"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

martedì 29 maggio 2012

I tempi “insensati” delle organizzazioni


di
Francesco Zanotti


Le azioni nei confronti del mercato e del più generale ambiente sociale, politico e culturale vengono decise, da parte di una organizzazione (economica o non), in base a ragioni “interne”. Vengono attivate quando l’organizzazione lo ritiene più opportuno. E questo modo di procedere sembra naturale: che cosa c’è di sbagliato nel fatto che una organizzazione decida di fare azioni importanti verso l’esterno solo quando è “pronta”? Quando, ad esempio, tutte le caselle dell’organigramma sono a posto?
C’è di male il fatto che i tempi di sistemazione dell’organigramma dipendono dai processi negoziali interni che vivono in una dimensione del tutto autoriferita. Sono una continua battaglia di posizione che può anche prolungarsi nel tempo …
Il risultato è che si viene sorpresi dall’ambiente che bussa alla porta dell’organizzazione quando non si sente ascoltato. E, quando bussa, lo fa sempre violentemente. Si palesa all’organizzazione come minaccia, crisi.

lunedì 28 maggio 2012

Ma quale realtà?


di
Francesco Zanotti

Non sembra strana questa domanda. Anche perché ha una risposta molto semplice: la realtà che vogliamo. Possiamo costruire la realtà che vogliamo. E’ che vogliamo tenerci la realtà del passato e non abbiamo alcuna idea della realtà del futuro. Ed è questo il vero problema, ma andiamo con ordine.
Ho letto domenica sul Sole 24 Ore un fondamentale articolo di Marco Fortis dal titolo “Anche l’Italia è datripla A”.
Egli propone un punto di vista per guardare alla solidità finanziaria di un Paese, in modo “alternativo”, molto semplice e, secondo me, molto convincente. Egli sostiene che è innaturale usare il rapporto debito PIL per giudicare la solidità finanziaria di uno Stato. Il debito va, innanzitutto, commisurato al patrimonio. Occorrerebbe, quindi, considerare il rapporto “Debt/equity”.
Poi fa due calcoli, anche usando uno studio del Boston Consulting Group, considerando il debito aggregato di famiglie, imprese e Stato. La prima osservazione è che l’Italia ha il secondo aggregato di debito più piccolo dopo la Germania. Cioè siamo il secondo Paese (tra quelli industrializzati) meno indebitato del mondo e già questa è una scoperta non da poco.
Ma poi propone una domanda: quanto occorrerebbe prelevare dai conti dei cittadini che abbiamo depositi superiori ai 100.000 Euro per fare scendere il debito al 180% del PIL. E, qui, si scopre che l’Italia è anche uno dei Paesi più ricchi, considerando anche solo la liquidità. Perché, se poi si considerassero la altre voci patrimoniali (patrimonio immobiliare, artistico e naturale), si scoprirebbe che siamo di gran lunga il più ricco.

giovedì 24 maggio 2012

Pandora al contrario


di
Francesco Zanotti

La società industriale ha aperto un Vaso di Pandora al contrario. Un vaso che sta spargendo intorno a noi immense risorse di futuro: domande, conoscenze, opportunità.
Sono così tante, splendide e promettenti che lasciano attoniti.
Proviamo a discernere qualche stilla tra queste praticamente infinite risorse.

giovedì 17 maggio 2012

Facebook e GM: il futuro abita da un’altra parte


di
Francesco Zanotti


Sul Sole 24 Ore di oggi (allegato “Finanza e Mercati”, prima pagina dell’allegato) si legge che General Motors ha cancellato tutta la pubblicità a Facebook: questo tipo di investimento non rende perché non si traduce in auto comprate.
Mentre questo accade, tutti si stanno accalcando intorno all’IPO di Facebook, convinti che sia una delle società del futuro.
Forse è il caso di fermarsi un attimo a riflettere. Ma davvero sarà una delle protagoniste del futuro un’azienda che spera di vivere di pubblicità promettendo di far vendere un prodotto vecchio come l’auto?
E che offre servizi relazionali che permettono solo relazionalità banali e che hanno successo solo presso le generazioni “quasi giovani”: dai 20 ai 35. Perché i ragazzi veramente giovani cominciano a guardare con spirito critico una relazionalità che li costringe a scambiarsi (magari tra tantissimi) messaggi banali?
Certo costruirà il futuro del suo fondatore … 

martedì 15 maggio 2012

Finanza e sistemica: bolle finanziarie o bolle di conoscenza?


di
Francesco Zanotti

Si dice che sia la finanza “strana” (derivati) il vero colpevole della crisi finanziaria e, quindi, della crisi globale successiva.
Ora, al di là della osservazione che la crisi della finanza “complicata” è solo una delle manifestazioni di una crisi più complessiva (una vera e propria ecologia di crisi), vorrei provare a capire cosa ha generato la crisi di questa finanza.
Basta conoscere la teoria dei sistemi autopoietici per averne una visione chiara. Non si tratta di regole insufficienti o di mancanza di etica: si tratta di inevitabilità sistemica ...

domenica 13 maggio 2012

Consulenza e spending review … Tocca a noi rinnovarci


di
Francesco Zanotti

Leggo sul Sole 24 Ore di un paio di giorni fa un articolo sulla consulenza e sulla spending review con riportate le opinioni di Ezio Lattanzio, Presidente di Assoconsult.
Sono d’accordo che sarebbe scioccherello tagliare le consulenze con accettate indiscriminate. Sono ovviamente d’accordo (faccio il consulente di direzione da sempre) sull’utilità della consulenza.
Ma, credo, che per affermare il ruolo della consulenza, occorra che la stessa faccia un grande salto in avanti. Provo ad individuarne le direzioni ed ad avanzare una proposta.

giovedì 10 maggio 2012

Urlo (di dolore e orgoglio)

Considerazioni personali, e aperte a tutti, dopo il seminario del 9 Maggio

...iniziai a raccontare ciò che da anni mi schiacciava l’animo: lo scoramento vuoto che vedevo stendersi sulla mia gente e sulla mia città, l’inarrestabile scadere dell’ambizione, l’abbandono dei sogni più fragili e ingenui eppure più vitali, l’immorale diffondersi della consapevolezza che il futuro sarebbe stato peggiore del presente.


