"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

lunedì 30 settembre 2013

Imprese come istituzioni … … finanziate, quindi, dallo Stato

di
Francesco Zanotti


Il 15 settembre ho postato una previsione. Ora ne posto un’altra. Che si avvererà se non facciamo nulla. Ecco la previsione: i debiti delle utilities non saranno più sostenibili nel giro di un anno o due. Sarà necessario ricapitalizzarle con soldi, ovviamente pubblici.
Se non facciamo nulla … Ma cosa fare … se si vuole che non si realizzi questa previsione?
Occorre che si riescano a scorgere i Segni del Tempo Futuro e immaginare progetti imprenditoriali altri e forti che dovranno prevedere nuove unità di business e la rivoluzione nelle unità di business esistenti. In modo da costruire nuove industry maggiormente attrattive in cui avere un posizionamento strategico tale da garantire la produzione di cassa necessaria.

Per riuscirci è necessario di disporre di nuove risorse cognitive. Ad esempio saper distinguere tra posizionamento strategico e posizionamento competitivo … Perché è solo da posizionamento strategico che è possibile dedurre la capacità di produrre cassa. 
Manager … auguri per un nuovo coraggio e una nuova conoscenza.

giovedì 26 settembre 2013

L’insostenibile peso delle imprese istituzioni

di
Francesco Zanotti


Sarà una delle prossime manifestazioni della crisi.
Piano piano sta emergendo che molte grandi imprese, soprattutto non industriali, si considerano istituzioni. Non sentono il bisogno di ridisegnare il loro futuro strategico. E lo dimostra il fatto che i loro Progetti Strategici sono solo budget economico-finanziari.

Il caso Alitalia è esemplare. Scrivevo più di un anno fa su questo blog:
“Ricordo i tempi in cui CAI ha comprato Alitalia. Avevo intravisto il documento che spiegava/giustificava l’operazione Alitalia: era definito “Information memorandum” … Sì, lo so che è l’espressione che si usa nel mondo della finanza … Ma “nomina sunt consequentia rerum” … Definire in questo modo un progetto di acquisizione dichiara, implicitamente, che si considera principalmente l’aspetto finanziario dell’operazione. E si ha la netta sensazione che la dimensione strategico organizzativa dell’operazione passi in secondo piano.”.
Naturalmente tutte le previsioni di produzione di utili e di cassa sono state completamente disattese. Sarebbe stato possibile prevedere che le previsioni non erano attendibili? Certamente sì! Bastava esplicitare il posizionamento strategico. Purtroppo il concetto di “posizionamento strategico” (strategico, non solo competitivo) era completamente sconosciuto a chi ha redatto l’Information Memorandum.

Il caso Telecom è esemplare da sempre.
Nel 1999 (cioè una vita fa) Milano Finanza mi pubblicava una lettera aperta (scritta insieme a Danilo Molaschi) indirizzata al dott. Bernabè dove gli chiedevo di specificare quale sarebbe stato l’impatto del “riposizionamento” dell’azienda (che intendeva fare) sui flussi di cassa. Ovviamente non ottenendo risposta: solo una imbarazzata telefonata di cortesia che auspicava un incontro che, altrettanto ovviamente, non c’è mai stato. In questo caso mancava la risposta anche ad una domanda “finanziaria”: sui flussi di cassa futuri.
Due anni fa ho inviato una prima individuazione del posizionamento strategico Telecom a qualche azionista privato. Sempre ovviamente senza ottenere risposta. Ed allora mi sembra giusto renderlo pubblico (è disponibile qui). Si vedrà che già due anni fa si evidenziava chiaramente ad ogni analista in possesso dello stato dell’arte delle conoscenze di strategia d’impresa l’esigenza di un ridisegno strategico organizzativo di cui nessuno si è occupato. E si vedrà che in quel documento si prevedeva cosa sarebbe successo se la riprogettazione strategica non si fosse attuata.

Vi saranno altri casi. Il caso più eclatante sarà quello delle banche che scopriranno che la loro attuale incapacità di valutare progetti di sviluppo strategico organizzativo ha fatto sottovalutare loro le reali sofferenze, hanno impedito loro di suggerire cambiamento strategico organizzativo, quasi sedute sulla sponda del famoso fiume a veder scorrere i cadaveri delle imprese.


La somma di tutti questi casi sarà a carico dei risparmiatori italiani.

martedì 24 settembre 2013

Cause cognitive della crisi: il pensare in termini di turbolenza ed imprevedibilità

di
Francesco Zanotti


Immaginate un mondo carico di infinite nuove potenzialità di futuro che attendono solo di essere concretizzate.
Immaginate una classe dirigente che non se ne occupi, perché troppo impegnata a contendersi i mercati esistenti (la competizione economica) e il potere sulla società esistente (la competizione politica).
Accade che queste potenzialità si concretizzano per conto loro, ma non sono capaci di coagularsi nel disegno di una nuova società. Allora diventano minacce che bussano, improvvise e sconosciute alla porta delle classi dirigenti.

