"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

martedì 29 dicembre 2015

E se invece di cedere i crediti in sofferenza si rilanciassero le imprese?

di
Francesco Zanotti

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Oggi il Sole 24 Ore riporta la notizia che MPS ha sottoscritto un contratto di vendita pro soluto di crediti deteriorati per un valore di circa un miliardo.
Il giornalista (non abbiamo ovviamente modo di verificarlo) sostiene che sono debiti di impresa “vecchi” che saranno venduti per molto meno dell’otto percento del loro valore nominale. Con tutte le conseguenze che il cedere a questo prezzo comporta.
Si sarebbe potuto fare diversamente. Si sarebbero potute fornire, da parte della banca e per tempo, alle imprese conoscenze e metodologie di strategia perché le imprese stesse aumentassero la qualità della loro progettualità strategica. Si sarebbe potuto valutare la qualità della progettualità strategica usando metodologie di rating dei Business Plan che oggi sono disponibili.
La sfida è non generare NPL. Anche oggi sarebbe possibile riavviare processi di progettazione strategica nelle imprese in crisi per farle uscire dalla crisi.
Si preferisce vendere a questo prezzo. Che significa buttare a mare tutto quello che le imprese debitrici ancora possono mettere in gioco. Con pesanti conseguenze non solo nel patrimonio della banca, ma nel futuro dell’economia.


giovedì 24 dicembre 2015

La "mala educacion" della finanza

Lettera aperta al Dott. Liccardo segretario generale EFPA Italia
di
Luciano Martinoli

Egr. Dott. Liccardo
Ho letto con molto interesse le sue dichiarazioni a proposito dell' "analfabetismo finanziario" dei risparmiatori, tema sollevato dai recenti scandali legati al fallimento delle 4 banche. Sono solo parzialmente d'accordo con la sua tesi e mi lasci spiegare le motivazioni rivolgendomi a lei come unico rappresentante "visibile" ai risparmiatori di quel complesso sistema che è la finanza e che soffre, a livello globale, di un analogo analfabetismo che mi lasci etichettare strategico.

mercoledì 23 dicembre 2015

Le banche e i crediti agli amici

di
Francesco Zanotti

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I prestiti compiacenti agli amici, agli amici degli amici e a tutti i furbetti di tutti i quartrierini, sono facilmente evitabili. E gli “strumenti” che una banca può utilizzare (se veramente non vuole concedere prestiti “relazionali”) per ottenere questo risultato sono semplici.

Innanzitutto, chieda a chi vuole un prestito un Business Plan e impari a valutarlo usando le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa.
Se l’entità del prestito è statisticamente rilevante rispetto ai prestiti “normali”, chieda un Business Plan con Rating del Business Plan assegnato da un soggetto dotato di metodologie apposite.
Se l’entità del prestito è di tale entità da minacciare la solidità della banca nel caso in cui non venisse restituito, chieda che venga personalmente a presentare il suo Business Plan il richiedente in contraddittorio con chi assegna il Rating al Business Plan.

Il Business Plan “costringe” tutti i richiedenti a rendere ragione (per primi a loro stessi) di cosa se ne faranno dei soldi: grazie a quale cambiamento strategico dell’impresa riusciranno a restituirli? Detto più precisamente: grazie a quale cambiamento strategico riusciranno a generare tanta cassa da restituire il debito e ad accumulare risorse per sostenere un cambiamento strategico continuo?

Il Rating del Business Plan serve, innanzitutto, a fornire alle parti (Banca e al richiedente il prestito) una valutazione sulla qualità del Business Plan e sulla sua probabilità di realizzazione. E una valutazione di questo tipo interessa a tutt’e due le parti.
Infatti, un Rating di un Business Plan è anche una proposta. Indica suggerimenti su come migliorare il Business Plan. Sia la banca che il richiedente un prestito hanno interesse a che il  Business Plan, cioè le cose che si intendono fare per restituire i soldi, siano realmente efficaci.

