"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

domenica 29 maggio 2016

Luca Ricolfi, Riccardo Sanna e il mantra della produttività

di
Francesco Zanotti
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Leggo sul Sole 24 Ore di oggi un editoriale di Luca Ricolfi dove sostiene (come molti) che è indispensabile aumentare la produttività. E, poi, che non si sa bene perché la produttività in Italia non cresca a differenza di quanto accade in altri Paesi. In realtà aggiunge una sua ipotesi (onestamente dichiarando che non riesce a dimostrarla, ma ne sa dare solo indizi): che dipenda dal mal funzionamento dell’apparato statale
Per commentare queste affermazioni, partiamo da un seria analisi del problema della produttività effettuato da  Riccardo Sanna su http://www.rassegna.it/articoli/di-cosa-parliamo-quando-parliamo-di-produttivita.
Ricolfi propone come problema il funzionamento dell’apparato pubblico. Sanna, anche per evitare discorsi da “furbetti della produttività”, sposta il discorso dal denominatore (chi fa le cose) al numeratore (quante cose si fanno). E, in questo modo arriva alla individuazione delle politiche da mette in atto per rilanciare la crescita che sono quasi l’esatto contrario di quello che le politiche di austerità propongono.
Propendo ovviamente per la tesi Sanna e voglio fare un passo avanti.

venerdì 27 maggio 2016

Assemblea Confindustria: ma per produrre cosa?

di
Francesco Zanotti

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Certo che servono innovazione, uso delle diverse tecnologie … Anche se mi piacerebbe discutere di che scienza e tecnologia vogliamo sviluppare: non c’è un unico percorso di sviluppo scientifico e tecnologico possibile. Certo che sono importanti le tecnologie digitali, fino all’industry 4.0 ... Anche se mi piacerebbe parlare dell’industry 5.0 … Certo che le banche devono rischiare con le imprese, certo che va bene il Private Equity, i minibond  il crowdfunding (che non mi sembra sia stato citato) e tutto il resto …
Ma manca la risposta alla domanda fondamentale: per produrre cosa e come? Quale sistema di prodotti e servizi?
L’attuale sistema di prodotti e servizi diventa sempre meno interessante e sostenibile. E’ fisicamente ed antropologicamente impossibile sviluppare la nostra società partendo da questo sistema di prodotti e servizi.
Perché gli imprenditori riescano a immaginare un nuovo sistema di prodotti e servizi è necessario fornire loro non solo tecnologia e finanza, ma anche conoscenza. Sono gli schemi mentali attualmente in uso che bloccano lo sviluppo. E’ la limitatezza delle conoscenze disponibili che impedisce di immaginare grandi disegni.
E, poi si finisce nelle ingenue speranze o, peggio, nella conservazione inconsapevole.
Le ingenue speranze: immaginare che la tecnologia possa sostituire una carenza di progettualità. La tecnologia è solo una speranza ancora senza nome. Il senso alla tecnologia lo dà la progettualità imprenditoriale che si nutre di conoscenza.

Le tentazioni conservatrici sbagliate: competitività e produttività. Sono battaglie che non si possono vincere, che occorre continuare a combattere che assorbono sempre più energie per riempire il mondo di oggetti che nessuno vuole più ma che finiranno per soffocare l’uomo e la Natura.

mercoledì 25 maggio 2016

Unicredit: nuovo CEO e conservazione

di
Francesco Zanotti

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Ieri hanno dimissionato il dott. Ghizzoni. Da l’altro ieri si cerca un nuovo CEO.
Ma quali sono le sfide strategiche che dovrà affrontare?
Secondo Alessandro Graziano sul Sole24Ore di oggi sono l’aumento di capitale e la strategia paneuropea che, poi, è un modo per evitare un aumento di capitale vendendo asset europei.
Dobbiamo dire chiaro e forte che queste sono sfide di conservazione. Servono a continuare a fare banca come prima. E questo non è più sostenibile: costerebbe troppo alla collettività e non servirebbe a nulla.
La vera sfida è quella definire un nuovo sistema di servizi ed un nuovo ruolo sociale per la banca. Per fare questo servono nuove conoscenze rispetto a quelle disponibili nel sistema bancario. Non è mai esistita un strategia di innovazione senza nuove risorse cognitive. Quali sono? Innanzitutto le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa che oggi non sono nella disponibilità del sistema bancario.


