"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

lunedì 29 ottobre 2012

Ladri, incapaci ed ignoranti


di
Francesco Zanotti

Il Presidente dei giovani industriali a Capri si è scagliato contro “Ladri, incapaci ed ignoranti”.
Io credo che ai ladri ci dovrebbe pensare la magistratura. Parimenti, credo che, per parlare di incapacità, occorrerebbe capire cosa si intenda perché, in generale, l’incapacità non può essere un giudizio assoluto, ma contestuale: chi si rivela incapace in un contesto, poi può non esserlo in altri.
Sull’ignoranza, forse, si può dire qualcosa in più. Basta riferirsi ad una conoscenza specifica. E, poi, l’ignoranza è facilmente “curabile” con l’insegnamento e lo studio.
Preferisco, allora, dare un mio contributo parlando dell’ignoranza.
Propongo una “misura” che ognuno può usare per se stesso per misurare la sua “non conoscenza” (termine molto meno inutilmente accusatorio di “ignoranza”). E scopra quanta è l’urgenza di porre rimedio a questa “non conoscenza”.

Comincio con un’osservazione banale: se un medico non conosce l’anatomia, beh ... è ovvio che la deve studiare. Anzi: c’è chi verifica che la sappia bene prima di laurearlo.

Veniamo allora all’impresa. Se un imprenditore usa qualche tecnologia tende ad essere aggiornata su quell’ambito tecnologico. Anzi, a volte, è egli stesso produttore di nuova conoscenza tecnologica.
Ora, in un periodo in cui le imprese devono progettare un futuro, che tendenzialmente dovrà essere molto diverso dal passato, l’area di conoscenza chiave diventa la strategia d’impresa. Sia per le stesse imprese che per le banche. Ora la misura di “conoscenza” (o “non conoscenza”) che propongo è questa: lo stato dell’arte a livello internazionale delle conoscenze e delle metodologie di strategia d’impresa.

mercoledì 24 ottobre 2012

Come fa un imprenditore a non disporre di …


di
Francesco Zanotti

… di conoscenze strategico-organizzative avanzate? Chi? Un imprenditore! Come fa un imprenditore, soprattutto un giovane imprenditore, a non disporre di conoscenze strategico-organizzative avanzate?
Certamente egli dispone di conoscenze avanzate intorno alle tecnologie fondamentali dei suoi prodotti, ma questo non basta, ovviamente. Infatti un imprenditore deve poter scegliere nuovi prodotti e nuovi mercati, deve valutare la potenzialità di produrre cassa dei nuovi prodotti e dei nuovi mercati, deve conoscere e saper gestire le dimensioni informali della sua organizzazione. Per fare al meglio tutte queste cose deve disporre delle più avanzate conoscenze strategiche ed organizzative. Anzi, deve disporre di conoscenze strategico-organizzative migliori di quelle dei suoi concorrenti.
Un imprenditore, come ogni uomo, fa quello che le sue conoscenze gli permettono di vedere e progettare.
Oggi un imprenditore è costretto ad indossare gli occhiali della competizione e, così, è costretto a competere. E’ costretto adottare una visione funzionale e meccanicistica dell'organizzazione che lo spinge a considerare naturale (ma non lo è per nulla) una “competizione” con i suoi operatori ed i sindacati che li rappresentano.
Perché ho detto “un imprenditore è costretto”?
Perché nessuno lo supporta nel reperire ed usare le migliori conoscenze strategico organizzative. E così accade che neanche sappia che esistono e che potrebbero fare la differenza tra una lenta agonia ed un forte sviluppo.

lunedì 22 ottobre 2012

Microsoft e il mestiere dell'impresa

di
Luciano Martinoli

Leggendo giornali e blog, ascoltando notiziari radiofonici e televisivi, dichiarazioni di alcuni imprenditori e manager, soprattutto delle grandi aziende, sembra che il mestiere delle imprese sia chiaro e ineludibile, quasi un destino al quale non si può sfuggire: occorre ripetere all'infinito,  solo in modo sempre più efficace ed efficiente, le cose che si stanno facendo da sempre. Un destino che sembra accomunare tutti, dall'oscuro terzista tessile del pratese alla Microsoft. E' però un destino che porta lentamente alla morte come proprio la Microsoft, fino a ieri innovatrice per eccellenza, inizia a mostrare dai suoi ultimi risultati: sembra giunta anch'essa al capolinea del fare le sempre stesse cose sempre meglio.

