"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

venerdì 27 aprile 2012

Professionisti o conoscenze?


di
Francesco Zanotti

Leggo sul Sole un articolo di Marcella Accorinti che descrive come le banche abbiano bisogno di nuove professionalità. Considerando l’area di business del Corporate banking, nuove professionalità capaci ad esempio di misurare il rischio d’imprese, di comprendere specifici settori industriali, di suggerire strategia di internazionalizzazione o comprendere i processi di ristrutturazione strategica necessari per dare senso alle operazioni di ristrutturazione del debito.
Io credo che, invece di nuovi professionisti, servano nuove conoscenze.  Ma che differenza c’è tra le due alternative? Scegliendo professionisti si scelgono conoscenze in atto. Anzi: non è meglio scegliere professionisti dotati di conoscenze pratiche che di conoscenze teoriche?
Ecco io penso di no. E le ragioni sono le seguenti.
I professionisti oggi disponibili sono o manager di lungo corso o finanzieri.

martedì 24 aprile 2012

Soldi e “caselle” le risorse chiave per costruire sviluppo


di
Francesco Zanotti

Proviamo con una proposta inedita e, per questo, strana. Credo proprio che sarebbe in grado di generare sviluppo.
Una proposta semplicissima sia a descriversi che a realizzarsi: riguarda i soldi e le caselle.

I soldi.
Invece di emettere Eurobond per finanziare, sostanzialmente, progetti infrastrutturali, propongo, innanzitutto, di battere nuova moneta a fronte di grandi progetti per costruire nuove grandi imprese.
Quando un imprenditore (non importa se industriale, di servizi o sociale) presenta un progetto di impresa (compresa la ricerca per avviarlo), allora le banche lo finanziano con un fondo di “nuova moneta” messo a disposizione della Banca Centrale.
Ecco spiegata la prima parte del titolo che, a prima vista, sarebbe potuto sembrare la scoperta dell’acqua calda.

E le “caselle”?

lunedì 23 aprile 2012

Inconsapevolezza ... ?


di
Francesco Zanotti

Leggo stamattina sul Corriere affermazioni del Ministro Grilli e del Governatore Visco che non possono che lasciare perplessi … forse qualcosa in più.
Ripeto il titolo di un post di qualche giorno fa: ci fanno o ci sono? Credo proprio che ci siano. Che questi nostri governanti siano affetti da … inconsapevolezza grave.
Il Ministro Grilli sostiene che la fase acuta della crisi è finita e che nel terzo trimestre ci sarà la ripresa. Ma la ripresa di cosa? Se guardiamo al settore industriale, certamente vi saranno tante aziende che avranno successo, ma vi saranno moltissime che non arriveranno a questo fantomatico e salvifico terzo trimestre.  Complessivamente non ci potrà essere uno sviluppo del sistema industriale. Ha Grilli in mente lo sviluppo di altre attività economiche? Quali?

venerdì 20 aprile 2012

Zavorra burocratica o “cognitiva”?


di

Francesco Zanotti

Lo slogan del nuovo presidente di Confindustria: “Lotta alla burocrazia per tornare a crescere”.
Certo se ci fosse meno burocrazia fosse sarebbe meglio … Ma …
Perché ci metto tanti puntini? Perché mi sembra doveroso dire una cosa dolorosa. E, quindi. … sono titubante. Non voglio che venga scambiata per la solita sparata isterica.
Comincio, allora, dall’inizio, lentamente …

