"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

mercoledì 25 giugno 2014

A che servono i Business Plan per i Minibond?

di
Luciano Martinoli

Non è un requisito di legge, non è un obbligo per le aziende, allora è solo una seccatura?

E' una affermazione che spesso balena nella mente, ma viene anche comunicata all'esterno, degli imprenditori che prendono in considerazione lo strumento minibond.
La risposta è tanto semplice quanto, però, importante: i Business Plan non servono per emettere minibond, servono per farseli comprare.

Ricordiamo ancora una volta. I minibond sono titoli di debito che sono di interesse per gli investitori istituzionali. Questi comprano questi titoli allo scopo di guadagnare il tasso di interesse fissato e, sopratutto, vedersi ritornare il capitale prestato alla fine del periodo.

Come fanno questi signori a sapere che l'azienda di cui hanno comprato i minibond sarà in grado di ottemperare ad entrambi gli obblighi (pagamento cedole e restituzione capitale)? Non certo chiedendo garanzie, o quantomeno non solo. Lo fanno perché "acquistano", attraverso i minibond, un piano di sviluppo (descritto nel Business Plan) che dimostri la capacità dell'azienda, una volta eseguito il piano, di migliorare i suoi flussi di cassa che consentirà all'azienda di far fronte a tali obblighi.
Da questo punto di vista il Business Plan dovrebbe essere di interesse delle aziende a prescindere dai minibond. Quale è infatti il piano per generare abbondanti flussi di cassa futuri? Affidarsi alla sorte? 

Ecco dunque che il Business Plan non è un contenitore carino e allettante (una bella scatola) per attirare denaro, ma il vero e proprio oggetto della transazione.
Ma pare che lo abbiano capito in pochi. Senz'altro qualche investitore (ma nemmeno tutti), che è la prima cosa che guarda, ma sicuramente non l'hanno compreso né il legislatore, che non si è peritato di citarlo in nessuna delle numerose regolamentazioni sull'argomento (lasciandolo ad accordo tra le parti) né, cosa ben più grave, le aziende.
La media delle scadenze delle prime emissioni è tra 5 anni. 
Che si stia preparando la prossima bolla finanziaria a causa di questo malinteso? 

martedì 24 giugno 2014

Un dibattito importante sullo sviluppo (dal basso) del nostro Paese

di
Luciano Martinoli
e
Francesco Zanotti

Giovedì 19 giugno Milano Finanza e CSE Crescendo hanno organizzato una tavola rotonda a porte chiuse sul tema dei minibond.
Il resoconto della tavola rotonda è stato pubblicato su Milano Finanza di Sabato 21 Giugno a firma di Stefania Peveraro che ha guidato la tavola rotonda.

All'evento hanno partecipato: Dott. Pacifici della segreteria tecnica del ministero dello sviluppo economico, Dott. Piazzetta Vice Direttore Generale della Banca Popolare di Vicenza, Dott. Guerrieri responsabile Area Commerciale di PensPlan Invest sgr, Stefano De Capitani Presidente Amag (Multiutility di Alessandria), Dott. Alfonso Amministratore delegato di Cerved Rating.

Vogliamo continuare il dibattito iniziato per affrontare un tema che siamo riusciti solo a evidenziare, ma non certo ad affrontare profondamente.
Questo invito è rivolto ai partecipanti su menzionati ma ovviamente è esteso anche a tutti coloro che hanno a cuore lo sviluppo del nostro paese e vedono in questo strumento una modalità per realizzarlo.

lunedì 23 giugno 2014

Ancora contro la competizione …

di
Francesco Zanotti


La competizione e la strategia della ricerca della competitività sono due sciocchezze inenarrabili. Distruttive dell’oggi e del domani.
Abbiamo dato mille prove in questo blog della correttezza della nostra convinzione.

Ora mi limito ad una citazione:
“ … di certo il mercato non l’ha fatto Dio – Dio o Spirito della Storia. E se lo abbiamo fatto noi. Esseri umani, non dovrebbe essere possibile disfarlo e rifarlo in forma più accettabile? Perché mai il mondo dovrebbe essere una arena in cui di scontrano i gladiatori - mors tua vita mea – piuttosto che, per esempio, un industrioso alveare o un termitaio in cui tutti collaborano?”
Da J. M. Coetzee “Diario di un anno difficile”, Einaudi, pag. 121.


