta indossi? Fare un Business Plan. Parte prima: il posizionamento strategico

di
Francesco Zanotti
f.zanotti@cse-crescendo.com francesco.zanotti@gmail.com

 
Cosa deve contenere un Business Plan perché non sia solo la compilazione di format “alieni” proposti da qualcuno, ma sia la storia del futuro che l’impresa vuole costruire? Come bisogna fare per costruirlo?
Detto diversamente: quali contenuti deve avere e come è cosa bisogna fare per svilupparli?

Per rispondere a questa domanda ho provato a costruire qualche metafora … descrivo cosa e come bisogna fare attraverso esempi, anche frivoli, ma penso chiarificatori.
E poi tradurrò gli esempi scherzosi in un linguaggio più professionale ed operativo. Adatta alla professione dell’imprenditore. Cominciamo con questa prima puntata: il primo passo da fare …

Il primo passo nel redigere un Business Plan è quello discoprire quale è il vostro punto di partenza.
Chiamiamolo “posizionamento strategico”.

Ma cosa è questo posizionamento strategico e perché è così essenziale?
Ve lo spiego, appunto con un esempio, una storiella, una metafora. Chiamatelo come volete.

Immaginate di indossare una maglietta leggera di cotone e di trovarvi d’inverno nella tundra siberiana. Non trovate che questa metafora descriva bene lo stato dell’economia così come appare oggi? Un posto freddo e desolato.
Il vostro posizionamento strategico è disagevole (molto) perché la vostra identità (la maglietta che indossate) non vi permette di vivere (lavorare biologicamente) nell’ambiente in cui siete. Non riuscite a generare sufficientemente calore per sopravvivere.
In termini tecnici, il vostro business o il vostro portafoglio di business è collocato in industry che non permettono di produrre la cassa (il calore) necessario a sopravvivere. E’ collocato in un industry a bassa attrattività. Un ambiente che vi blocca nel gelo.

Per sopravvivere lì, senza cambiare la maglietta (cioè senza cambiare identità) siete costretti ad andare in giro a raccogliere qualche rametto per accendere un fuoco che, per altro, non vi permetterà una vita biologica agevole. Solo una sopravvivenza un  più lunga. Se poi siete in tanti ad essere in mezzo alla tundra con magliette di cotone, allora sono guai. Dovere competere per i legnetti. E o siete i più grandi e grossi, oppure non beccherete neanche un legnetto. Sopravvivrete meno degli altri. Che, sul lungo termine, pure sono destinati a non sopravvivere. Questa capacità di far legna più degli altri si definisce “competitività”.

Allora il posizionamento strategico è l’intrecciarsi di queste due “variabili”.
Esse vi rivelano se operate in un business a bassa o alta attrattività. E vi dicono se di quella attrattività, poca o tanta che sia, ve ne giovate voi o i vostri concorrenti.
Se scoprite che state veramente in mezzo alla tundra siberiana con solo una maglietta di cotone, beh allora è il caso di fare qualcosa …