"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

martedì 28 febbraio 2012

Moratoria e ristrutturazione del debito: contabilità del declino o rilancio dello sviluppo?


di
Francesco Zanotti


Il rapporto tra banca ed impresa è spesso (sempre più spesso?) concentrato sui processi di ristrutturazione del debito. Oggi sarà siglata una nuova moratoria per i debiti a lungo termine che costituisce un ulteriore supporto a questo processo di ristrutturazione nella speranza di costruire sviluppo.

Ma attenzione a non avvitarsi nella contabilità del declino!

Con diligenza le banche, prima di accettare di ristrutturare il debito, vogliono vederci chiaro: vogliono piani industriali precisi e dettagliati, ma che … dicano cosa? Sostanzialmente quanto l’impresa riuscirà a snellire la sua struttura di costi permanentemente (riduzioni del personale, nuovi canali di acquisto di materie prime etc.) o temporalmente (ad esempio, attraverso la cassa integrazione).
Per studiare questi business plan non servono conoscenze (modelli e metodologie) di strategia d’impresa, ma competenze contabili e finanziarie.
Purtroppo, però, la via della riduzione strutturale o temporale dei costi non può risolvere il problema perché è fondata su di alcune ipotesi che non possono realizzarsi.

giovedì 23 febbraio 2012

Torniamo sulla sfida del lavoro: una nuova prospettiva possibile


di
Francesco Zanotti


In realtà la soluzione al problema del lavoro è banale …
Proviamo a chiederci quale è il ruolo dei lavoratori in una impresa. Beh, la risposta sembra semplice: lavorare, produrre.
Bene se questa è la risposta, allora il problema non è risolubile: se la nostra economia non cambia radicalmente, per il prossimo futuro ulteriori garanzie (ma anche quelle attuali) non sono sostenibili e i posti di lavoro non aumenteranno. Più sinteticamente: se il lavoratore deve solo lavorare quando non c’è lavoro non ha ruolo.
Per fortuna il ruolo del lavoratore non può più essere solo quello di produrre.
Deve anche essere (e non per gentile concessione o per conquista dopo una lotta) quello di progettare sia l’organizzazione che la strategia.
Discorso imbarazzante e spiazzante, ma inevitabile. Il lettore mi lasci spiegare.

mercoledì 22 febbraio 2012

Conservazione esiziale: il caso MPS


di
Francesco Zanotti

MPS vola in Borsa … Cioè il suo “valore” aumenta improvvisamente, come quando si è colpiti da un inesorabile mal di gola …
Ma cosa è cambiato così intensamente e repentinamente? E ’stato pubblicato un progetto strategico che promette di rivoluzionare il sistema bancario? No! Si sta percependo che la banca è contendibile.
Ma cosa significa questo se non conservazione dura e “pura”. Significa che la banca è considerata produttrice di ricchezza in ogni caso e per l’eternità. Quello che è importante è cercare di diventarne i padroni per accedere a questa produzione di ricchezza senza “se” e senza “ma”.
Ma di “se” e di “ma” ce ne sono a valangate.

martedì 21 febbraio 2012

Domanda ingenua … O realtà costruita?


di
Francesco Zanotti

Ieri sera ho sentito all’Infedele una “domanda ingenua” di uno storico (di cui non ricordo in nome. Me ne scuso) che proprio tanto ingenua non mi è sembrata.
Valenti ed esperti economisti (tutti coloro che leggono i nostri blog conosco la mia opinione sulla “scienza” economica … ) si sono sprecati nel denigrare la Borsa di Milano: piccola, asfittica, inadatta a veicolare capitali di sviluppo. Di fronte a questa alzata di scudi, la domanda dello storico: ma se è così marginale perché tutti i giorni ci riempite la testa attraverso i media con l’andamento della Borsa di Milano come se qualche percentuale in più o meno del nulla fosse quasi come l’Oracolo di Apollo sui destini futuri del nostro Paese?
Faccio mia la domanda: perché?
La risposta per me è evidente: ...

sabato 18 febbraio 2012

Ristrutturare o inventare nuovi futuri?


di
Cesare Sacerdoti

Il Sole 24 Ore del 17 febbraio 2012 sottolinea che “nel 2012 si annunciano ampie ristrutturazioni” (pag 45), sottintendendo  che ciò comporterà un effetto negativo sul mercato del lavoro e un aumento della disoccupazione.
Perché nel linguaggio corrente “ristrutturazione di un’azienda” significa automaticamente tagli occupazionali, di solito accompagnata anche da una ristrutturazione del debito.
Ma è davvero così?
Se partissimo dalla considerazione che le risorse umane sono uno degli asset principali di un’azienda (concetto condiviso da tutti, a parole), allora tagliare posti di lavoro significa ridurre gli asset aziendali. Ma, si obietterà, se non si tagliano i costi del personale non si recupera competitività.
E qui riteniamo stia il problema principale: la competitività, uno dei mostri sacri dell’economia attuale.

