"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

lunedì 31 gennaio 2011

Di lontano, di sfuggita, un comizio della FIOM:non distruggete tutto con le ideologie!

 
di
Francesco Zanotti

Passando Venerdì 28 gennaio in P.zza Duomo a Milano, ho ascoltato la chiusura di un comizio della FIOM.E mi è venuta spontanea la voglia di urlare: piantatela di buttare via tutto per adorare idoli ideologici … E l’urlata non sarebbe stata diretta solo alla FIOM.

Certamente la Dirigenza della FIOM, soprattutto quella storica, si fa guidare da scorie ideologiche di un passato che dovrebbe essere lasciato quieto nei libri di storia. Ma in questa FIOM ho ascoltato anche il vento nuovo della voglia nuova di un nuovo mondo che potrebbe rompere per sempre con il passato.
Purtroppo a sostenere la vecchia ideologia anti impresa ed a permettere che essa soffochi tutte le voglie di nuovo, che in una società complessa serpeggiano in ogni gruppo umano, da’ un gigantesco contributo un’altra posizione altrettanto ideologica e superata: quella di Marchionne.
Credo che occorra avere il coraggio di dirlo forte: Marchionne rappresenta una visione del mercato e dell’organizzazione, della persona umana e della società che sono, oltre che economicamente devastanti, anche scientificamente superate.

lunedì 24 gennaio 2011

Riformare Confindustria? Certo! Ma prima ...

La Presidente di Confindustria ha dato ufficialità all’esigenza, oramai diffusamente sentita, di riformare questa Associazione.
Io credo che, prima di progettare qualunque proposta di riforma sia il caso di farsi una domanda alla quale non ho ancora trovato risposta organica. Solo pezzi di risposta che mi sembrano davvero molto conservatori.
La domanda è: ma dove sta andando il sistema imprenditoriale italiano?
E’ una domanda fondamentale ed inevitabile perché è rispondendo ad essa che si capiscono le esigenze dei Soci di Confindustria, cioè le imprese.
Provo a dare una risposta da sottoporre al dibattito.

lunedì 17 gennaio 2011

La FIAT: né sì, né no …Ma: diverso!

di
Francesco Zanotti

La tesi che voglio proporre all’attenzione del lettore è brutalmente semplice.
Non ha vinto nessuno.  Due classi dirigenti (quella FIAT e quella Sindacale) hanno scelto di scontrarsi. Così hanno aggravato il problema e sono riusciti a nascondere a tutti quella grande opportunità che è costituita dalle nuove conoscenze disponibili per costruire una nuova impresa e nuovi mercati, per ripensare in modo radicalmente diverso dal passato alle sfide del cambiamento strategico ed organizzativo. E per impostare in modo radicalmente diverso l’annosa, dibattuta, ma mai vinta sfida della rappresentatività.

Ecco la “dimostrazione” della mia tesi. Che inizia con il raccontare una storia …

Si narra che in una grande azienda metalmeccanica vi fosserodue operai che ad ogni cambio di attrezzo di una certa macchina si impegolavano in discussioni lunghe e difficili. Ad ogni spettatore di queste disputela materia del contenderesembrava sempre molto flebile. Immediatamente si intuiva che la contrapposizione di contenuto era solo uno strumento per esprimereil disagio che queste due persone provavano nel relazionarsi tra di loro.

Questa diatriba a puntate generava problemi non solo di produttività, ma anche di sicurezza e di qualità del prodotto.

In ogni giornata lavorativa di “grane”di questo tipo se ne manifestavano a bizzeffe, in ogni angolo dell’organizzazione. Solo per fare qualche altro esempio, ma davvero solo qualcuno: opinioni diverse, ma rigide ed ideologiche, che portavano a scontri continui; scorie ideologiche che generavanopregiudiziali atteggiamenti anti-impresa, desideri di auto realizzazione che si sfogavano in trasgressione delle regole, comprese quelle di sicurezza; meccanismi sociali negativi come la ricerca dal capro espiatorio, il formarsi di gruppi chiusi, difensivi.

