di
Luciano Martinoli
Continua la caccia alle streghe per individuare i responsabili della crisi bancaria nel nostro paese. Stavolta è il turno di chi ha preso i soldi e non li ha restituiti. Ma dove erano, e che facevano, quelli che glieli hanno dati?
Il "mostro" di turno sull'argomento banche, da sbattere in prima pagina, stavolta è il grande debitore insolvente. Dopo la crisi economica, quella è come il prezzemolo: ci sta sempre bene e dappertutto, la BCE che ce l'ha con noi, i vertici bancari truffaldini, adesso è caccia agli insolventi.
Il ministro Padoan getta acqua sul fuoco e ha recentemente dichiarato che "occorre fare un ragionamento più ampio per distinguere i comportamenti scorretti da quelli sfortunati nell’accumulazione del debito".
Traduco, prendendomene tutte le responsabilità: fare business, per il quale servono notoriamente soldi, è attività (anche) truffaldina o legata al caso.
Ci può stare, ma possibile che 300 miliardi di euro lordi di sofferenze siano da imputare solo a gente ispirata da disegni fraudolenti o colpiti da sfiga?
E se pure così fosse, chi, nelle banche, gli ha dato quei soldi? Seguendo quali criteri?
E nei "piani di cambiamento", recentemente presentati da tutte le banche, vi è un accenno alla modifica di tali criteri per evitare di riparlare tra qualche anno di debitori "scorretti e sfortunati"?
Purtroppo il cuore centrale del problema, l'acclarata ed endemica incapacità delle banche di comprendere e stimolare l'economia reale, non viene considerata e, al di là dei comportamenti con rilevanze penali di alcuni manager bancari, si continua ad ignorare la colpa più grande del sistema bancario: il peccato di omissione!
Omissione nel voler accogliere nuove conoscenze, quelle strategiche, che consentirebbero di riconoscere per tempo i furfanti e gli sfigati.
Omissione nell'affrontare seriamente il problema della redditività delle banche, sul quale forse sono incapaci preferendo occuparsi solo di quello patrimoniale (seppur necessario).
Omissione nel mettere al centro della loro attenzione i clienti aziendali, ridisegnando l'offerta per loro dalla testa ai piedi grazie alle conoscenze di cui prima.
Allora forse è opportuno lanciare un appello al ministro Padoan. Oltre ad "avviare un programma di educazione finanziaria" a beneficio dei risparmiatori, con risultati importanti (tutelare il loro patrimonio) ma modesti (di certo non si rilancerà l'economia), sarebbe più opportuno, oltre che urgente, avviare un programma di educazione strategica a beneficio di tutto il settore bancario.
Solo così riusciremo non solo ad evitare gli scorretti o sfortunati ma addirittura a redimere i primi (forse) e indirizzare (di sicuro) i secondi verso sorti migliori.
Con benefici per tutti.