venerdì 20 maggio 2016

RCS: chi offre poco, chi offre tanto, nessuno dice che ne vuol far...

di
Luciano Martinoli


Si alternano sulla stampa le notizie riguardo il nuovo assetto proprietario del gruppo editoriale. Dei due contendenti, che possiamo individuare in Cairo e Bonomi quest'ultimo in rappresentanza dei soci attuali, la stampa sta analizzando le offerte nel dettaglio e si fanno considerazioni sulla loro probabilità di essere accolte.
C'è qualcuno che si spinge ad analizzare le due offerte come "industriale", quella di Cairo che è del mestiere, e "finanziaria", quella di Bonomi che è un investitore, e considerazioni generali sul rapporto tra questi due mondi.
Peccato che queste, come altre considerazioni, risultino molto parziali rendendo indistinguibile la differenza tra industria e finanza in mancanza di dichiarazioni formali (Business Plan) sul quesito di fondo: acquisire RCS per farci cosa?

Ancora una volta balza in evidenza il "punto cieco" della nostra imprenditoria, il dare per scontato o inessenziali i progetti strategici (come le aziende andranno avanti) o fidarsi dei "cavalieri bianchi", che loro sì sanno come si fa... fin quando sono in vita.
Una pericolosa disattenzione al sottostante che è poi la motivazione principale dei nostri guai: cercare soluzioni non al cuore del problema, cosa e come fa l'azienda, ma intorno ad essa (finanza, acquisizione, controllo, ecc.)  

mercoledì 18 maggio 2016

Per rilanciare i minibond investiamo in imprese con strategie banali?

di
Francesco Zanotti

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Oggi sul Sole24Ore si parla di come rilanciare i minibond che sembrano languire. E nasce l’idea straordinaria. Diamo ovviamente incentivi fiscali, ma stiamo attenti a finanziare solo imprese che usano i soldi raccolti con i minibond per favorire la crescita dimensionale, la ricapitalizzazione e progetti di internazionalizzazione.
Allora, immaginiamo una impresa che costruisce un prodotto obsoleto. Che non interessa più a nessuno. Scarpe sfigate, per fare un esempio sempliciotto, ma utile.
Bene, anche una impresa di questo tipo può sviluppare un progetto per crescere dimensionalmente (magari comprando un concorrente che fa scarpe sfigate come le sue) e per cercare di commercializzare le sue scarpe all’estero. Ma così facendo non risolve il problema che costruisce cose che non compra più nessuno. E la probabilità che non restituisca il prestito, anche se è cresciuta dimensionalmente e ha speso soldi per andare all’estero, sono bassissime. Tanto basse quanto sono basse le probabilità che, improvvisamente, tutti vogliano comprare quelle scarpe sfigate.
Poi mi si deve spiegare come si fa rafforzarsi patrimonialmente aumentando i debiti.

Ma sarà mai possibile iniziare a fare discussioni che evitino decisamente banalità assurde?

sabato 14 maggio 2016

UnipolSai: continuità quando tutto cambia?

di
Francesco Zanotti

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Senza polemica, ma come si fa a cercare stabilità e continuità in un mondo in cambiamento? In cambiamento anche in aree sociali chiave come la previdenza e la sanità? Un cambiamento che porterà certamente ad un nuovo modello di welfare .. Vuole UnipolSai essere tra i protagonisti di questa cambiamento o subirlo?
La proposta è che in un mondo a tassi negativi e a crescita ridotta non si può fare granché. Non resta che stringere la cinghia su tecnologia ed efficienza.