Tutti queste “grane” erano la causa più rilevante di scarsa produttività, scarsa sicurezza, scarsa qualità. Come si dice oggi queste grane erano l’ostacolo più rilevante all’acquisizione di competitività.

Come ha affrontato il problema questa impresa?

lunedì 10 gennaio 2011

Vecchie parole da non usare più. Nuove parole per costruire sviluppo.

di
Francesco Zanotti

Cominciamo a fare l’elenco …

Le parole da non usare più (hanno generato la crisi attuale) sono: capitalismo, socialismo, economia di mercato e competitività. Esse hanno generato la crisi attuale e ne stanno impedendo la soluzione.
Le parole da usare: imprenditorialità aumentata, conoscenza e metodo. Sarà attraverso di esse che si potrà tornare a costruire sviluppo.

Le righe seguenti evidenzieranno l’esigenza di una nuova imprenditorialità aumentata, indicheranno un percorso per praticarla ed, alla fina, sia pur brevemente, indicheranno alcuni strumenti già disponibili per chi si fosse stufato di una competitività che distrugge imprese, persone e socialità.

L’imprenditore come demiurgo di una nuova società
L’imprenditore non è un “proprietario” che investe e possiede i mezzi di produzione. Non è neanche un manager che pianifica e “maneggia”. E’ un demiurgo di nuove società.
L’imprenditore si pone di fronte alla realtà, alla natura e alla società, in un modo tutt’ affatto particolare: con la sindrome di Dio. Intendo dire: con la voglia di costruire un mondo a sua immagine e somiglianza.
Ponendosi in questo modo di fronte alla realtà esterna, e, proprio solo perché si pone in questo modo di fronte ad essa, l’imprenditore scopre che  è ricca di potenzialità di divenire. Cioè: ricca di esigenze immature, incerte, embrionali che possono concretizzarsi in mille modi e, quindi, di mondi diversi e, spesso, mutuamente escludentesi.
E, poi, scopre che è straricca, sempre più ricca, di tecnologie dalle mille prestazioni possibili, che sembrano fatte apposta per trasformare le potenzialità di divenire della società in concreti nuovi mondi.

L’azione imprenditoriale: un processo di creazione sociale
L’imprenditore, novello demiurgo, di fronte all’universo di potenzialità che può potenzialmente cogliere, sceglie quelle che considera più vivide, che vede più chiaramente, che lo emozionano di più.
Forse nel passato era meno vero, ma oggi lo è di certo: il limite dell’azione imprenditoriale non sta nelle potenzialità di divenire che emergono dalla società, che sono praticamente infinite. Forse un po’ sta negli strumenti progettuali (la cultura d’impresa) oggi disponibili per attualizzare queste potenzialità. Ma, soprattutto, sta nello sguardo dell’imprenditore, nella sua vastità, profondità ed audacia.
Ad ogni modo, nei limiti permessi dal suo sguardo egli immagina una sua proposta di prodotto o servizio usando alcune delle prestazioni potenziali delle tecnologie che riesce a vedere e comprendere.
La sua proposta è inevitabilmente incompiuta, ma, se riesce ad essere emozionante, mobilitante, allora attiva un dialogo tra il mondo interno (l’organizzazione che l’imprenditore ha creato intorno a sé) ed il mondo esterno all’impresa.
E’ questo dialogo  che fa “maturare”, concretizzare, precisare le mille esigenze potenziali in esigenze definite, le mille potenzialità delle tecnologie in un prodotto che soddisfa queste esigenze e le mille potenzialità organizzative  in una organizzazione specifica capace di costruire con efficienza e vendere quel prodotto.
In sintesi, credo si possa dire che l’azione imprenditoriale è un processo di creazione sociale. Ma di cosa?