"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

giovedì 31 ottobre 2013

I minibond: non farsi mantenere, ma rilanciare il Paese

di
Francesco Zanotti


Nell'affrontare l’opportunità dei minibond, il confronto è tra chi pensa che occorra far sopravvivere le imprese attuali (almeno la loro) mantenendole lo stesso, nonostante la loro perdita di capacità di generare cassa. E, conseguentemente, pensa che i minibond siano una ulteriore via, sperabilmente meno ardua, di finanziamento della sopravvivenza.

E tra, chi invece, pensa che i minibond siano una occasione perché le imprese di dotino di un nuovi Progetti Strategici, alti e forti che le trasformino radicalmente. E, conseguentemente, pensa che attraverso i minibond si può cominciare a finanziare la costruzione del futuro, non la sopravvivenza del presente …

Noi stiamo dalla parte dei secondi. Crediamo che stiano dalla stessa parte anche le banche.
In sintesi, imprenditori, non cercate qualcuno che vi raccomandi presso le banche o imponga loro di farvi sopravvivere. Datevi da fare a progettare un futuro che, per realizzarsi, dovrà essere radicalmente diverso dal presente.


martedì 29 ottobre 2013

Gli abusi del concordato

di
Francesco Zanotti


Massimo Fracaro e Nicola Saldutti parlano oggi nell'articolo di fondo del Corriere dell’uso improprio del concordato. Insomma, l’uso da furbetti che tutti conoscono. E cercano di risolvere il problema ragionando intorno ai famosi “lacci e lacciuoli”.
Credo che il problema dovrebbe essere affrontato strategicamente, non legislativamente. Ad esempio (ma sono solo prime indicazione), le imprese ammesse ai concordati devono presentare un Progetto di sviluppo strategico dell’impresa. I diversi benefici saranno decisi in base alla qualità del Progetto Strategico.
Emergono due problemi: chi costruisce i Progetti strategici e chi li valuta?
La soluzione per me è semplice. Si parte dallo stato dell’arte delle conoscenze e metodologie di strategia d’impresa a livello internazionale. Queste “risorse cognitive” permettono di costruire un modello di Progetto Strategico ed un processo per utilizzarlo che possono essere forniti alle imprese che vogliono accedere a qualche beneficio. Modello e processo vengono anche utilizzati dai Tribunali per valutare la qualità dei Progetti Strategici. Se la qualità non è soddisfacente, si chiede alle imprese di rivedere il Progetto Strategico presentato.
Così facendo tutta l’attenzione viene posta sul costruire il futuro, non sul cercare di sfangarla nel presente.
Esiste una difficoltà nella mia proposta: che chi dovrebbe discuterla non sa esattamente quali conoscenze e metodologie di strategia d’impresa sono disponibili. Quindi, a loro la mia proposta sembra “aliena”.


lunedì 28 ottobre 2013

Minibond alla rovescia

di
Francesco Zanotti


Nel presentare i Minibond, Isidoro Trovato su Corriere Economia di oggi indica l’esigenza che essi dovrebbero soddisfare. E la sua indicazione è paradossale: “La crisi … (omissis) … oltre che costringere molte aziende a rafforzare i propri bilanci per rimanere sul mercato.”.
Perché è paradossale? Perché inverte tutto il senso del fare impresa. L'impresa è un attore economico che produce ricchezza. Quindi il rafforzare il bilancio (io, poi, non capisco bene come si può rafforzare un bilancio aumentando i debiti) è il risultato dello stare sul mercato. Pensare che si possa rimanere sul mercato grazie ad un “rafforzamento” del bilancio significa che si pensa di far rimanere sul mercato anche imprese che non producono ricchezza. Imprese mantenute da una nuova fonte di debito che sembra più facile da ottenere come i Minibond. Mi viene in mente uno slogan “Minibond: farti mantenere (da chi li sottoscrive) aumenta la vita”. Paradossale, appunto.
Io credo che i Minibond abbiano senso solo se finanziano progetti di sviluppo alti e forti. Il problema è quello di riuscire a fare generare alle imprese questi progetti. La soluzione è quella di fornire loro risorse cognitive che stimolino progettualità: le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa, che oggi sono pressoché sconosciute. Queste stesse risorse cognitive rendono disponibile un Rating (una capacità valutativa) dei progetti d’Impresa (Business Plan) a disposizione di investitori ed intermediari.




