"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

giovedì 24 marzo 2011

La CONSOB risarcirà i risparmiatori …

di
Francesco Zanotti

Su tutti i principali giornali si parla della sentenza della Cassazione che obbliga la CONSOB a risarcire i risparmiatori. Non tedio i lettori con i dettagli giuridici di questa sentenza. Ma voglio affrontare un’altra questione. Credo decisiva. Vale per la CONSOB, ma vale anche per le banche, i revisori ...

La domanda è: ma come faccio a capire se una impresa butterà o valorizzerà le risorse che raccoglie sul mercato, siano essi risparmi privati o fondi di investitori?
La riposta a questa domanda è decisiva. Infatti, anche se tutti i controllori avessero la massima attenzione e la massima buona volontà, ma non vi fossero strumenti per capire quale sarà il futuro dell’impresa alla quale sono state affidate le risorse finanziarie, sarebbero attenzione e buona volontà velleitarie.
Detto diversamente, tutti i controllori devono avere gli occhiali del futuro.

mercoledì 23 marzo 2011

Governance … di che?

di
Francesco Zanotti


Davvero … le parole ci stanno distruggendo.
Una della parole che sta spegnendo il nostro sistema economico (accanto ed in stretta sinergia con la parola “competitività di cui ho già detto spesso peste e corna) è: Governance.
Se ne è parlato per le Generali. Se ne parla oggi su tutti i giornali per Fonsai. Si dice esplicitamente: ora che Fonsai, con l’ingresso di Unicredit ha una situazione finanziaria ben definita: il problema da risolvere è quella della Governance.

Cosa si intende con questa parola? Sostanzialmente il problema di chi fa l’autista. Più in dettaglio: come si può creare un gruppo omogeneo di autisti (non basta un solo uomo al comando) che garantisca una guida forte e sicura alle imprese.
Poiché la posizione dell’autista è la posizione più “pregiata”, si scatena, ovviamente, la corsa tra i mille autisti che si dichiarano disponibili.

E cosa c’è che non va in questa storia?
Quasi tutto. Infatti, oggi non è necessario alcun autista. Oggi sono necessari progettisti. Le imprese, anche di servizi, devono rivoluzionare la loro identità, non essere guidate a destreggiarsi in un mondo che apprezza sempre meno la loro identità attuale. Se sono nei guai non è perché sono state guidate male. Anche perché, se così fosse, la possibilità di trovare “autisti” nuovi e molto più capaci sarebbe del tutto casuale. Gli autisti costituiscono una classe chiusa: si scambiano i posti tra di loro. Chi ha successo da una parte, poi, da qualche altra parte, non ce l’ha. Continuando il giro tondo, prima o poi, a caso, arriverà a guidare un’azienda dove avrà successo e, così, continuerà ad essere legittimato a partecipare al giro tondo.

Servono davvero progettisti di nuove identità. Ma questi devono essere radicalmente diversi dagli autisti. In brevissima sintesi, i loro strumenti devono essere la conoscenza e le metodologie di strategia d’impresa, mentre queste stesse conoscenze e metodologie sono inutili (infatti non le posseggono)  a chi fa di mestiere l’autista. Devono guidare processi progettuali che coinvolgono gli stakeholders sia interni che esterni alle imprese e non vincere battaglie di potere.

Se i progettisti devo fare dunque un mestiere radicalmente diverso dagli autisti perché vogliamo chiamarlo nello stesso modo: Governance?

La ragione è semplice: gli autisti non vogliono smettere di fare gli autisti! Non hanno alcuna intenzione di fare i progettisti.Non potrebbero neanche volendo. Ve li immaginate i protagonisti delle cronache finanziarie (che somigliano troppo alle cronache rosa) che studiano le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa ed attivano processi progettuali sociali?

La conclusione è che, purtroppo, occorre passare da una strada abusata ed antipatica: eliminare gli autisti del potere e sostituirli con progettisti preparati a quel ruolo. E’una strada abusata ed antipatica perché sarebbe meglio preparare gli autisti attuali al nuovo ruolo, necessario, di progettisti. Ma non è neanche possibile proporlo, affaccendati come sono nei giochi di potere, chiusi come sono tra le “relazioni che contano”.

lunedì 14 marzo 2011

Telecom, ripresa, globalizzazione: a chi conviene l'ignoranza "strategica"?

di
Francesco Zanotti


Non si può non tornare sul tema della strategia d’impresa. Sul problema dei guai che vengono generati dalla ignoranza (in senso “tecnico”: il non sapere) di tutte quelle conoscenze che servono a progettare strategia.

E’ stato trovato un accordo sul Vertice Telecom. E giustamente Massimo Giannini su Affari e Finanza (14 marzo 2011) si chiede che cosa farà il nuovo vertice: continuerà nel solco delle strategie passate o le cambierà? E conclude: nessuno lo capisce.
Io credo che il problema della “strategia” non sia passato neanche per l’anticamera del cervello di coloro che hanno costruito il nuovo equilibrio in Telecom. Telecom viene considerata come una istituzione a cui non servono mission e strategie. La sua funzione è immutabile come quella di tutte le Istituzioni. In una istituzione il problema è solo quello di scegliere chi la occupa.
Peccato che Telecom sia una impresa e che necessiti di profondi cambiamenti di mission e strategie …

mercoledì 9 marzo 2011

Credito, Instabilità e Valutazione del Rischio

di
Luciano Martinoli
Si è tenuta ieri, organizzata dalla società Aletheia, un evento dal titolo "Il credito alle imprese in tempi di instabilità. Occorre un ripensamento nei criteri di valutazione del rischio?"

Pur essendo stato organizzato in Assolombarda, la presenza degli imprenditori era scarsa e il tema sembrava più rivolto alle banche che a chi doveva beneficiarsi di questo potenziale ripensamento.

A me è sembrato un dialogo tra un cinese ed un turco, con l'unico livello di comunicazione assicurato dal linguaggio gestuale che i due riuscivano a stabilire.

venerdì 4 marzo 2011

Porter e il capitalismo da reinventare


di
Luciano Martinoli
Sull'ultimo numero di Harvard Business Review Italia è riportato un commento all'articolo di Michael Porter che fa un'analisi, e propone soluzioni, sull'attuale crisi del capitalismo. Se sull'analisi si può concordare, le proposte partono da un punto di vista che è la vera causa della crisi. Riporto integralmente il testo che affronta la questione

Le aziende, afferma Porter, devono attivarsi per riconciliare business e società e la strada da percorrere è quella di “creare valore condiviso”. ...La soluzione del valore condiviso comporta che la creazione di valore economico avvenga in modalità tali da creare valore per l’azienda ma anche per la società, rispondendo a un tempo alle necessità dell’azienda e alle esigenze di tipo sociale.

L'immagine che se ne ricava da questa affermazione è la seguente: da una parte vi è il mondo del business, aziende, mercati, finanza, ecc., da un altro, completamente staccato, il mondo reale, persone, società, natura con le sue risorse, ecc.
E' raro trovare nella storia dell'umanità una falsa convinzione che ha prodotto effetti più devastanti.