Per uscire dalla crisi attuale dobbiamo riprogettare una intera società: dall’economia, alla finanza ed alla politica. E, fino a qui, credo sia difficile non essere d’accordo.
Ma quando proviamo a progettare il futuro, cosa usiamo? Oggi usiamo gli stessi modelli di lettura della realtà, linguaggi di descrizione del futuro che usavamo prima. Questi ci permettono di capire cosa non funziona, ci arrabbiamo, anche ci indigniamo, ma poi, quando proviamo a trovare “soluzioni” siamo capaci solo di cercare di aggiustare la società attuale, ma non di costruirne un’altra. Crescono insomma la rabbia e la frustrazione. E si alimentano a vicenda.
E si finisce per trovare soluzioni, anche diversissime di conservazione attraverso il conflitto.
Si finisce per delegare al “buono di turno” perché sistemi le cose: il governo dei tecnici che combatte tutti con sacrifici crescenti e destinati a crescere. Oppure per attendere l’intervento del papà: “Ora tocca all’Europa” titolava stamattina Repubblica, riportando il pensiero del Presidente della Repubblica. Una Europa che deve generare stabilità. Oppure si scatena la caccia alle streghe: il complotto pluto-masso-giudaico di Mussolini, il governo delle multinazionali delle brigate rosse. E le invettive dei tanti e tristi Savonarola dei nostri giorni.
Nel caso delle imprese: la lotta (sempre e solo parole di conflitto) alla burocrazia.

Invece …Se provate ad aprire il sito di Repubblica trovate (una sottile ironia non voluta) una pubblicità quasi (ironicamente, appunto) profetica: di occhiali.

Per costruire una nuova società e nuove imprese servono nuovi “occhiali” cognitivi e nuovi linguaggi espressivi.
In concreto, faccio un esempio solo.

lunedì 16 aprile 2012

Ma non si può essere farfalloni …


di
Francesco Zanotti

Ma non si può essere farfalloni.
Dai … avete un punto di vista ampio sul mondo e lo dimostrate proponendo una visione che spazia in lungo ed in largo sull’economico, il sociale, il politico e il culturale. Non siete ignavi ma coraggiosi perché vi date una mission importante … Non potete, però, poi lasciare tutto nel vago.
Dovete concretizzare la mission in un insieme di unità di business (o di unità strategiche di affari). Dovete descrivere il più precisamente possibile quali sono le unità di business con le quali volete realizzare la mission che ritenete vostro dovere darvi, vista la vostra visione dell’economico, del sociale, del politico e del culturale che avete.
Cosa vuol dire descrivere una unità di business?

giovedì 12 aprile 2012

Rapporto banca-impresa.


Un Rating Progettuale dei business plan per allargare una coperta troppo corta … Anche se c’è l’IKEA!


di
Francesco Zanotti

Oggi il rapporto banca-impresa è una corsa al ribasso. Oppure: è una battaglia a stiracchiare una coperta troppo corta che diventa sempre più corta e lisa. E tutti sanno cosa accade in questo caso: si rompe, mandando in frantumi imprese e risparmi.
Vogliamo descrivere una nostra proposta per allargare la coperta.

Oggi le imprese cercano troppo spesso di rimanere agganciate alle loro identità storiche (prodotti, servizi, organizzazioni). Qualche spruzzata di innovazione, ma troppo spesso solo per fare meglio e far pagar meno le cose di prima. Così i guadagni calano inevitabilmente a causa di una crisi che, se la si guarda bene in faccia, è sostanzialmente di conservazione. Questo è vero soprattutto in Italia, paese di terzisti. Con questo desiderio di passato la strategia regina è attendere che la crisi finisca. Al massimo, nutrire la speranza di andare a vendere nei favolosi “mercati esteri” nei quali anche i prodotti più obsoleti sperano di trovare l’Eldorado.
Per aspettare una mitica fine della crisi, per finanziare innovazioni marginali e per tentare misteriose avventure estere, chiedono aiuto alle banche …
Sì lo so! Noi sopravviviamo solo con l’esportazione. Ma esportano solo quelli che hanno prodotti di alto valore. E proprio per questo, spesso, non hanno bisogno delle banche. Per fare un caso estremo: la Apple.
Le altre invece si rivolgono alle banche per cercare sostanzialmente una mano per sopravvivere in attesa di tempi migliori. Non si accorgono che i migliori tempi, oggi immaginabili per terzisti anche bravi, sono quelli di avere contratti come quelli che sta proponendo l’IKEA. Che fanno sì lavorare, ma non guadagnare tanto da poter investire per liberarsi della sindrome del cliente unico che, forse, ti mantiene, ma a stecchetto.
Non restano davvero che le banche.

martedì 10 aprile 2012

Dell’ignavia, e del coraggio.