La presentazione personale da parte del richiedente il prestito con il contraddittorio portato avanti da chi ha assegnato il Rating al Business Plan, ha innanzitutto il ruolo di garantirsi che quel Business Pan non sia stato fatto “ad usum Delphini”.
E, poi, è una verifica “intensa” della qualità imprenditoriale del richiedente il prestito.
Tutti gli amici, gli amici degli amici e i furbetti di tutti i quartrierini difficilmente hanno un Business Plan. Se ce l’avessero sarebbe immediatamente visibile la sua inconsistenza. Se accattassero di presentarlo, farebbero una figura penosa come la loro richiesta di prestito.


domenica 20 dicembre 2015

Dipingere le case di giallo per la competitività … e altre assurdità

di
Francesco Zanotti

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Il Consiglio Europeo prossimo venturo ha all’ordine del giorno “Crescita, occupazione e competitività” riferisce il Prof. Alberto Quadrio Curzio sul Sole24Ore di oggi.
Bene cominciamo dalla competitività. Io sostengo che per aumentare la competitività occorre dipingere tutte le case della nostra penisola di giallo canarino!
Assurdo dirà il lettore. Beh forse paradossale, ma scientificamente significativo come ogni altra possibile strategia.
Infatti, innanzitutto, non si sa cosa sia competitività. Provi il lettore a scriverne una definizione. Farà fatica a farlo. Poi la faccia leggere al primo amico che incontra: scoprirà che non gli va bene.
Se non si sa cosa sia competitività non si può sapere cosa fare per acquisirla. Magari davvero basta dipingere le case degli italiani di giallo canarino.
Da ultimo, non si sa bene neanche che vantaggi produca questa competitività. Anzi se si guardano ai settori economici dove si vuole raggiungere competitività, si scopre che il perseguirla non porta a un aumento dell’occupazione, ma a una sua diminuzione. Si vedano i Piani strategici delle banche. Di tutte le banche.
Riassumendo: si propone di raggiungere una “cosa” (la competitività) che non si sa bene cosa sia. Ma si è certi che se la si raggiunge produce solo effetti negativi sull’occupazione. A meno che per raggiungere la competitività si debbano fare cose stupidelle come dipingere le case degli italiani di giallo canarino. Cosa che, tra l’altro, costerebbe poco e genererebbe tanta occupazione. Almeno di imbianchini.
Arriviamo alla crescita. Non si dice la crescita di cosa. Forse si pensa alla crescita di questa economia: Ma questo è fisicamente impossibile.
Che pensare alla fine? Che continuiamo a leggere di luoghi comuni, ammantati da una scientificità del tutto risibile, che perdono vieppiù di senso. Ma fino a  quando i giornali pubblicheranno solo in base alla fama di chi scrive, non possiamo attenderci altro che di leggere luoghi comuni che servono solo a una autorappresentazione continua di quei “names” che vengono da un passato oramai insopportabile.
Sarà mai possibile chiedere a tutti i soloni che annoiano il nostro presente di accettare una seria discussione scientifica?


venerdì 18 dicembre 2015

Bond: il reato di emettere bufale

di
Francesco Zanotti

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Tutti stanno a condannare chi ha venduto titoli “bufala”. Giusto: schiaffeggiamo quei poveri bancari che hanno preso in giro molto spesso loro amici. Schiaffeggiare, però, senza esagerare.
Quelli che hanno venduto titoli “bufala” lo hanno fatto perché qualcuno, prima, li ha emessi e qualcun altro non ha fatto obiezioni sul fatto che venissero emessi.
Voglio dire che prima del reato di vendere bufale c’è quello di emetterle.
Prima di non venderle, non dovevano proprio emetterle. Le obbligazioni erano rischiose perché era problematico il “sottostante”. Erano rischiose perché la banca era nei guai. La banca le ha emesse per non soccombere ai guai. Ma questa è una strategia della disperazione. Simile alla strategia di quei giocatori che si giocano l’ultimo centesimo nella speranza di recuperare le perdite.