E non mi si dica che la competizione è inevitabile. Lo è solo per povertà di capacità di visione e di progetto.

domenica 22 giugno 2014

Mestieri … zoppicanti

di
Francesco Zanotti

Due mestieri sono indispensabili per poter costruire un nuovo sviluppo.
Il primo è sapere scrivere Business Plan alti  e forti. E’ un mestiere da imprenditori.
Il secondo è saper valutare un Business Plan che è il mestiere che dovrebbero saper fare gli investitori.
Gli imprenditori e gli investitori sanno fare questi mestieri?
La risposta è: no!
E lo dimostro.

Tutti converranno sulle seguenti affermazioni
Ogni mestiere ha un suo patrimonio di conoscenze, metodologie e competenze di riferimento.
Coloro che sanno fare meglio un mestiere dispongono delle migliori conoscenze, metodologie ed esperienze relative a quel mestiere.
Poiché l’insieme delle conoscenze, metodologie e competenze evolve, è necessaria una continua opera di aggiornamento.
Le precedenti affermazioni valgono anche per i mestieri del fare e del valutare i Business Plan.

Ora, quali sono le conoscenze, le metodologie e le competenze che dovrebbero avere coloro che redigono o valutano Business Plan?
Sono le conoscenze, le metodologie e le competenze di strategia d’impresa. Esse sono le vere risorse cognitive di sviluppo.
Bene, siamo andati a vedere se queste conoscenze, metodologie e competenze vengono utilizzati per redigere e valutare Business Plan.
La risposta è assolutamente: no:
Vengono utilizzati, anche dalle imprese più grandi, modelli primitivi di Business Plan e processi di redazione, ancora più primitivi.

Allora la tesi è dimostrata: se di fronte ad un ricco patrimonio di conoscenze, metodologie e competenze di strategia d’impresa si scopre che coloro che redigono e valutano Business Plan non ne utilizzano che una minima parte, non si può che concludere che costoro non conoscono le risorse cognitive necessarie a redigere a valutare Business Plan: le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa. Altrimenti sarebbe autolesionismo.
Questa incompetenza sui due mestieri fondamentali per costruire sviluppo … non potrà certo costruirlo questo sviluppo.
Si potrebbe essere generosi e dire “Signore perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
Ma, credo, sia il momento di un forte richiamo di responsabilità ad imprenditori e ad investitori: ma se non conoscete le “cose” che servono per fare il vostro mestiere, perché non le imparate?

Non ci possiamo più permettere mestieri zoppicanti. 

mercoledì 18 giugno 2014

Il deficit di imprenditorialità...

(...di cui non si parla mai nei convegni)
di
Luciano Martinoli


Al ritorno dall'ennesimo convegno sulla crisi, questa volta declinato intorno al ritorno delle attività manifatturiera nei paesi di origine, devo registrare ancora una volta l'incapacità di toccare il tema centrale: il deficit di imprenditorialità che ha colpito il nostro paese (e non solo). Si tratta di un fenomeno, la vera causa dello stato in cui versiamo, che ha la sua precisissima misura nella percentuale dei disoccupati e nell'ammontare delle sofferenze bancarie causate dai prestiti alle aziende. 
Fare impresa significa progettare continuamente il proprio futuro e la risultanza di quanto tale progettazione sia efficace è nella produzione di abbondanti flussi di cassa. Laddove questi diminuiscono si è in presenza di un inequivocabile segnale di questo "deficit" e dell'urgenza di stimolare tale imprenditorialità al fine di tornare ad una migliore progettazione di futuro (con conseguente ritorno ai notevoli flussi di cassa).
Chiaro, no? 
E invece no!. Infatti di che si parla nei convegni e, più in generale, nel dibattito mediatico?

martedì 17 giugno 2014

Aumento di capitale Carige … Ma dove è il Progetto di Sviluppo?

