"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

martedì 25 febbraio 2014

Esportiamo …

di
Francesco Zanotti


Gli eroi sono quelli che esportano. Lo sviluppo accadrà se gli altri li imitano. Ma se qualcuno esporta qualcun altro deve importare … Non possono esportare tutti …
In realtà lo sviluppo non può che avvenire su qualche mercato interno …
Per costruire sviluppo stiamo aspettando che qualcuno si candidi a comprare tutto quello che produciamo senza cercare di venderci nulla?

Il problema è che molte aziende producono cose che non interessano più … Non le vendono proprio perché non interessano più … E’ inutile che cerchino di farle costare poco. Molti prodotti (un crescente numero di prodotti) neanche gratis li vogliono più …

venerdì 21 febbraio 2014

Enzo Ferrari e la competitività delle imprese e del Paese

di
Francesco Zanotti


Pensate che Enzo Ferrari quando ha iniziato la sua attività di costruttore aveva in mente la competitività? Che sia andato dal Governo a chiedere riduzioni del costo del lavoro?
Ovviamente no! Voleva realizzare il suo sogno.

Oggi i sogni stanno a zero ed allora, si vuole continuare a fare le cose di sempre. Ed allora diventa importante farle un po’ meglio, farle costare un po’ meno. Serve diventare più competitivi. E lo deve diventare anche il sistema Paese. Ma la battaglia della competitività è una battaglia senza fine e senza vincitori.

mercoledì 19 febbraio 2014

Anche gli imprenditori, però …

di
Francesco Zanotti


Riporto da una intervista ad un piccolo imprenditore sul Corriere di oggi.
Il guadagno diventa un sogno perché pago il 22% di IVA e oltre il 50% di tasse. In pratica a conti fatti, lo Stato ci toglie il 75% del fatturato.”.
Anche gli imprenditori, però, ci mettono del loro.
Ma come si fa sostenere che l’IVA fa parte del valore prodotto dall'impresa? E’ solo una partita di giro: l’impresa raccoglie soldi per conto dello Stato. Come si fa sostenere che si paga il 50% di tasse sul fatturato?

E chi commenta queste interviste non dice una parola di chiarezza:  usa strumentalmente una protesta, che parte da ragionamenti economicamente insensati, per coltivare il mito delle PMI che vorrebbero salvare il Paese, ma ci sono i cattivoni, banche in testa, che gli impediscono di guadagnare.

lunedì 17 febbraio 2014

Credito sì, credito no …

di
Francesco Zanotti


Non rischiamo di farne una battaglia ideologica e sociale.
La prospettiva di fondo è semplicissima: va dato Credito a chi lo merita.
Ma il problema è che oggi le banche non hanno strumenti per capire chi merita credito.
Infatti, il parametro fondamentale per decidere se una impresa merita credito o no è la sua capacità di produrre cassa nel futuro. Nel futuro, non nel passato.
Gli attuali sistemi di rating valutano molte cose (anche la capacità di generare cassa), ma guardano al presente. E se guardano al futuro, lo fanno proiettando il presente nel futuro. E’ vero che fanno “analisi di sensibilità” per capire fino a che punto il presente proiettato è solido. Ma non basta! Il presente proiettato può essere diverso dal futuro non per qualche percentuale ma radicalmente diverso.

Il problema è che gli strumenti per capire come sarà il futuro di una impresa ci sono. E sono le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa. Soprattutto quelle più avanzate. Allora il nostro appello è ai ceti professionali e alle banche perché si accostino a queste conoscenze e metodologie. Oggi, in un mondo in profondo cambiamento, nessuno dispone di tutte le conoscenze necessarie a svolgere il suo compito ma, allo stesso tempo, non si rischia di legare il giudizio della propria professionalità al non avere nulla da imparare. Risultato: nessuno vuole imparare cose nuove.