Cosa avrebbe dovuto fare una banca nei guai? Innanzitutto, disegnare un Progetto di Sviluppo alto e forte per uscire dai suoi guai. Poi formalizzarlo in un Business Plan e renderlo pubblico. Solo dopo, avrebbe potuto emettere titoli spiegando che servivano a finanziare quel Progetto di Sviluppo. E aggiungendo che il rischio era esattamente che la banca non riuscisse a realizzarlo.

Le Autorità di Controllo avrebbero dovuto imporre che la Banca emittente esponesse un Business Plan dove descrive è il cammino di sviluppo che ha escogitato e come vuole percorrerlo. Ci sarebbe dovuto essere qualcuno he certificasse la qualità del Business Plan.

Oggi stiamo cercando di chiudere una stalla aperta. Ma i buoi sono davvero fuggiti.
Dobbiamo andare a cercare e perseguire chi ha aperto la stalla. La sua responsabilità (lo ripeto: da perseguire) è stata che non ha detto che era nei guai, che non ha detto che i soldi non erano finalizzati a nessun sviluppo e che, quindi, le probabilità di restituirli era assolutamente ridicola.
Dobbiamo chiedere a coloro che aveva il ruolo istituzionale di vigilare sulle stalle cosa pensavano mentre vedevano cha la stalla veniva aperta. Pensavano che i bui non sarebbero scappati?

Tornando ad essere seri, occorre che ogni emissione di titoli Corporate venga giustificata da un Business Plan e che a questo Business Plan venga assegnato un Rating.
Il fare un Business Plan è l’unica azione possibile di trasparenza su futuro che si intende realizzare.
Il fare un Rating al Business Plan è l’unica azione di controllo possibile sulle volontà di futuro. Quel tempo nel quale i soldi verranno o meno restituiti.

martedì 15 dicembre 2015

Le aziende "zombi" sono tra noi!

di
Luciano Martinoli


Mark Burgess, Responsabile azionario globale di Columbia Threadneedle (società di investimento americana presente anche in Italia), ritiene che "...il QE abbia creato i presupposti affinché le società potessero assumere prestiti e investire nelle proprie attività ma abbia al contempo permesso la sopravvivenza di “società zombie” che avrebbero dovuto fallire molto tempo fa."

Dello stesso avviso è l'Economist che spiega più in dettaglio il meccanismo di creazione dei "morti viventi":

"Con l’inflazione a zero i tassi d’interesse possono essere mantenuti bassi e quindi il costo del debito è gestibile almeno per un po’. Inoltre le banche, sotto la pesante influenza dei governi, sono poco propense ad affrontare il problema dei prestiti in sofferenza alle imprese, perché c’è il rischio che chiudano le fabbriche. 
Così la situazione si perpetua e i cattivi debiti continuano a passare di mano, creando imprese e industrie zombie. L’eccesso di capacità produttiva spinge al ribasso i prezzi di fabbrica, con effetti negativi sui profitti e sugli investimenti. Il capitale è intrappolato in imprese e settori poco dinamici ..."

Il termine sembra quanto mai azzeccato, considerando l'immagine restituitaci dalla cinematografia di esseri "privi di volontà" interessati solo alla loro sopravvivenza perseguita in modalità ingenue e disperate.

Oggi i meccanismi di QE, adottati ormai da quasi tutte le banche centrali, sembrano avere come effetto collaterale la creazione di questi morti viventi che assorbono risorse, sottraendole a volte a chi ha buona possibilità di vivere o tornare ad uno status di prosperità normale (perchè le aziende, di norma, dovrebbero creare prosperità e non problemi per la collettività). Inoltre quando queste si interromperanno, come pare prossimo negli USA, molti "zombi", che sopravvivevano proprio grazie ad esse, cesseranno di esistere generando una nuova crisi (chiusure aziende, licenziamenti, calo consumi, ecc.). Una nuova crisi che, tra l'altro, molti operatori finanziari si aspettano (lo stesso Burgess citato all'inizio lo afferma nel prosieguo delle sue dichiarazioni).