Inizio dal dolore, prendendo a prestito le parole di Edoardo Nesi dal suo Storie della mia gente. Mi colpisce ogni volta sopratutto "l’immorale diffondersi della consapevolezza che il futuro sarebbe stato peggiore del presente".
Non possiamo consentirlo, è contro i nostri figli, contro i nostri avi che ci hanno lanciato nel futuro per renderlo un posto migliore, contro la nostra umanità.
Ma il futuro può essere migliore in tanti modi possibili, tutti da costruire, non da subire.

Da dove partire? 
Da ciò che siamo stati: creatori di imperi prima di qualsiasi altra civiltà occidentale, creatori di Rinascimenti, diventata la parola stessa l'antonomasia, in qualsiasi lingua, di ogni fenomeno sociale di grande innovazione e progresso, creatori di miracoli economici.
E allora scatta l'orgoglio, di poter essere anche noi degni di tanta eredità, di dover, e avere diritto, far maturare questo nostro patrimonio passato in ricchezza per tutta l'umanità.
Ancora una volta!

Chiedo allora a tutti coloro che leggono di unirsi all' "urlo di orgoglio".

Non per chiedere aiuti a chi è più grande di noi, il datore di lavoro, lo Stato, l'Europa, ma per trovare la forza e la convinzione di cambiare prima noi stessi, e volerlo fare sul serio. 

Prendendosi sulle spalle la responsabilità in prima persona di intervenire, ma non per riproporre le banali "soluzioni" finalizzate a rimettere a posto un "meccanismo" (che non va perchè è morto, non perchè ha un malessere passeggero). Per contribuire a far emergere una nuova idea di futuro. Questa volta migliore, molto migliore del presente.

Cercando, e proponendo, non innovazione misurata in quello che si sente per la prima volta, ma in ciò che non è mai stato detto prima.

Ripudiando le soluzioni e le proposte complessive che abbiano una giustificazione "tecnica", perchè i tecnicismi sono efficaci solo in ambiti banali (o banalizzati apposta per rendere illusoria l'efficacia dei tecnicismi). 

Ricercando ed abbracciando soluzioni e proposte complessive sociali, condivise da tutti perchè costruite insieme, in quanto non esistono vie "giuste" da percorrere, ma strade che "piacciono" perchè entusiasmano.

Anelando al confronto con i nostri simili non per affermare egoisticamente la propria individualità attraverso un conflitto teso a schiacciarli, ma per aiutarci, grazie alla loro diversità, a darci ulteriori strumenti per costruire, insieme a loro, il futuro che cerchiamo.

Questo non è un manifesto o una lettera aperta tra tante che si appellano a forze superiori, note o meno, per chiedere la salvezza

Questo è un "urlo" per farsi vedere, per comunicare agli altri che è disponibile a farsi "mattone" insieme ad altri "mattoni", pietre vive che non vogliono essere disposte dal progetto di un "grande architetto", ma costruire loro stessi il progetto che più le aggrada. 
Perchè sanno di esserne capaci.
Perchè il futuro lo vogliono costruire come piace a loro, non attenderlo come decideranno altri.


Luciano Martinoli
luciano.martinoli@gmail.com

venerdì 4 maggio 2012

Ragionamenti sbagliati


di
Francesco Zanotti

Sbagliati … Forse è meglio dire: ragionamenti che costruiscono la crisi. Sì la crisi è costruita dal nostro pensare …
Leggo sul Sole 24 Ore (ma non cito l’Autore per non innescare polemiche) un ragionamento di questo tipo. Le imprese tedesche stanno comprando tante imprese italiane, ma le comprano a prezzi di saldo perché oggi hanno prodotti competitivi, ma non hanno la liquidità per fare investimenti ed attuare le ristrutturazioni necessarie per ricominciare a produrre “valore”.
Cosa c’è di profondamente “sbagliato” in questo ragionamento?
C’è che ci si riferisce ad una competitività debole. Una competitività che permette solo la sopravvivenza. Se queste imprese avessero prodotti unici o con un rilevante livello di differenziazione di qualità e di capacità di servizio e non qualche piccolo vantaggio di prezzo, non avrebbero problemi di liquidità, ma produrrebbero cassa abbondante.
C’è che non avrebbero bisogno di ristrutturazioni, ma avrebbero i soldi necessari ad incrementare la capacità produttiva.
C’è che le imprese di cui si discute sono imprese che producono componenti, quindi, hanno una debolezza intrinseca di mercato.
Conclusione: è inutile che cerchiamo di difendere la struttura industriale esistente. Usciremo dalla crisi solo ridisegnandola profondamente. Per fare questo non servono soldi, ma una nuova capacità di progettualità strategica.