Ma chi deve insegnare? Dire che si vuole insegnare non comporta, automaticamente, l’affermare di essere più bravo di chi deve apprendere? Ecco il punto cruciale: no! Insegnare non vuole dire mettere in discussione la professionalità altrui.
Vuol solo dire (e può dare un contributo di innovazione solo chi è in grado di fare questa affermazione) andare da qualcuno e, nel caso specifico, dirgli: guarda io ho investito molte risorse nel cercare di mettere insieme una sintesi delle migliori conoscenze e metodologie di strategia d’impresa a livello internazionale. Tu hai il compito di agire e non di ricercare. Allora ti faccio un servizio: ti metto a disposizione quello che ho scoperto. Perché rifiutare questo servizio che permette di fare un salto di qualità nelle capacità valutative?

Ma se si usano queste conoscenze, si scopre che le imprese che meritano credito sono quelle che hanno un progetto strategico alto e forte. Perché è solo questo tipo di progetti che possono far in modo che le imprese tornino a produrre cassa. Si scopre, però, che sono sempre meno le imprese che hanno un progetto strategico davvero alto e forte.
Allora quelle stesse conoscenze e metodologie di strategia d’impresa diventano lo strumento per valutare la qualità dei Business Plan. Diventano lo strumento per costruire un Rating dei Business Plan (del Progetto Strategico). Poiché questo Rating è “trasparente” (cioè gli imprenditori ne comprendono la ratio) esso, allora, è anche uno strumento di stimolo alla progettualità strategica. Non si limita ad assegnare un giudizio, ma, se il giudizio è negativo, indica anche dove il progetto strategico va migliorato.
E qui il nostro appello va ad altri tre ceti professionali: i Commercialisti, gli Avvocati d’affari e gli Advisor finanziari. Signori oggi sono  indispensabili anche per voi le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa. Le ristrutturazioni del debito, i passaggi generazionali, le operazioni di capitale o l’emissione di titoli di debito devono essere supportare da un Piano Strategico alto e forte che si doti di un Rating che dimostra quanto sia alto e forte.  


venerdì 14 febbraio 2014

Finalmente, si comincia a capire …

di
Francesco Zanotti


Sul Sole24Ore Paolo Bricco “rivela" dove sta il problema del nostro sistema industriale.
Dal 2008 il nostro sistema industriale ha perso circa 133 Mld di fatturato.
Le ragioni? Riporto letteralmente “ … la prevalenza delle imprese del nostro Paese … ha cercato di contenere il più possibile i ricavi rinunciando spesso a difendere i margini”.
Come dice Bricco, è una logica che rischia di indebolire finanziariamente le imprese: nel 2008 il debito finanziario delle imprese era 0,29 sul fatturato e oggi è 0,35 …
Ma andiamo al di là … E qui l’analisi è mia … Perché le imprese hanno cercato di ridurre i prezzi? Perché a troppe imprese è sembrato l’unica strategia possibile. Ed ancora oggi sembra loro l’unica strategia possibile. Oggi, però non si possono più ridurre i costi dell’impresa e si cerca di ridurre i costi generati dallo Stato. Niente in contrario a cambiare lo Stato, ma occorre cambiare, prima e urgentemente, l’impresa. Quando ci si sente costretti a rincorrere i concorrenti nella riduzione dei prezzi … Dico rincorrere, non diventare più competitivi perché una battaglia di prezzo non può avere vincitori … quando si rincorre i concorrenti sul prezzo significa che, da un lato, quello che vende l’impresa perde di interesse. E, dall'altro, che la stessa impresa non sa immaginare nulla di nuovo.
Questo è il vero problema: la conservazione strategica.

Occorre avviare subito, invece della conservazione, una rivoluzione strategica. Che nasce solo da un salto di qualità nella progettualità strategica. Questo salto di qualità può avvenire solo se si forniranno alla nostre imprese non tanto soldi per sopravvivere (che dovranno essere sempre più soldi per sopravvivere sempre peggio), ma nuove risorse cognitive: nuove conoscenze e metodologie di progettualità strategica. Dobbiamo convincercene: non stiamo vivendo una crisi generata dai mercati finanziari. Noi stiamo vivendo una crisi di progettualità che è, sostanzialmente, una crisi cognitiva.

mercoledì 12 febbraio 2014

Lite …

di
Francesco Zanotti



Un post brevissimo sulla lite tra Della Valle e Elkann …

Mi sembra uno scambio di colpi bassi e attacchi personali. Una classe imprenditoriale un po’così … per l’Italia del futuro.