giovedì 24 ottobre 2013

Stress test ed epistemologia delle sberle

di
Francesco Zanotti

Quando si guarda al mondo, consapevoli o no, si usa una specifica epistemologia. Quando si progettano “Stress test”, lo stesso.
Sui giornali non ho trovato nessun accenno alla epistemologia che ha informato gli stress test. Forse che chi li ha progettati non ha cercato di capire che epistemologia stava usando?
Credo proprio di sì! Ma è un guaio perché l’epistemologia che traspare in filigrana dalla descrizione degli stress test è una epistemologia dell’impotenza. Andrebbe cambiata per non generare impotenza.

Mi spiego. Grossolanamente, vi possono essere diverse epistemologie che si situano in un continuum i cui due estremi sono i seguenti.

Il primo è l’epistemologia “realista”: il mondo sta là fuori di me e io non ci posso fare niente. E’ un mondo che qualche volta tira sberle, a volte distribuisce baci. Oggi, in realtà, sembrano sempre di più sberle … Io, in questo mondo, posso solo schivare le sberle ed andare in cerca di baci.
Ecco, io credo che lo stress test sia ispirato da questa epistemologia. Infatti cerca di capire quanto le banche sono state rintronate dalle sberle e quanto sono in grado di sopportarne altre. Di baci non se ne parla. La chiameremo l’epistemologia delle sberle.

Ma esiste un’altra epistemologia: costruttivista. Il mondo è solo potenzialità di divenire. Posso far realizzare le potenzialità che voglio. Io impresa posso costruire i mercati che voglio. Tutti insieme possiamo costruire l’Europa che vogliamo. Io posso raccogliere tutte le promesse di baci in baci veri.
Ecco, se mi metto dal punto di vista di questa metodologia, capisco anche perché oggi sembra che si tirino solo sberle. Se cerco di capire dove va il mondo, invece di progettare dove mandarlo, accade che lo progetti qualcun altro. E io rimango come un cucutruzzo ad attendere che quest’altro lo realizzi come vuole. Le probabilità che faccia il mio interesse (o abbia i miei stessi criteri di giusto o bello) è bassissima. Quando avrà realizzato il mondo che ha progettato, cioè avrà raccolto tutte le promesse di baci, per me saranno solo sberle. Insomma, attendo che un mondo di baci potenziali si trasformi in un mondo di sberle attuali.

Ma torniamo agli stress test. Se uso questa seconda epistemologia (chiamiamola epistemologia dei baci) che stress test progetterò? Innanzitutto cercherò di capire che epistemologia usano le banche: quella delle sberle o dei baci? Lo vedrò dai loro Progetti Strategici: se saranno pacchi di fogli Excel preceduti da qualche slides di contorno, allora concluderò che usano l’epistemologia delle sberle. Sono candidate a raccoglierle tutte: per loro ci sarà sempre e solo recessione Se, invece, esporranno un Progetto Strategico che utilizzerà le più avanzate conoscenze di strategia d’impresa e, per questo, sarà emozionante, allora comincerò a sentire profumo di baci. Se, poi, leggerò nel loro Progetto Strategico che rendono disponibili queste conoscenze su come fare un Progetto Strategico emozionante alle imprese clienti, il profumo di baci diverrà un'emozione diffusa: dalla banca a tutti i suoi clienti.
Se uso l’epistemologia dei baci cambierò anche le mie raccomandazioni. Non mi limiterò a richiedere capitalizzazioni perché mi sarà chiaro che è inutile incerottare chi va, epistemologicamente, in cerca di sberle … e poi le mena ai clienti. Gli chiederò di buttare alle ortiche l’epistemologia delle sberle e dotarsi di conoscenze e metodologie di strategia d’impresa da usare e da far usare ai clienti per eliminare le sofferenze attuali e impedire che ne nascano di ulteriori.