di
Francesco Zanotti


Leggo stamattina sul Corriere della Sera la “sollecitazione di pubblico risparmio” da parte di Banca CARIGE dove si dice “Contribuisci al nostro sviluppo”. Sottoscrivendo, ovviamente, l’aumento di Capitale.
Contemporaneamente, leggo sul Sole24Ore l’articolo di Rossella Bocciarelli dove si riferisce dell’intervento di Carmelo Barbagallo, Capo della Vigilanza di Bankitalia ad un convegno organizzato dall’ABI dove sostiene, senza peli sulla lingua, che “E’ necessario che le banche rivedano modelli di business, linee strategiche, struttura organizzative, processi distributivi”.
Un cittadino avveduto non può che chiedersi: ma il progetto di Sviluppo di Banca Carige prevede questi cambiamenti? Di più, e più gravemente, ma dove è il Progetto di Sviluppo di Banca Carige? Con un’escalation finale di gravità: non è che il Progetto di Sviluppo di Banca Carige non esiste e i Vertici della Banca chiedono di sottoscrivere un aumento di capitale senza dire cosa se ne faranno dei soldi?


domenica 15 giugno 2014

Il Business Plan sul comodino accanto al letto

di
Francesco Zanotti


Caro Giovanni,
vuoi sapere se il Business Plan che hai preparato (spero ardentemente che i contenuti siano tuoi e non di qualche consulente da strapazzo) sarà realizzato?
Allora chiedi ai tuoi dipendenti, clienti e fornitori se lo tengono sul comodino accanto al letto e ne leggono qualche pagina la sera prima di addormentarsi.
Chiedi se lo raccontano ai figli con orgoglio. Ascolta se se ne parla durante il lavoro. Verifica se ti fermano quando ti incontrano (parlo sempre di dipendenti, clienti e fornitori almeno) per discuterne.
Se tutte queste cose non accadono, allora il Business Plan non verrà realizzato.  
Ma non possono accadere tutte queste cose. Il Business Plan è un documento tecnico che ci chiedono banche ed investitori. Un mestiere da specialisti.
Ecco, non è vero. Il Business Plan deve essere la vostra opera collettiva. Che si rilegge e aggiorna continuamente. E come ogni opera d’arte deve essere opera d’arte negli occhi di chi guarda.
Insomma è la parola (scritta o parlata non importa) che cambia il mondo. Una parola banale annoia. Una parola appassionata cambia il mondo. “I have a dream”, diceva un negro d’America. E il sogno ha mobilitato un popolo. Senza scomodare esempi più importanti.


venerdì 13 giugno 2014

Anatomia, Azionisti (Stato compreso) ed investitori

di
Francesco Zanotti


Egregi Azionisti (che scegliete il management delle grandi imprese), egregi Investitori (che finanziate le nostre medie imprese), andreste a farvi operare da un chirurgo che non ha studiato profondamente anatomia?
Ovviamente no! L’anatomia è l’area di conoscenza fondamentale per un chirurgo. Non basta aver studiato anatomia, ma è assolutamente indispensabile.
Ma, allora, perché andate a scegliere il vostro top management oppure finanziate imprenditori che non sanno nulla della disciplina fondamentale per governare una impresa: la strategia d’impresa? Anche in questo caso: non bastano le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa. Manager ed imprenditori devono avere anche passione e coraggio. Ma le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa sono strumenti assolutamente indispensabili, altrimenti passione e coraggio girano a vuoto. Si sprecano in progetti d’impresa qualunquisti e banali.

Se non dispongono delle conoscenze e delle metodologie di strategia d’impresa, costringeteli a procurarsele. E fate in modo che quelle che si procurino siano le migliori disponibili al mondo. Non accontentatevi che siano le due notizie abborracciate che quale consulente di provincia balbetta male. 

martedì 10 giugno 2014

Speranze disperate

di
Francesco Zanotti


Caro Giovanni,
smettila di sperare che la banca all'ultimo momento ti dia i soldi per campare ancora tre o quattro mesi.
Smettila di sperare che, nel frattempo, la crisi passi improvvisamente e tutto torni come prima.
Smettila di pensare che lo Stato ti possa mantenere.
Smettila di pensare a magici mercati che l’internazionalizzazione ti possa aprire.
La tua impresa è stata importate, ma ora ha perso di senso.
L’unica vera speranza è che tu riesca a immaginare un progetto di sviluppo alto e forte.
Se non ci riesci cerca di chiudere con il minor danno possibile per te e per la società tutta.
E Giovanni mi voltò le spalle e se ne andò conservando le sue speranze disperate …