domenica 9 febbraio 2014

Al Forex: non una parola …

di
Francesco Zanotti


… sulla progettualità strategica e sulla capacità di valutare progetti nelle quattro pagine che il Sole 24 Ore dedica al Forex.
La sintesi di tutte le altre parole, di tutte quelle che stanno sulle tre pagine le si trovano nelle dichiarazioni di Squinzi e Ghizzoni. Con l’eccezione di Moretti.
Squinzi: ci serve una burocrazia non asfissiante, un fisco non invasivo, un costo del lavoro a livello degli altri paesi industrializzati, infrastrutture degne del secondo paese manifatturiero d’Europa.
Ma supponiamo che tutte queste cose si materializzino domani … beh non è possibile perché, almeno per le infrastrutture, il domani in cui si realizzeranno è, per ragioni “fisiche”, lontano. E se vogliamo uscire dalla crisi lo dobbiamo fare subito con queste infrastrutture. Lo stesso Squinzi dice che i prossimi mesi sono decisivi.
Ma supponiamo che tutte le altre si materializzino domani. E supponiamo anche che le banche diano alle imprese tutte le risorse finanziarie che desiderano … Insomma che da domani si risolvano tutti i problemi che oggi vengono individuati come decisivi. Riprenderà la nostra economia? Riprenderanno i consumi interni? Le imprese torneranno a produrre cassa? Nessuno lo sa perché le imprese, mediamente, non hanno un progetto strategico che dimostri a terzi come attraverso quelle risorse loro affidate aumenteranno i flussi di cassa in modo tale da restituirle, pagare stipendi migliori (senza stipendi molto migliori non si aumentano i consumi interni), aumentare quelle tasse che servono a costruire infrastrutture diminuendo le aliquote.

Arriviamo a Ghizzoni. In sintesi: le banche dovranno dare soldi alle imprese che lo meritano … Beh: Ghizzoni l’ha detto ieri, ma da tempo lo dicono tutti i banchieri. E’ certamente anche giusto se non fosse che manca un pezzo del discorso. Per capire se un’impresa merita credito (in generale, risorse finanziarie) è necessario che disponga del progetto strategico di cui sopra. Ma le imprese non ce l’hanno. E, anche se ce l’avessero, le banche non saprebbero valutarlo perché mancano loro le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa.

Ecco il fattore dimenticato che citavo all'inizio: l’esigenza di una nuova progettualità strategica e di una capacità di valutare i risultati della progettualità strategica: I progetti Strategici.

Perché, però, si spossa progettare e valutare, servono nuove risorse cognitive che sono, almeno, costituite dalle conoscenze e dalle metodologie di strategia d’impresa che oggi sembrano quasi totalmente dimenticate. Si è ancora legati allo schema (troppo povero) della strategia competitiva.

Ed arriviamo a Moretti: va ritrovata la capacità di innovare e costruire competenze. Dichiarazione importante, ma per attuarla occorre che le imprese si dotino delle risorse cognitive di cui sopra. Ma non basta. Nei dibattiti sulle imprese vengono completamente trascurate non solo conoscenze e metodologie di strategia d’impresa, ma anche tutti i risultati che le scienze naturali ed umane hanno generato, soprattutto nel secolo scorso. Dott. Moretti perché non ci aiuta a diffondere l’esigenza di fornire le classi dirigenti delle nuove risorse cognitive disponibili e completamente trascurate?


venerdì 7 febbraio 2014

Le agenzie di rating e i "racconti" che non ci sono

di 
Luciano Martinoli


Egregio Dott. Taino
Ho letto con interesse il suo gustoso commento, pubblicato sul Corsera del 6 febbraio scorso, sulla vicenda delle agenzie di rating e del procuratore De Dominicis.
Sono d’accordo sulla sua analisi… ma solo in parte.