mercoledì 23 ottobre 2013

Conservatori profondi

di
Francesco Zanotti

Se leggete il Sole di Oggi leggerete che Apple con i nuovi prodotti ha fatturato nel mondo 1 Mld di dollari in 24 ore.
Squinzi sostiene che la ripresa dell’Italia sarà conseguenza della manovra. De Benedetti che occorre una patrimoniale che serva ridurre il cuneo fiscale.
Ora il Mld di dollari non c’entra né con la riduzione del cuneo fiscale, né con una manovra economica.
Chi chiede riduzioni e manovre ritiene che le nostre imprese non possano riuscire a fare Mld di dollari con nuovi prodotti. Sono, appunto, conservatori profondi. Dell’attuale sistema economico che sembra stare in piedi, nel suo complesso, solo se qualcuno lo mantiene.

A meno di pensare che i figli del Rinascimento abbiano perso la loro capacità antropologica ci generare bellezza. E io mi rifiuto di pensarlo.

domenica 20 ottobre 2013

Giovani alla ricerca di un papà bello grosso…

di
Francesco Zanotti

Troppo duro? Andate a leggere la sintesi che fa il Sole 24 Ore. I giovani chiedono credito più facile , infrastrutture, una PA più efficiente.
Cioè: se mi date tutto, poi io faccio l’“imprenditore”. Il papà che crea al figlio un ambiente protetto.
Non abbiamo bisogno di questi “imprenditori”. Proviamo a ragionare diversamente.

Proviamo immaginare che il loro discorrere sia diverso. Del tipo “Noi giovani imprenditori abbiamo chiaro che dobbiamo costruire un nuovo sistema economico, un nuovo sistema finanziario, una nuova società. Il concetto stesso di fare impresa va rivoluzionato. Dobbiamo costruire una nuova cultura ed una nuova prassi del fare impresa. Sappiamo che il nostro sistema paese deve essere “sistemato”. Ma lo sarà con le risorse che avremo generato noi. Sappiamo che la nostra capacità di immaginazione e di progetto non è ancora in grado di immaginare l’innovazione necessaria, ma sappiamo che può essere incrementata usando nuove risorse cognitive che cercheremo. Se lo Stato ci vuole aiutare ci supporti nel trovare le nuove risorse cognitive che ci servono. Così la nostra generazione lascerà la nostra impronta nella storia.

giovedì 17 ottobre 2013

Una domanda ai giornalisti economici

di
Francesco Zanotti

perché non verificare la conoscenza? 

Ha quasi la forza logica di un sillogismo.
Sta diventando sempre più evidente ed urgente, che le imprese (grandi e piccole, banche comprese, ovviamente) debbano produrre Piani Industriali, Progetti Strategici, Business Plan.
Per svilupparli si usano le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa.
Il problema è che quelle che vengono usate per redigere questi Piani, Progetti etc. sono sola una piccolissima parte (ed obsoleta) di quelle disponibili. Dico diversamente: è come se le imprese dovessero scrivere grandi poemi di futuro, ma usano linguaggi troppo poveri perché possano riuscirci. Il risultato è che scrivono storie di conservazione.
Noi abbiamo raccolto in un documento (che può essere scaricato qui), in modo finalizzato alla redazione di Piani Industriali, Progetti d’Impresa, Progetti Strategici, lo stato dell’arte a livello internazionale delle conoscenze e delle metodologie di strategia d’impresa.
La nostra domanda è: perché i giornalisti economici non fanno un confronto tra la conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa usate e quelle disponibili?
Se, come sosteniamo, il gap è rilevante, allora si capisce perché i Business Plan (come quello di CAI) vengono totalmente disattesi. E l’urgenza più grande è diffondere le più avanzate conoscenze e metodologie di strategia d’impresa presso top manager e imprenditori.


martedì 15 ottobre 2013

Esuberi bancari

di
Francesco Zanotti



Titolo di prima pagina dell’inserto Impresa e territori del Sole 24 Ore di oggi: 

“Bancari, ventimila esuberi entro il 2020”.

Non vedete in questo titolo le cause profonde della crisi attuale? Si parte dall'ipotesi che la coperta stia diventando troppo corta, a causa della competizione, delle sofferenze etc. Si pensa che continuerà a diventare sempre più corta. Ed allora si innesca, inevitabile, il conflitto tra banche e lavoratori.