mercoledì 15 febbraio 2012

Un Rating Progettuale per i Business Plan

di
Francesco Zanotti e Riccardo Profumo

Il Sole 24 Ore lancia l’allarme “credit crunch”. Quest’anno, secondo il Centro Europa Ricerche, ci saranno 200 miliardi di impieghi in meno. E, nella stima di Prometeia, 25 mila imprese falliranno finendo tecnicamente in default e bruciando 625 mila posti di lavoro. Una prospettiva drammatica, che è il risultato di una tensione crescente nel rapporto tra banca e impresa, sintetizzata dal peggioramento riscontrato negli ultimi due anni dall’Istat che ha fissato nel 12% la quota di imprese che non ha ottenuto credito dalle banche, mentre il 33% ha visto diventare più onerose le condizioni.

Contemporaneamente si sottolinea la necessità di cambiamenti strategici profondi che le banche cercano di assecondare, accettando progetti di ristrutturazione del debito. Ma, da un lato, i cambiamenti sembrano lenti e parziali. E, dall’altro, non sembrano produrre i risultati promessi.
Tipico è il caso dei processi di ristrutturazione del debito. I risultati previsti dai business plan che giustificano questo tipo di operazioni si stanno realizzando sempre meno, costringendo a continue ristrutturazioni che ottengono l’unico risultato di protrarre artificialmente la vita di troppe imprese, mentre la loro capacità di produrre cassa continua a peggiorare.

Per uscire da questa situazione forse è anche necessario attuare riforme profonde al nostro sistema Paese. Ma questo tipo di intervento produce risultati solo in tempi lunghi. E risultati di incerta durata: anche gli altri Paesi cercheranno di riformarsi per diventare più competitivi in una corsa senza fine.

Una soluzione stabile sta solo nella ripresa della capacità di produrre valore (fatturato, margine e
cassa) delle nostre imprese. Per raggiungere questo obiettivo è necessario aumentare la capacità di valutazione e progettualità strategica di banche ed imprese.

Per aiutare banche e imprese ad aumentare la loro capacità di valutazione e progettualità strategica, abbiamo ideato uno strumento: un Rating progettuale dei business plan.

Esso permette di valutare la probabilità che i risultati promessi in un business plan possono essere conseguiti.

L’abbiamo definito rating progettuale ed è fondato su di un modello ideale di business plan che, nel caso in cui il giudizio di rating sia problematico, fornisce una guida su come cambiarlo.

sabato 11 febbraio 2012

Fage Dairy, la politica e una via semplicissima allo sviluppo


di
Francesco Zanotti

Parliamo di Grecia. In questo Paese, da un lato, la classe politica si sta dibattendo tra scelte che sembrano le une più disastrose delle altre. Dall’altro S&P ha alzato il rating di Fage Dairy industries, azienda greca che sta diminuendo i debiti grazie all’aumento della sua capacità di produrre cassa.
Prima di parlare della via semplicissima allo sviluppo che ho in mente guardiamo ad altre classi  politiche e ad altre imprese.
Tutte le classi politiche di tutti i Paesi, sia che optino per politiche economiche di destra o di sinistra oppure (in molti casi è così) ondivaghe, non stanno risolvendo la crisi. Forse (ma occorre vedere il prossimo futuro) qualcuno riesce a stare meglio a spese degli altri (la Germania), ma sono ottimizzazioni locali che rischiano di danneggiare il sistema complessivo.
Molte altre imprese stanno aumentando la propria capacità di produrre cassa. Apple in testa.