Perché la sola ricerca dell'efficacia e dell'efficienza porta le aziende alla morte?

FIAT e la Conoscenza


di
Francesco Zanotti

Leggo su Affari e Finanza di oggi un articolo di Salvatore Tropea sulla FIAT. 
Contiene una analisi preoccupante che disegna un futuro molto difficile per la FIAT.
Ma io credo che il caso FIAT vada visto alla luce delle più avanzate conoscenze di strategia e di organizzazione.
Guardando FIAT da questo punto di vista, si fa in fretta a scoprire cosa porta al baratro o a magnifiche sorti e progressive.
Verso il baratro la porta il fatto che Marchionne non ha la più pallida idea di che strumenti possano oggi offrire le più attuali conoscenze strategico organizzative.
Verso un futuro più roseo lo porterebbe l’utilizzo di queste conoscenze che gli permetterebbe sia di costruire una nuova proposta per il trasporto individuale, dalla quale derivare le caratteristiche dei nuovi prodotti, e un nuovo modello di organizzazione, staccandosi dal “metodo Toyota” e dalla conflittualità permanente effettiva.

Condivido l’osservazione di Tropea sul carattere un po’ particolare di Marchionne che non gli fa trovare gli alleati che gli servirebbero per spingere l’Europa a concedere incentivi. Ma vorrei leggere anche questo problema in chiave strategica. Noi siamo le conoscenze di cui disponiamo. Conoscenze povere comportano strategie rinunciatarie ed una relazionalità conflittuale.

giovedì 18 ottobre 2012

Fare strategia è pensare…


di
Samira Tasso
s.tasso@cse-crescendo.com

Questo post è il primo di una serie che pubblicheremo regolarmente e che descriverà le principali scuole del pensiero strategico ed organizzativo. Ogni post sarà accompagnato da un documento di dettaglio e di completamento che sarà scaricabile dal blog. Questi documenti diverranno parte di un libro che non solo presenterà lo stato dell’arte a livello internazionale del pensiero strategico e organizzativo, ma descriverà un nostro approccio che intende esserne un decisivo di superamento, fondato su di una nuova sistemica.


"…Cosa c'è dietro questo?  Andiamo, abbiamo sensi grezzi. Capirsi l’un l’altro? Dovremmo romperci a vicenda il cranio e tirare fuori i pensieri dalle fibre dei  nostri cervelli"


Con queste parole Georg Biichner drammatizza ciò che è riconosciuta come la scena primordiale della disperazione ermeneutica.
Avete mai pensato che fare strategia, in qualche modo, riguarda Il pensare?
La psicologia cognitiva offre spunti interessanti per comprendere le dinamiche “cognitive” che guidano il fare strategia.

D’altra parte, dove, se non nel cervello dell’uomo, si formano le strategie?
E il pensare dell’uomo non è un processo così limpidamente cartesiano…
In questo post proporrò alcune suggestioni che derivano da quella che viene definita “Scuola cognitiva”. Un discorso più ampio sarà disponibile nel documento “Fare strategia e dinamiche del pensiero: il contributo della scuola cognitiva al fare strategia” che riprende, completa e fornisce un nostro contributo a questa scuola di pensiero.
Il primo contributo della psicologia cognitiva è un invito a superare il concetto di razionalità assoluta.

