Considerazioni personali, e aperte a tutti, dopo il seminario del 9 Maggio
...iniziai a raccontare ciò che da anni mi schiacciava l’animo: lo scoramento vuoto che vedevo stendersi sulla mia gente e sulla mia città, l’inarrestabile scadere dell’ambizione, l’abbandono dei sogni più fragili e ingenui eppure più vitali, l’immorale diffondersi della consapevolezza che il futuro sarebbe stato peggiore del presente.
Inizio dal dolore, prendendo a prestito le parole di Edoardo Nesi dal suo Storie della mia gente. Mi colpisce ogni volta sopratutto "l’immorale diffondersi della consapevolezza che il futuro sarebbe stato peggiore del presente".
Non possiamo consentirlo, è contro i nostri figli, contro i nostri avi che ci hanno lanciato nel futuro per renderlo un posto migliore, contro la nostra umanità.
Ma il futuro può essere migliore in tanti modi possibili, tutti da costruire, non da subire.
Da dove partire?
Da ciò che siamo stati: creatori di imperi prima di qualsiasi altra civiltà occidentale, creatori di Rinascimenti, diventata la parola stessa l'antonomasia, in qualsiasi lingua, di ogni fenomeno sociale di grande innovazione e progresso, creatori di miracoli economici.
E allora scatta l'orgoglio, di poter essere anche noi degni di tanta eredità, di dover, e avere diritto, far maturare questo nostro patrimonio passato in ricchezza per tutta l'umanità.
Ancora una volta!
Chiedo allora a tutti coloro che leggono di unirsi all' "urlo di orgoglio".
Non per chiedere aiuti a chi è più grande di noi, il datore di lavoro, lo Stato, l'Europa, ma per trovare la forza e la convinzione di cambiare prima noi stessi, e volerlo fare sul serio.
Prendendosi sulle spalle la responsabilità in prima persona di intervenire, ma non per riproporre le banali "soluzioni" finalizzate a rimettere a posto un "meccanismo" (che non va perchè è morto, non perchè ha un malessere passeggero). Per contribuire a far emergere una nuova idea di futuro. Questa volta migliore, molto migliore del presente.
Cercando, e proponendo, non innovazione misurata in quello che si sente per la prima volta, ma in ciò che non è mai stato detto prima.
Ripudiando le soluzioni e le proposte complessive che abbiano una giustificazione "tecnica", perchè i tecnicismi sono efficaci solo in ambiti banali (o banalizzati apposta per rendere illusoria l'efficacia dei tecnicismi).
Ricercando ed abbracciando soluzioni e proposte complessive sociali, condivise da tutti perchè costruite insieme, in quanto non esistono vie "giuste" da percorrere, ma strade che "piacciono" perchè entusiasmano.
Anelando al confronto con i nostri simili non per affermare egoisticamente la propria individualità attraverso un conflitto teso a schiacciarli, ma per aiutarci, grazie alla loro diversità, a darci ulteriori strumenti per costruire, insieme a loro, il futuro che cerchiamo.
Questo non è un manifesto o una lettera aperta tra tante che si appellano a forze superiori, note o meno, per chiedere la salvezza.
Questo è un "urlo" per farsi vedere, per comunicare agli altri che è disponibile a farsi "mattone" insieme ad altri "mattoni", pietre vive che non vogliono essere disposte dal progetto di un "grande architetto", ma costruire loro stessi il progetto che più le aggrada.
Perchè sanno di esserne capaci.
Perchè il futuro lo vogliono costruire come piace a loro, non attenderlo come decideranno altri.
Luciano Martinoli
luciano.martinoli@gmail.com