Conclusione?

venerdì 10 febbraio 2012

Intraprendere è un’altra cosa …

di
Francesco Zanotti

Leggo sul Corriere di oggi un articolo del Prof. Salvati dal titolo “Capitalismo, tigre da domare”. Onestamente mi sembra la fiera degli equivoci.
In sintesi, io credo che l’intraprendere non c’entri nulla col capitalismo. E’ un processo di creazione sociale di nuovi mondi. Tutte le imprese di grande successo sono state creazioni sociali di nuovi mondi.
Purtroppo la scienza economica attuale, ispirata alla logica dell’equilibrio, non è in grado di percepire queste dinamiche, che per altro ho descritto già molte volte in questo blog.
Il prof. Salvati si rivolge alla teoria della distruzione creatrice di Shumpeter. Che è uno dei pochi economisti che si sia occupato di dinamiche imprenditoriali. Ma anche Shumpeter non coglie il fondo di una dinamica imprenditoriale. Ne vede, innanzitutto, l’effetto sul vecchio mondo: “la distruzione” e dice che è solo attraverso questo distruggere che si può attivare la creazione. E conia il notissimo slogan “distruzione creatrice”. E’ solo il distruggere un equilibrio che permette di costruirne un altro.
Purtroppo è vero che, fino ad oggi, la costruzione di nuovi mondi è avvenuta sulle macerie dei vecchi mondi. Come è accaduto nell’Italia del dopo guerra. Ma la distruzione non è stata creata dagli imprenditori, ma dalle bombe.
Io credo sia il momento di riaccendere la voglia e la capacità di costruire nuovi mondi senza aspettare che qualche evento fatale ci distrugga quello attuale. Perchè c’è il rischio concreto che la distruzione, questa volta, sia definitiva.

martedì 7 febbraio 2012

Il piccolo risparmiatore e la cecità della grande azienda

Gratuita arroganza del "grande" verso il "piccolo" o semplice "ignoranza"?
Emersione spontanea della natura da "istituzione" ( e non da azienda) o drammatica incapacità di progettazione? 
di
Luciano Martinoli
luciano.martinoli@gmail.com


Supponete di essere un piccolo risparmiatore disponibile a prestare denaro alle aziende. Il vostro scopo è quello di investirlo al fine di realizzare un guadagno lecito e minimizzando il rischio di perdere il capitale. Si presenta al vostro cospetto il rappresentante di un'azienda che vi chiede un prestito.

Cosa gli chiedereste per capire se l'operazione soddisfa gli obiettivi che vi siete prefissati (guadagno e tutela del capitale)?
Penso che chiunque, dopo essersi assicurato dell'identità del soggetto e della sua solidità ATTUALE, pretenderà di capire cosa ci deve fare con quei soldi, ovvero leggere un piano convincente che illustri in che modo quel prestito realizzerà lo sviluppo dell'azienda, condizione necessaria per restituire il capitale prestato e remunerarlo.

Purtroppo questo banale e semplice percorso sembra non essere stato scelto da Enel nel suo piano di sottoscrizione di obbligazioni per i piccoli risparmiatori.
Come mai?

lunedì 6 febbraio 2012

Non sfruttiamo il dramma del lavoro …

di

Francesco Zanotti

Una soluzione al problema del lavoro esiste. E’ immediatamente applicabile. Ed è la soluzione che farà aumentare stabilmente anche la produzione di cassa delle imprese. E, quindi la possibilità di aumentare stipendi e salari. Non solo, ma anche di generare qualità, sicurezza, efficienza, rispetto dell’ambiente. Ne ho parlato nel post precedente.
Ma sembra una soluzione che non interessi a nessuno. Perché? Perché liberisti ed antiliberisti stanno, senza accorgersene, sfruttando il dramma del lavoro per continuare la loro eterna battaglia nella speranza di infliggere il colpo mortale all’avversario.
Un piccolo indizio che ha il peso di una prova: l’uso ossessivo della parola “profitto”.
E’ una parola a cui non corrisponde alcuna realtà. Vorrei che chi la usa provasse a specificare cosa vuol dire. Si troverebbe davanti ad una grandissima sorpresa: le si scioglierebbe in mano. Il suo vero ruolo è quello di  creare un sicuro riferimento per battaglie ideologiche.

venerdì 3 febbraio 2012

Alla base del nuovo mercato del lavoro: basta con la produttività …

di
Francesco Zanotti

Non occorre aumentare la produttività, ma scatenare energie progettuali.
Le energie progettuali che stanno sempre più crescendo nel cuore delle persone. Energie progettuali che possono portare velocemente alla rifondazione del nostro sistema industriale.
Oramai è chiaro: le persone sono gli unici possibili protagonisti dell’innovazione nelle imprese. Soprattutto nelle grandi imprese. La FIAT, per citare una icona, mobiliti i suoi operai in tutto il mondo per pensare ad un nuovo senso dell’auto e del trasporto individuale, invece di leticare con loro su qualche minuto di pausa in più o in meno. Le banche mobilitino le loro filiali per capire come supportare lo sviluppo dei territori. E via dicendo.
Sono il solito piccolo imprenditore che cito spesso. Se produco qualcosa che non mi comprano più, perché dovrei produrne di più in meno tempo?