martedì 16 ottobre 2012

Discorsi perversi intorno al mercato dell’auto


di
Francesco Zanotti

Leggo sul Sole 24 Ore un discorso che a me suona perverso. Riguarda l’auto. L’autore (Gian Primo Quagliano) analizza il mercato dell’auto e osserva che le prospettive non sono rosee, soprattutto perché c’è la crisi. E poi continua con un discorso che diventa tanto più preciso quanto più diventa “specialistico” sull’attuale mercato dell’auto.
L’Autore considera la crisi esterna al mondo dell’auto. Una crisi che è piombata addosso inopinatamente a seri costruttori di auto disturbando le loro magnifiche sorti e progressive.
Sfugge all’autore una considerazione che a me sembra banale. La crisi che indubbiamente stiamo vivendo (e che sta peggiorando) sembra sia stata creata da alieni malvagi. E noi stiamo lì a cercare di difenderci (competitività e riforme) attendendo che passi.
La crisi che stiamo vivendo, invece, è frutto delle nostre scelte strategiche, sia nel piccolo che nel grande.
Se i costruttori dell’auto non vogliono accorgersi che il modo di intendere il trasporto individuale, rappresentato dal tipo di auto che vengono proposte oggi, ha fatto il suo tempo, un tempo che non tornerà più, allora sono tra i massimi costruttori della crisi economica.
Se, soprattutto la FIAT, insiste a mitizzare ed usare modelli organizzativi e produttivi che sono psicologicamente, sociologicamente, antropologicamente troppo primitivi, intrinsecamente generatori di conflitti e distruttori di empatia e cooperazione, allora la FIAT è tra i massimi costruttori della crisi sociale.
Ecco la perversione: chiamarsi fuori quando si è pesantemente dentro.
Per eliminare la perversione e costruire subito un nuovo futuro, dobbiamo riconoscere che il mercato dell’auto è in crisi per mancanza di visione e di risorse cognitive (competenze strategico-organizzative). Il mercato dell’auto si trasformerà quando i suoi manager, invece di continuare ad adottare modelli prometeici di gestione, proveranno ad accostarsi al nuovo mondo delle conoscenze strategico-organizzative che risuonano delle nuove conoscenze scientifiche e filosofiche.
Generalizzando, la crisi sarà superata quando le nostre classi dirigenti accetteranno di apprendere le nuove conoscenze strategiche, organizzative, scientifiche e filosofiche che permetterebbero loro di avere nuove visioni e attivare nuove progettualità.

giovedì 11 ottobre 2012

Sconti fiscali e … stupidaggini


di
Francesco Zanotti

Stamattina leggo in prima pagina sul Sole 24 Ore un giudizio sulla “Manovra” (che il Governo non vuole chiamare così, ma nessuno gli dà ascolto) di ieri.
Al capitolo “Sconto fiscale” trovo un giudizio di “alta efficacia”.
Sì, mi sembra proprio una stupidaggine.
Innanzitutto, si tratta di due soldi: si parla di 1,6 miliardi per un biennio a partire dall’anno prossimo. Quante sono le imprese in Italia? Facciamo 1,6 milioni, così per fare i conti semplici … ma sono molte di più! Allora diciamo che se fossero 1,6 milioni riceverebbero 500 Euro l’anno … E, da ripartire su quanti lavoratori?
Ma non basta. Guardiamo alle tante piccole imprese terziste che stanno perdendo i loro unici clienti e non hanno mai imparato a stare da sole sul mercato: che importa loro se qualcuno gli fa l’elemosina?
E guardiamo alle altre imprese … Con questi “incentivi” quanta “competitività” potrebbero recuperare? Quante risorse potrebbero dedicare ad aumentare stipendi e salari? La risposta non la si sa. Quindi si tratta di un investimento di cui non si ha la più pallida idea di quale possa essere il ritorno. Certo neanche un Euro se i lavoratori sono in cassa integrazione.
Ricordo, poi, che non ho messo le virgolette a caso. Io non so bene cosa significano esattamente competitività e produttività. E certo, per conseguenza, non mi è chiaro perché quei due soldi stanziati dovrebbero aumentare significativamente due “cose” che non si sa bene cosa siano. Quasi altrettanto certamente non lo sa chi collega queste due parole ad un qualunque risultato atteso.