Oggi Giovanni è stato costretto a chiudere, convinto che il mondo è crudele ed è popolato di cattivi che si sono coalizzati contro di lui.

venerdì 6 giugno 2014

Le banche finanzieranno?

di
Francesco Zanotti


Tutti applaudono alla Bce che ha deciso di fornire alle banche soldi per finanziare le imprese. Ma, giustamente, in un articolo sul Sole 24 Ore di oggi Cellino, Franceschi e Longo spiegano che questa è solo una misura necessaria. Perché essa possa funzionare occorre che vi sia la ripresa economica per far sì che i nuovi finanziamenti non si disperdano in ulteriori sofferenze.
D’accordo, ma la domanda è: chi costruisce la ripresa?
La nostra risposta è semplice, ma non ascoltata. Solo le imprese possono superare la crisi e costruire sviluppo. Lo possono fare attraverso progetti di futuro alti e forti che permettano loro di costruire nuovi prodotti ed erogare nuovi servizi che siano ologrammi di una nuova società. Niente di meno-
E come si fa a far si che le imprese possano dotarsi di questi progetti di futuro alti e forti? Occorre che si forniscano loro nuove risorse cognitive (in particolare le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa) per guardare diversamente il mondo e per saper poi progettare un nuovo mondo.
Se le banche non vogliono disperdere in sofferenze le risorse che otterranno, dovranno fornire loro queste risorse cognitive alle imprese. Nessun altro può farlo.
Prima, però, dovranno acquisirle perché oggi non ne dispongono.
Ma come? Non ne dispongono già? No, non ne dispongono già! Sto sostenendo che le banche non dispongono delle conoscenze e delle metodologie di strategia d’impresa che sono gli strumenti fondamentali non solo per progettare il futuro, ma anche per valutare progetti di futuro.
Ed è questa la causa fondamentale che ha permesso l’aumento delle sofferenze. Ed ha lasciato le imprese senza supporto progettuale.

mercoledì 4 giugno 2014

La maledizione del capannone

di
Francesco Zanotti


Questo post ha l’ambizione di essere un micro elzeviro …
Non si contano le imprese che sono fallite o sono in profonda crisi a causa di capannoni che hanno costruito e che non hanno saputo o non sanno pagare.
Colpa della crisi? No: causa della crisi.
Troppi capannoni sono stati costruiti senza alcuna progettazione strategica. Cioè senza rispondere alla domanda: il mio posizionamento strategico mi permette, mi richiede un nuovo capannone?
Si sono costruiti capannoni su speranze ingenue, su sogni di gloria banali, per autorappresentazioni infantili.
Ah …, ma cosa è il posizionamento strategico e che differenza c’è con il posizionamento competitivo? Chiedetelo a tutti gli imprenditori che investono o che hanno investito in capannoni. Se non lo sanno, avrete scoperto la causa della crisi. Sta in un sistema imprenditoriale che cerca disperatamente di conservare il passato. Anche se qualche volta cerca di mascherare la voglia di conservazione dietro foglie di fico come l’innovazione tecnologica e l’internazionalizzazione.
Il problema non è di cercare miglioramenti marginali o ipotetici nuovi mercati ai prodotti attuali. La crisi la si supera immaginando nuovi mondi. E la misura se stiamo immaginando nuovi mondi è data dal proprio posizionamento strategico.


domenica 1 giugno 2014

Soldi o progettualità strategica?

di
Francesco Zanotti
L’Assemblea della Banca d’Italia, le intenzioni del Governo, si riassumono molto facilmente: far arrivare più soldi alle PMI per rilanciare l’economia.
Forse è necessario, ma non è sufficiente. E, poi, viene dopo.
Intendo dire che la vera urgenza è fornire le conoscenze che servono ad attivare una nuova progettualità strategica. Sono le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa. Solo così le famose PMI potranno costruire progetti di futuro che meritano di essere finanziati.
Se non sapranno costruire progetti di futuro alti e forti, i soldi serviranno solo a prolungarne artificialmente una sopravvivenza sempre più stentata.

Questo discorso non vale solo per le PMI, ma vale soprattutto per le grandi imprese. Se guardate al rating che abbiamo assegnato ai Business Plan delle grandi imprese, troverete ben pochi progetti di futuro alti e forti. Solo vaghi accenni.