La  imprevedibilità e la turbolenza sono figlie del disinteresse verso i nuovi mondi che ci stanno sbocciando sotto i piedi e che noi stupidamente calpestiamo. Non sono le cause inevitabili della crisi. Sono solo il risultato del non volere abbandonare il passato. O di cercare futuri che sanno solo di passato: la competitività, l’internazionalizzazione, le rete di banalità.

venerdì 20 settembre 2013

Rating Bancario e "Notte dell'Imprenditorialità"

di
Luciano Martinoli


Il Sole 24 Ore di oggi riporta un articolo sul declassamento del rating, l’ennesimo, di alcune banche italiane da parte delle agenzie di rating. Questa volta è il turno della Popolare di Milano e di Carige.
Quali sono i criteri, almeno relativi alle ultime due “vittime”, con i quali si è proceduto a questo giudizio negativo? Parrebbe, a detta degli autori dell’articolo, semplicemente singoli eventi. Sarebbe certamente interessante saperne di più, ma non è dato conoscere se questa lacuna informativa sia dovuta alle agenzie, che non motivano nel dettaglio le loro decisioni, o della stampa, che non le riporta.
In ogni caso ce ne è a sufficienza per porsi una domanda di fondo: quali sono i convincimenti di base delle agenzie di rating rispetto ai quali elaborano i criteri di giudizio? 
Detto in altri termini: quale è la loro visione del mondo?

domenica 15 settembre 2013

Previsioni … se non la smettiamo di conservare

di
Francesco Zanotti

Non è vero che le previsioni non sono possibili. E’ possibile prevedere quello che accade se si insiste nel conservare. Cosa significa insistere nel conservare? Significa ricercare competitività e non cambiare il sistema di risorse cognitive di riferimento.
Dunque se si continua a cercare competitività e non si cambia il sistema di risorse cognitive di riferimento accadrà …
Prima puntata .. brevissima
Accadrà che una parte consistente del nostro sistema industriale (diciamo introno al 30%) scomparirà nel giro di un anno. Questo comporterà un aumento insostenibile della disoccupazione e delle sofferenze delle banche. Occorreranno interventi dello Stato di dimensioni mai viste.
Previsione da sfatare usando nuove risorse cognitive che genereranno una nuova progettualità imprenditoriale e permetteranno alle banche di valutare la progettualità delle imprese che oggi non è considerata in nessun sistema di rating.

Quali nuove risorse cognitive? Le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa.

giovedì 12 settembre 2013

Ingenuità strategiche

di
Francesco Zanotti


… o sciocchezze pericolose? Decida il lettore. Il tema riguarda la competitività. In particolare, quel pezzo di competitività che è il costo del lavoro per unità di prodotto.
Viene considerata una priorità il ridurlo. Solo, si dice, diminuendo il costo del lavoro per unità di prodotto si riesce a diventare più competitivi.
Allora prendiamo il vero ed inevitabile obiettivo di fondo: aumentare la capacità delle imprese di produrre cassa. La riduzione del costo del lavoro deve portare ad aumentare la capacità di produrre cassa. Altrimenti non serve a nulla.
Bene, nessuna riduzione ragionevole del costo del lavoro porta ad un aumento dei flussi di cassa.
Ridurre il costo del lavoro non porta neanche a vendere di più perché mentre noi si riduce, gli altri non stanno a guardare: cercano di diminuire anche loro. E si innesca una battaglia di costi e prezzi che non aumenta, ma diminuisce la capacità di produrre cassa. Di più: si attiva anche una stretta cognitiva. Tutti pensano solo a come far funzionare meglio le imprese di oggi e nessuno pensa a progettare le imprese di domani.
Se poi qualcuno chiede dove si prendono i soldi per ridurre, ad esempio, il cuneo fiscale, ci si sente rispondere che si può attivare una dura Spending Review. Ma, domanda ingenua: visto che la spesa pubblica fa parte del PIL, non è che, se lo Stato spende meno, si riduce il PIL?

Auguri Italia.

lunedì 9 settembre 2013

Telecom e il cannibalismo industriale

di
Luciano Martinoli


Il 13 ottobre 1972  un aereo che trasportava una squadra di rugby uruguyana, insieme ad amici e parenti, si schiantò sulla cordigliera delle Ande ad oltre 3600 metri di altitudine, su una spianata di neve. I 16 sopravvissuti, terminate le poche scorte alimentari e dopo accese discussioni tra di loro, presero una decisione inevitabile per la loro sopravvivenza: cibarsi dei cadaveri dei loro compagni morti, seppelliti nella neve. Fu una forma di cannibalismo, forzata dagli eventi, che permise loro di sopravvivere fino al Natale di quello stesso anno, data in cui i soccorritori riuscirono a trovarli e salvarli. Per quanto dolorosa fosse la decisione, alternative non ve ne erano: fuori la carcassa della fusoliera, che servì loro da rifugio, non vi era altro che neve e rocce, nulla dunque che potesse sostentarli.