Ovvero: la mission

di
Francesco Zanotti

Ma supponiamo che sappiate (o qualcuno vi ha costretto a saperlo) che esistono i Caraibi, che esiste quel ristorantino fuori porta con il miglior ossobuco del mondo. E supponiamo che sappiate anche che si sta svolgendo la fiera del pase. Come sapete di quella piccola fabbrichetta che sta per chiudere.
Sapete, ma ve ne state tranquillamente nel giardino di casa, un po’ indifferenti, un po’ ignavi, un po’ crudeli. Con la segreta speranza che nessuno vi disturbi …
E’ certamente necessario avere una vision che sia ampia e profetica, ma, poi, occorre essere coraggiosi esploratori e non ignavi conservatori. Occorre scegliere che ruolo avere nel mondo che la visione descrive. E deve essere un ruolo all’altezza di una grande vision.
Riassumendo questo post e quello precedente, andate a leggere il Funding Prospectus della Sony
Troverete, insieme, una visione profetica ed una mission coraggiosa. Da profezia e coraggio è nata una grande impresa. Oggi che questa stessa impresa non ha più visione profetica e una mission coraggiosa, è costretta a licenziare. Si è rinchiusa nel giardino di casa ed ha verificato che non può difenderne l’inviolabilità dei confini.



venerdì 6 aprile 2012

Una vision che non guarda


di

Francesco Zanotti

Se non sapete che esistono i Caraibi, non potete andarci. Se non sapete che esiste quel ristorantino fuori porta, dove si mangia il miglior ossobuco del mondo, non ci andrete di certo a cena con gli amici.
Se non sapete che il mondo non finisce tra le pareti di casa, non uscirete mai! Forse neanche guarderete fuori dalla finestra …

Banalità: non si possono perseguire le potenzialità che non si vedono, non si possono usare gli strumenti che non si conoscono …

Bene, allora andiamo a guardare il business plan di una impresa ... Un “osservatore” esterno, sia tecnico (un analista finanziario), che politico (un potenziale azionista, uno stakeholders etc.) guarda il business plan come fonte privilegiata di informazioni sul futuro dell’impresa. L’analista finanziario per consigliare, l’investitore o lo stakeholder per decidere se e come relazionarsi con l’impresa.

mercoledì 4 aprile 2012

L’estetica di un business plan: una misura della capacità di sviluppo


di
Francesco Zanotti


Non è una deriva bucolico-nostalgica. E’ un ragionamento serio … L’indicazione di un metro di valutazione delle direzioni di sviluppo. Che dovrebbero usare sia banche che imprese.

Se vi sedete sulle rive di un torrente di montagna davanti ad un ghiacciaio, oppure davanti al mare che lambisce la spiaggia di un’isola tropicale vi sentite parte della natura. Sono sensazioni positive, emozionanti, dolci, profumate.
Adesso immaginate di sedervi nel piazzale antistante una impresa industriale. Ecco non avrete esattamente le stesse sensazioni.
E va beh, risponderete, bella forza, questo è un duro ambiente di lavoro, quello è un piacevole ambiente naturale.
Ecco, questa obiezione è la misura del guaio in cui ci siamo cacciati. Abbiamo costruito una società artificiale per soddisfare i nostri bisogni igienici. Abbiamo raggiunto questo obiettivo, ma ad un costo che diventa sempre più insostenibile. La differenza tra un ambiente naturale ed uno artificiale è grandissima, tanto che i due ambienti difficilmente potranno coesistere ancora a lungo.