Oggi abbiamo bisogno di una nuova progettualità imprenditoriale, alta e forte. Come “scatenarla”? Ne abbiamo parlato ad abundantiam su questo blog. Si veda ad esempio il post di lunedì scorso: “Maggiore produttività o un nuovo mondo?


lunedì 8 ottobre 2012

Maggiore produttività o un nuovo mondo?


di
Francesco Zanotti


Cominciamo con un’affermazione che è tanto banale quanto trascurata: non sarà possibile una ripresa alta e forte del nostro sistema industriale, italiano e mondiale. E questo per due ragioni. La prima è che una ulteriore espansione delle attuali strutture produttive e dei manufatti che genera sono incompatibili con la Natura.
La seconda è che l’interesse per gli attuali manufatti va inesorabilmente diminuendo.
La via obbligata è, quindi, quella di una riprogettazione radicale dei manufatti che costruiamo ed usiamo e dei modi di produrli.
Il problema è che questa via non sarà percorsa. Almeno fino a che la situazione economica, sociale ed ambientale non sarà peggiorata rispetto ad oggi. A meno che non ci si decida ad usare l’arma della conoscenza.

Cerco di spiegare cosa intendo con questa affermazione.

Oggi si tenta di percorrere la via della produttività. Ma questa via  non può che peggiorare la situazione.
Infatti il parlare di produttività, qualunque sia l’accezione di questa parola che si usa, significa cercare di far funzionare meglio il nostro sistema industriale attuale.
Questo, da un lato, è per noi mediamente molto difficile perché una buona percentuale di PMI hanno perso ogni speranza di diventare competitive: anche un impossibile raddoppio della produttività non è in grado di permettere la sopravvivenza di terzisti abituati ad un unico cliente che, per primo, non riesce più a stare sul mercato.
Dall’altro, la corsa alla competitività è, per tutti, una corsa verso un baratro inevitabile. Ogni aumento di competitività costringe i concorrenti a fare altrettanto ricostruendo un equilibrio competitivo ad un livello di capacità di produrre valore più basso.
Questa battaglia competitiva senza esclusione di colpi avviene all’interno del contesto che ho descritto all’inizio. Ripetendo quanto detto, in mercati che, per i prodotti di cui si parla, tendono inevitabilmente a contrarsi. E in un ambiente naturale che sopporta sempre meno le attività industriali attuali.

Ed allora?

Allora occorre percorrere subito una strada radicalmente diversa: la strada della conoscenza.

domenica 7 ottobre 2012

Sofferenze bancarie prossime venture … bis


di
Francesco Zanotti

L’occasione è un articolo del Sole 24 Ore di oggi che rivela il continuo aumento delle sofferenze bancarie. Nei post passati ho scritto più volte su questo tema. Ma, visto quello che sta accadendo, mi sembra opportuno riproporre alcune idee chiave. La prima è una previsione: le sofferenze non potranno che aumentare di molto. Le altre riguardano proposte per fermare ed invertire questo fenomeno. Cioè proposte per costruire un nuovo sviluppo.

Scrivevo il 21 luglio 2012 di un inevitabile declino di una parte significativa del nostro sistema industriale.
Tutti sanno che una parte significativa (20-30 % .. oltre?) dell’attuale sistema industriale non riesce a, come si dice, a “stare sul mercato”.
"Questo significa, innanzitutto, che le sofferenze sono destinate a breve ad aumentare bel al di là di quanto permetterebbe il patrimonio delle banche.”

Scrivevo il 20 aprile 2012 degli effetti recessivi di certe prassi di ristrutturazione del debito.
Considerate il problema della ristrutturazione del debito. Stiamo usando una concretezza che uccide. Le imprese chiedono alle banche di ristrutturare il debito. Le banche chiedono di vedere un piano industriale che spieghi, quali cambiamenti farà l’impresa in modo da poter onorare le nuove scadenze del debito. Bene, legittimo, forse anche doveroso, no? In teoria, certo. In pratica si scatena un circolo vizioso spaventoso. Perché le banche impongono (solo quelle sanno riconoscere) una specifica via di cambiamento: la riduzione dei costi e delle persone. Spendendo meno, si riescono a pagare di debiti. Siccome poi questo non accade, perché dopo le riduzioni fatte le imprese non sono in grado lo stesso di pagare i debiti (chiedete alla banche quanti piani di ristrutturazione hanno avuto successo), allora si cerca di ridurre sempre più duramente e risolutamente.  Ma continuando a premere l’acceleratore del rigore si uccidono le imprese.
Il problema è che anche le imprese ritengono legittima la via della riduzione di costi e persone.
Si crea così una vera alleanza tra banche ed imprese, ma orientata al declino, non allo sviluppo.”