Cosa fare allora?

venerdì 11 dicembre 2015

La nostra esperienza con Banca Etruria … perché non accada più!

di
Francesco Zanotti

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Se qualcuno vi chiede soldi e vi dice che ve li restituirà solo se realizzerà un certo progetto, siete interessati a sapere di che progetto di tratta?
Certo.
Ma questo che c’entra con una Banca? C’entra perché una Banca va in crisi o meno a seconda di quale è il suo progetto di futuro. Se non ce l’ha o ce l’ha “sfigato”, anche il suo futuro sarà nullo a “sfigato”.
Detto questo arriviamo a Banca Etruria e alla nostra proposta perché quello che è accaduto a questa banca (e ad altre) non accada più.

Il progetto di futuro di una impresa sta scritto nel suo Business Plan.
Tutti gli anni noi assegniamo un Rating ai Business Plan delle Societàquotate agli indici FTSE Mib e Italia Star di Borsa italiana. Tra queste società molte sono banche. Tra le banche vi era (nel 2103) anche Banca Etruria.
In quel 2013 (a maggio), cioè due anni fa, noi abbiamo assegnato un Ratinganche al Business Plan di Banca Etruria.
Cosa “misura” il Rating del Business Plan? Proprio di quanto è “sfigato” un progetto di futuro.
E’ una misura della qualità dello sguardo sul futuro. Misura la qualità delle azioni strategiche che il management intende mettere in atto e la qualità del processo attraverso il quale le ha decise. Se le azioni sono povere e i processi decisionali sono oscuri, il Rating è basso. Il Rating del progetto di futuro di una impresa è basso dovrebbero suonare mille campanelli di allarme sul futuro dell’impresa.

Nel caso della Banca dell’Etruria il “voto” sulla completezza del Business Plan era 43 su 100 (il voto più basso tra le Banche quotate). E la qualità del processo di decisionalità strategica era zero nel senso che nel loro Business Plan non c’era alcuna indicazione sul processo che l’aveva generato.
Il giudizio complessivo era che il Business Plan della Banca Etruria era poco più di una brochure promozionale.
Questo giudizio avrebbe dovuto mettere in allarme tutti. Tra le mille cose implicite in questo giudizio vi è anche l’informazione che se un management non è impegnato a progettare il futuro, è probabile che … ecco ... usi il suo tempo per altro.
Il management della Banca in primis avrebbe dovuto preoccuparsi perché sono andati a presentarlo loro personalmente. Non citiamo nomi perché non vogliamo fare parte della schiera dei vendicatori.
Ma anche Autorità di Controllo e Sindacati a cui abbiamo inviato tutti i Rating del Business Plan delle Società quotate. Ed anche l’opinione pubblica perché dei nostri Rating aveva parlato autorevolmente la stampa.

Quale è la morale che dovrebbe concludere ogni storia che si rispetti? E’ una proposta.
Tutte le società quotate (quelle che vogliono attingere al risparmio) dovrebbero rendere pubblico il loro Business Plan. E questo Business Plan dovrebbe avare un Rating. Soprattutto dovrebbero fare il loro Business Plan le banche e dovrebbero esigerlo obbligatoriamente ai loro clienti.
La sintesi della proposta: il problema è che tutti insieme si traguardi continuamente ed appassionatamente il futuro. Crediamo che in questo modo il confronto tra Sindacati, Banche, Imprese, Organi di Controllo e gli altri Stakeholder diventi una alleanza progettuale per il futuro.


Ma e le furbizie dei furbetti di tutti i quartierini d’Italia? Li sgamaremmo subito perché li vedremmo annoiati, persi e infastiditi in tutti i momenti progettuali. E valuteremmo anche il management. Perché è ora di piantarla di pagare profumatamente personaggi che sanno far scrivere (perché manco li scrivono loro) Business Plan che sono poco più (qualche volta anche più confusi) di una brochure commerciale.  

sabato 5 dicembre 2015

Ma serviranno a qualcosa gli "stimoli" della BCE?