Recentemente le grandi aziende nel settore delle telecomunicazioni (Vodafone-Verizon, Microsoft-Nokia, ecc.), con la nostra Telecomitalia nel ruolo di preda, ritengono di essere nelle stesse condizioni e stanno adottando un comportamento identico. Il cannibalismo industriale ha però due differenze fondamentali rispetto a quello praticato dai superstiti delle Ande, anche se li accomuna la necessità (presunta, nel caso industriale) di sopravvivenza.

venerdì 6 settembre 2013

Stanno battendo moneta, ma poca!

di
Francesco Zanotti


Come tutti stanno verificando le grandi banche centrali stano battendo moneta. Per carità, non lo dicono così esplicitamente e garantiscono che sarà per poco. Ma oramai lo considerano indispensabile per non aggravare la crisi e, forse, per uscirne.
Ecco io credo che lo facciano in misura largamente insufficiente. Se pensiamo che non si debba tornare al baratto, allora occorre che la massa monetaria sia equivalente al valore delle cose che secondo noi hanno un valore. A mano a mano che aumentiamo le cose che hanno valore, è necessario aumentare della stessa misura la massa monetaria, altrimenti si formano e scoppiano le bolle finanziarie. Infatti, se si creano nuove attività, come le attività finanziarie, esse hanno senso solo se esiste moneta che corrisponde al valore che ad esse assegniamo. Se non esiste moneta sufficiente, per un po’ nessuno dice nulla, ma poi arriva il “pierino” che si fa la domanda: "ma queste attività che hanno un certo valore possono essere scambiate per moneta?" E scopre che la risposta è negativa. Allora si decide che quelle attività non hanno più il valore che era stato dichiarato e scoppia la bolla.
Provo anche a spiegarmi in un altro modo. O decidiamo che alcuni prodotti delle attività umane non hanno valore oppure fabbrichiamo moneta sufficiente per rappresentare questo valore. Tertium sono le bolle e il blocco degli scambi.
In sintesi, stiamo decidendo che una risorsa che fabbrichiamo noi, la moneta, deve essere scarsa. E questo distrugge il valore di quello che facciamo.
L’unica cosa più assurda è quella di non usare del tutto, anzi assegnare ad essa valore zero, all'altra risorsa che fabbrichiamo noi e che è ancora più preziosa: la conoscenza.


mercoledì 4 settembre 2013

Competitività e produttività sono controproducenti. Seconda lettera aperta a Guido Gentili


Egregio dottor Gentili,

forse nella tranquillità delle vacanze il rumore è più forte. Forse è questa la ragione per la quale non ho ricevuto risposta alla lettera aperta a Lei indirizzata, che ho pubblicato sul nostro blog il giorno 23 agosto e che Le ho inviato  personalmente per conoscenza. Ecco il link: http://imprenditorialitaumentata.blogspot.it/2013/08/competitivita-e-produttivita-sono.html
Mi rendo conto di proporre idee non consuete ed opposte alle Sue: le sfide oggi considerate da Lei rilevanti (competitività e produttività), sono, invece, banali. Anzi, fuorvianti rispetto alla sfida fondamentale alla quale ci troviamo di fronte: attivare una nuova progettualità economica, sociale, istituzionale, politica  culturale.
Contemporaneamente, però, sono certo che le mie idee siano culturalmente non banali. Fondate su ambiti di conoscenze rilevanti, pertinentissimi, ma che Ella non considera minimamente. Mi riferisco alle conoscenze e alle metodologie di strategia d’impresa, alle conoscenze sistemiche ed all'insieme delle conoscenze psicologiche, sociologiche ed antropologiche. Non cito riferimenti perché le conoscenze di strategia d’impresa le saranno certamente note visto che tratta delle strategie delle imprese. Non cito altri riferimenti perché, immagino, le siano ugualmente noti.
Perché non considera le mie idee, almeno per la autorevolezza delle fonti a cui si ispirano, meritevoli di commento? Glielo chiedo a nome mio e dei frequentatori del blog che costituiscono sia un pubblico qualificato che, anche, non esiguo.
La ringrazio se vorrà dare seguito a questa mia seconda lettera aperta il cui obiettivo è quello di riuscire a scatenare riflessioni, dibattiti e proposte diverse, visto che quelle attuali, oltre che culturalmente ingiustificate, sono (e non è un caso) praticamente inefficaci
Suo

Francesco Zanotti