lunedì 2 aprile 2012

Lavorare sul numeratore …


di 

Cesare Sacerdoti


Ogni anno è caratterizzato da una parola che sembra diventare il leit motiv della nostra vita quotidiana, parole di cui spesso non comprendiamo il vero significato, ma che vengono usate per indirizzare la nostra attenzione, e quindi la nostra opinione, sui fatti quotidiani.
Tralasciando in questa sede di discutere sull’utilizzo politico di tali parole, vorrei soffermarmi sul termine “produttività”, la cui insufficiente crescita è considerata una delle cause della crisi del nostro sistema produttivo. A maggior ragione quando essa è citata assieme a “competitività
Ma cosa si intende per produttività? Io credo che nella maggior parte della gente, “produttività” evochi un concetto fordista di numero di “pezzi” prodotti per lavoratore nell’unità di tempo.
Al di là del fatto che una tale concezione porterebbe a considerare Fiat più produttiva di BMW (2,1 milioni di vetture/anno con 137.000 dipendenti contro 1,5 milioni con 100.000 dipendenti – dati 2010 v. en.wikipedia.org - ), in un periodo di contrazione di mercato tale parametro non può che portare a riduzioni di personale (per produrre un minor numero di auto a pari produttività devo diminuire i dipendenti) o al limite ridurre il costo del personale: ecco che allora gli industriali chiedono la riduzione dei contributi sociali o, come Marchionne, l’aumento delle ore effettive di lavoro (con la riduzione delle pause).
 Anche nel caso in cui “produttività” richiamasse un concetto di fatturato per lavoratore per unità di tempo (che riequilibrerebbe il confronto Fiat-BMW a favore di quest’ultima: 36 miliardi di € per Fiat contro 60 di BMW), nelle attuali condizioni di mercato si avrebbe l’unica opzione di diminuire i costi di produzione (in senso lato) o al massimo di riposizionare il proprio prodotto su una fascia di mercato più elevata (come dire, produrre meno Panda e più Thema, ma se poi nessuno le compra?).
In realtà gli indici di produttività a cui si riferiscono le analisi più serie, sono indici molto più complessi che tengono conto di vari fattori. L’indice Istat per esempio considera “il valore aggiunto, che viene utilizzato per stimare sia la produttività del lavoro sia la produttività totale dei fattori (PTF). Il calcolo della PTF trova la sua giustificazione teorica all’interno della cosiddetta “contabilità della crescita”, la quale consente di scomporre la dinamica dell’offerta nei contributi derivanti dai fattori produttivi primari (lavoro e capitale) e dalla produttività totale dei fattori, che invece esprime una misura di efficienza nella combinazione dei fattori primari… sono calcolate per 28 settori di attività economica, corrispondenti alle 31 sezioni e sottosezioni definite dalla classificazione Ateco 2002 (versione italiana della NaceRev1.1), per 6 macrosettori e per il totale dell’economia. Dalle 31 sottosezioni sono escluse: l’Attività di locazione di beni immobili; l’Attività svolta da famiglie e convivenze; le Organizzazioni ed organismi extraterritoriali e tutte le attività economiche che fanno capo al settore istituzionale delle Amministrazioni Pubbliche” (http://www3.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20100803_00/testointegrale20100803.pdf)
Semplificando, possiamo calcolare la produttività come valore aggiunto, al netto dei costi degli input intermedi – e la quantità di lavoro impiegato nella produzione”     (http://www3.istat.it/dati/catalogo/20110523_00/grafici/1_3.html).
In tal caso, per aumentare la produttività, anche in situazioni di mercato come quelle attuali si può pensare di operare sul numeratore (valore aggiunto) anziché sul denominatore (quantità di lavoro).
Lavorare sul numeratore è una proposta rivoluzionaria. 
Ma come si fa?