Scrivevo il 25 aprile 2012 (su balbettanti poietici) degli effetti recessivi della spending review.

giovedì 4 ottobre 2012

EBA, banche e conoscenze strategiche


di
Francesco Zanotti

Oggi tutti i giornali sono pieni di resoconti e commenti sull’ultimo rapporto EBA.
Sembrano tutti sorpresi da fenomeni che sono evidenti da anni.

Ripropongo un post del mese di luglio dove si preannunciava quello che ora sta emergendo. Ma dove si proponeva anche una via di sviluppo che, oggi, tutti sembrano ignorare.

Sembra ignorarla in particolare Federico Fubini che, sul Corriere, invece di concludere la sua analisi con una proposta, (credo dovremo tutti chiedere a gran voce che nessuna analisi si permetta di non finire con una proposta) la conclude quasi con una minaccia “Adesso molti di questi prestiti (a famiglie ed imprese) si stanno trasformando in sofferenze …. Un bivio in più che l’Italia dovrà affrontare nei prossimi anni.”.

Caro Fubini, scrivevo su questo stesso blog il 21 luglio di quest’anno …

“Tutti sanno che una parte significativa (20-30 % .. oltre?) dell’attuale sistema industriale non riesce a, come si dice, a “stare sul mercato”.
Questo significa, innanzitutto, che le sofferenze sono destinate a breve ad aumentare ben al di là di quanto permetterebbe il patrimonio delle banche.
I concetti tradizionali di valutazione del rischio sono inutili. Il problema non è come evitare rischi. Il problema è come fronteggiare la crisi di coloro ai quali i crediti sono già stati concessi.
La soluzione esiste. Le banche devono dotarsi di strumenti di valutazione dei Progetti d’Impresa. Questi stessi strumenti devono, contemporaneamente, essere capaci di stimolare una nuova progettualità d’impresa.”

Aggiungo e specifico: questi strumenti sono costituiti dalle conoscenze e dalle metodologie avanzate di strategia d’impresa. Non mi riferisco ovviamente alla vecchia cultura strategica della “competizione”.
Vogliamo evitare questo bivio e sostituirlo con una larga strada di sviluppo? Basta diffondere queste conoscenze e metodologie a banche ed imprese.

lunedì 1 ottobre 2012

Immaginiamo …


di
Francesco Zanotti

… che il sistema delle nostre imprese ricominci a produrre cassa, abbondantemente. Cosa accadrebbe? Beh che tutti i problemi sarebbero risolti.
Le imprese pagherebbero tasse abbondanti, ma senza patemi. Queste tasse potrebbero permettere di aumentare sia i servizi ai cittadini e ripagare il debito pubblico. Le imprese, a loro volta, potrebbero pagare di più i dipendenti che ricomincerebbero a spendere, seppure per prodotti e servizi diversi da quelli attuali. E ricomincerebbero anche a ricostruire risparmio. Sempre le imprese restituirebbero i prestiti alle banche azzerando le sofferenze e permettendo loro di incrementare patrimonio e impieghi.
E mille altre cose che tutti immaginano.
Ma come far sì che le nostre imprese ricomincino a produrre cassa abbondantemente?
Non certo aumentando la “produttività”, riducendo il costo del lavoro, facendo le riforme istituzionali … Poi queste ultime sembrano proprio c’entraci davvero poco …
Ci si potrebbe riuscire solo abbandonando il mito della competitività e riabbracciando la follia imprenditoriale che ha generato il nostro miracolo economico. E riuscire a progettare, proprio come allora, un nuovo sistema di prodotti e servizi che saranno, proprio come allora, ologrammi di una nuova società.
E per riabbracciare la follia imprenditoriale?  Basta diffondere ed utilizzare conoscenze e metodologie avanzate di progettazione e valutazione strategica …