mercoledì 5 febbraio 2014

Il Sole 24 Ore, le crisi d’impresa, le guerre tra i poveri e la conoscenza

di
Francesco Zanotti


Di fronte ad una crisi di impresa le alternative sono due. La prima è quella di considerare la crisi come una occasione per riprogettare l’identità strategica dell’impresa. Se una impresa è in crisi è perché non produce cassa. Se non produce cassa significa che la sua identità strategica è debole. La soluzione è, appunto, la riprogettazione dell’identità strategica dell’impresa.
L’altra alternativa è quella di accettare l’ineluttabilità della crisi e di disciplinare la guerra tra i poveri che questa crisi inevitabilmente scatena.
Il Sole 24 Ore ha scelto la seconda via. Se leggete l’inserto oggi del Sole 24 0re La crisi di impresa vedete che parla di come disciplinare la lotta tra tutti coloro che vantano crediti verso l’impresa.
Non vi è mai citata la parola strategia. Non vi è mai citata l’espressione “progettualità strategica”. Non vengono mai citate le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa che servono a sviluppare progettualità strategica e a valutare i prodotti della progettualità strategica: i Progetti strategici, i business plan, i piani industriali … chiamateli come volete.
Si parla, è vero, di Piani che devo dare credibilità ad un eventuale ipotesi di continuità aziendale. Ma si tratta solo di budget di costi che, avendo come riferimento la “continuità aziendale” sono all'opposto della rivoluzione strategica aziendale.

Questo episodio editoriale è una ulteriore dimostrazione che stiamo vivendo una crisi cognitiva. La nostra classe dirigente, nel suo complesso, manca delle conoscenze e delle metodologie necessarie a costruire sviluppo. Ci rimane la retorica dello sviluppo: diamoci da fare con nuova lena … Ma senza dire come. 

lunedì 3 febbraio 2014

161 tavoli di … confusione sterile

di
Francesco Zanotti


La ragione di fondo per cui i 161 tavoli che stanno discutendo altrettanto crisi … ecco diciamolo … non stanno cavando un ragno (imprenditoriale) dal buco è che i suoi protagonisti non stanno usando le conoscenze fondamentali per capire quanto è profondo il buco e come uscirne. Mi riferisco alle conoscenze e alle metodologie di strategia d’impresa.
Non usandole, le “soluzioni” sono sempre e solo l’invenzione di nuove modalità, il più nascoste possibili, da far sì che le imprese vengano mantenute dallo Stato. Invece di essere aiutate a sviluppare nuovi progetti di impresa alti e forti.
Ne abbiamo parlato nella lettera aperta al Ministro Zanonato pubblicata su questo blog
Oggi vorrei dare un’altra vista sulle ragioni della confusione che si genera non utilizzando le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa.
Marco Panara su Affari & Finanza di oggi indica quali a suo avviso sono le cause delle crisi del nostro sistema industriale: 20% i costi, 30% le difficoltà finanziarie, 50% l’incapacità di reggere il confronto competitivo e tecnologico.
Balzano subito all'occhio alcune osservazioni. Le difficoltà finanziare si manifestano in una crisi di liquidità. Ma questa non è una causa aggiunta. E’ una conseguenza. Almeno delle altre due aree di crisi individuate. Detto diversamente: non produci cassa perché hai i costi troppo alti e non reggi il confronto.
Ma anche le due cause citate sono confuse. Si parla di “confronto competitivo e tecnologico”. Ma la tecnologia non è un fattore competitivo? Se vi è un confronto competitivo che non è tecnologico, in cosa consiste? Leggendo l’articolo di intravvede che si tratta di un confronto sui costi. Ma allora i costi non pesano solo per il 20% …

Come le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa suggeriscono di affrontare il problema? Innanzitutto occorre partire da una esatta definizione del business che si vuole affrontare. Non basta dire che vi è una fascia alta e bassa di prodotti. Occorre specificare il valore di almeno cinque variabili: le esigenze che si stanno manifestando relativamente al supporto ai lavori domestici, le diverse tipologie di clienti, l’area geografica dove vivono, le tecnologie di prodotto e la catena del valore. Sono quando si è definito esattamente il business si può definire il posizionamento strategico in quel business. E’ il posizionamento strategico che rivela la capacità di produrre cassa (che significa capacità autonoma di pagare gli stipendi).
Avendo “scoperto” il posizionamento strategico si può immaginare come modificarlo …

Le conoscenze di strategia d’impresa indicano anche la causa fondamentale della perdita della capacità di produrre cassa delle imprese: il degradare della qualità del loro posizionamento strategico.