Ma qui vi è lo stravolgimento della logica dell’intrapresa. Una impresa non piagnucola di fronte a quanto sta accadendo. Riconosce che quanto sta accadendo è frutto dei comportamenti (la crisi o la ripresa) delle imprese e si fa parte diligente nel cambiare questi atteggiamenti. Tornando al tema precedente, una compagnia di assicurazione, tutto il settore assicurativo unito, si fa carico di far emergere un nuovo sistema di welfare. E i tassi negativi? Lasciamo che stagnino insieme a tutti coloro che conservano con tecnologia ed efficienza. I titoli di chi realizza progetti strategici altri e forti voleranno.

mercoledì 11 maggio 2016

Lettera aperta al Presidente Vegas in occasione della relazione annuale

Egregio Presidente,

per aumentare significativamente la tutela degli investitori/risparmiatori riteniamo che quello che si fa e si pensa di fare oggi sia solo necessario, ma in nessun modo sufficiente.

La ragione, in estrema sintesi, è che il sottostante (cioè le imprese) dei titoli azionari o obbligazionari si modifica nel tempo, evolve.
Ci lasci spiegare utilizzando il caso di un prestito obbligazionario.
Supponiamo che siano disponibili, per ogni emissione di titoli obbligazionari, i prospetti informativi più completi e loro sintesi così efficaci da permettere al risparmiatore/investitore di avere una visione precisa sia della solidità che dei rischi dell’impresa che ha emesso titoli.
Questi strumenti non bastano. La ragione è che essi parlano solo del presente dell’impresa emittente. Il problema è che non sarà l’impresa presente, ma l’impresa futura a pagare le cedole e restituire il capitale all’investitore/risparmiatore.

Chi avrà ragione? Voci discordanti sul Sole24Ore

di
Francesco Zanotti

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Se sfogliate il Sole24Ore di oggi non potete non sentire un certo disagio.
A pag. 7 vi è un articolo di Luca Orlando dal titolo  “Produzione industriale al palo”.
Gli fa eco nella stessa pagina Paolo Bricco con “La gabbia che racchiude l’economia italiana”.
Vi fate prendere dallo sconforto, ma poche pagine più avanti si accende l’ottimismo. Barbara Ganz titola “PMI centro Nord oltre la crisi”.
Ottimismo subito spento la pagina dopo a cuasa di un articolo di Ilaria Vesentini dal titolo “Ripresa in arrivo al rallentatore”. Peggio è il sottotitolo: “Livelli pre-crisi raggiunti nel 2017”. In due anni chiuderà il 17% delle imprese”.
A chi dare ragione?

Che ne pensano le banche? Che ne pensano BCE e Banca d’Italia? Che ne pensano i Sindacati e il nuovo Ministro dello Sviluppo?

lunedì 9 maggio 2016

Erdogan, Aristofane e il Business Plan

di
Francesco Zanotti

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Erdogan che cerca di costruire una “neoligua” per controllare la società, Aristofane che dice “I pensieri elevati devono avere un linguaggio elevato”: due personaggi, due prospettive e due epoche completamente diversi, ma la stessa importanza al linguaggio.
Forse non è neppure il caso di riproporre l’importanza del linguaggio, tante sono le voci che ne raccontano l’importanza.
O forse sì?
Sì, in almeno un caso. Il futuro della nostra economia si decide sulla qualità della progettualità strategica che si condensa nel documento del Business Plan. Come ogni attività umana anche la progettualità strategica utilizza un linguaggio. Bene il linguaggio che oggi usano le imprese è banale. Quindi i Business Plan che ne derivano (ancora peggio se il risultato della progettualità strategica rimane nella testa dell’imprenditore) sono banali.
Per attivare una progettualità più intensa è necessario fornire alle imprese un linguaggio molto più ricco di quello che utilizzano oggi. Esso è costituito dalle conoscenze e dalle metodologie di strategia d’impresa.
Il linguaggio è lo strumento chiave per costruire sviluppo.