Colonne d'Ercole

Oltre lo stretto di Gibilterra alla ricerca di "fondamentali"
dell'economia e della finanza migliori (o uguali?).

di
Luciano Martinoli



E' di oggi la notizia del prolungamento e allargamento delle misure di quantitative easing, orientate allo stimolo dell'economia reale, da parte della BCE. Al proseguire di tali misure, che neppure negli Usa che hanno iniziato tali pratiche ben prima di noi hanno totalmente raggiunto l'obiettivo, c'è da chiedersi se saranno realmente efficaci. In termini più generali la domanda che sorge legittima è: la BCE sta indirizzando il vero problema all'origine del mancato sviluppo o causa, inconsapevolmente, altro (ad esempio l'ipertrofia della finanza la quale ormai è fortemente disaccoppiata dall'economia reale, come il suo sviluppo, coincidente con la crisi di quest'ultima, sembra dimostrare)? 

Sviluppo, ricerca e innovazione: cosa significano?

di
Francesco Zanotti

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Son tre parole considerate da tutti chiave di tutto.
Ma siamo sicuri di sapere cosa significano? Credo proprio di no! E se non lo sappiamo, nè abbiamo una visione comune come potremo perseguirli?
Sviluppo: a quale sviluppo ci riferiamo? Allo sviluppo della presente economia o alla creazione di una nuova economia?
Ricerca: a quale ricerca ci si riferisce? Pensate allo sviluppo della Big Fisica (Tipo LHC ) alla ricerca della Teoria del Tutto oppure pensate allo sviluppo di una fisica dell’emergenza? Pensate ad una biologia riduzionista o più sistemica? Pensate allo sviluppo teorico delle scienze umane o pensate di lasciarle andare lungo la china dello scientismo ottocentesco … E mille altre domande.
Innovazione: cosa pensate di innovare?  Considerate la digitalizzazione una innovazione o l’estrema conseguenza del pensiero scientifico classico? Pensate a prodotti e servizi radicalmente diversi o a gadget per fare sopravvivere quelli già venduti … E mille altre domande.
Amici che proponete sviluppo, ricerca e innovazione, è troppo disturbo specificare cosa secondo voi significano?


mercoledì 2 dicembre 2015

La ripresa non ci sarà … come purtroppo avevamo detto

di
Francesco Zanotti

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Avere ragione quando si predicono evenienze negative non è divertente. Ma serve a ricordare che le soluzioni erano e sono a portata di mano. Basta non voler conservare … significa conservare.
Esattamente 7 anni fa (il 2 dicembre 2008) scrivevo su Balbettanti Poietici il seguente post che ripropongo ora qui. I commenti non servono …

Leggo sul Sole 24 Ore di oggi (2 dicembre 2008), a firma Carlo Bastasin, un pregevole articolo dal titolo “La fiducia e il costo delle riforme”.
Mi ha colpito molto una affermazione, quasi un certezza, che a me sembra proprio sbagliata. E se è sbagliata rende problematiche tutte le osservazioni (non mi sembra vi siano proposte) e le esortazioni al Governo presenti nell’articolo. Come quando togliete una pietra angolare …

L’affermazione è  “Anche gli scenari peggiori contano in una ripresa globale nell’arco di 6-16 mesi.”. (Nota: ricordo che si tratta di una previsione fatta nel 2008).
Beh una prima cosa da dire è che previsioni di questo tipo lasciano perplessi. Hanno una variabilità così rilevante (16 mesi sono quasi tre volte 6 mesi)  che è come se, quando andate a comprare le scarpe, dite al commesso che avete un numero tra il 32 e circa il 90. Francamente: di una previsione di questo tipo non ce ne facciamo quasi nulla.

Ma la domanda più importante è un’altra.
Si prevede, sia pure con una incertezza quasi esiziale, la ripresa dell’economia, ma: di quale economia?
Se la risposta è: di questa economia, allora è una risposta completamente errata.
La ripresa di questa economia non vi sarà. Le ragioni sono sostanzialmente due … Più tante altre …