Proviamo a partire da un’altra ipotesi: la banca si trova di fronte ad immense nuove opportunità. Stanno sostanzialmente in un nuovo rapporto banca-impresa. Se la banca decide di diventare non solo partner finanziario, ma anche “cognitivo” (o strategico, come dice il prof Gros-Pietro) deve immaginare un sistema completamente nuovo di servizi (che noi abbiamo già progettato e proposto) che non solo non genererebbero esuberi, ma richiederebbero nuove persone.

La lezione generale: consideriamo le imprese come istituzioni che si sa cosa fanno e non possono fare altro. Partendo di qui non si può che finire in una competizione di prezzo che costringe a buttare fuori le persone. La soluzione è che dobbiamo smetterla di considerare le imprese come istituzioni e immaginare per loro nuovi futuri.

Il lettore sarà rimasto sorpreso perché consideriamo equivalente le espressioni “partner strategico” e “partner cognitivo”. Beh basta che legga i nostri post e vedrà come una nuova strategia per una impresa passi solo dall'usare nuove risorse cognitive.


venerdì 11 ottobre 2013

Il tabù dei finanziamenti: ma cosa fanno realmente le aziende...

(...per meritare credito?)
di 
Luciano Martinoli


Sole24Ore di mercoledì 9 Ottobre, pagina 7 interamente dedicata ai finanziamenti alle imprese che non vengono erogati e che “bloccano” la ripresa. Si parte dai dati Bankitalia e si passa alle iniziative sul territorio, Padova e Modena, per concludere con un’analisi. La tesi però è sempre la stessa: guai a toccare le aziende, hanno sempre ragione. Ovvero tutte le aziende fanno bene a fare quello che hanno sempre fatto e che continuano a voler fare. Se non riescono a produrre quella ricchezza che tutti ci aspettiamo è perché le banche non le sostengono.
Al di là dell’evidente paradosso, l'attuale sistema economico vede l’azienda come unico motore per produrre ricchezza per tutti gli altri (Stato, Finanza, tutti gli altri stakeholder in generale) e non viceversa, ma perché non si “osa” affrontare la questione della sostanza aziendale, ovvero cosa fanno le imprese, e da qui far discendere un giudizio su se è meritoria di credito o meno?

mercoledì 9 ottobre 2013

Higgs e l’emergere della strategia …

di
Francesco Zanotti



Su balbettanti poietici http://balbettantipoietici.blogspot.it/ ho postato un pezzo sul Premio Nobel della fisica dato a Higgs e Englert.
In questo blog completo il discorso per quanto riguarda la strategia. E che c’entra la strategia?
Io credo che Peter Higgs e Soci abbiano proposto un modello che non serve solo a capire tante cose del mondo delle particelle elementari, ma che serve a capire come si formano le identità: emergono da uno sfondo che si concentra intorno a dei catalizzatori che, però, non hanno la più pallida idea di cosa uscirà dal loro catalizzare.
Stiamo lavorando su tre casi di utilizzo in questo senso delle idee di Higgs e Soci ed è postato su.
Il primo riguarda le dinamiche politiche ed è postato sempre su http://balbettantipoietici.blogspot.it/
Il secondo riguarda l’organizzazione interna (l’organizzazione informale) di una impresa ed è postato su
Del terzo parlo in questo blog brevemente.
L’imprenditore è come una particella che con la sua azione di governo catalizza massa da uno fondo che è costituito dalle persone che vivono nella società. Questa massa si manifesta nell'identità strategica dell’impresa e del suo sistema di relazioni con l’esterno, che, complessivamente, definiamo strategia.
L’imprenditore non può sapere a priori che tipo di identità strategica e sistema di relazioni emergeranno dalla società. Che cosa vuol dire allora “fare strategia”? Vuol dire governare processi di emergenza di un imprevedibile che, però, alla fine, deve sembrare a tutti bello e giusto.

Crediamo che i risultati che stiamo ottenendo siano un grande contributo sia alle prassi concrete di Governo, sia al ruolo ed all'aspetto futuro di quella area di conoscenza “trasversale” alle altre che si chiama sistemica.

martedì 8 ottobre 2013

Alitalia: come volevasi dimostrare …

di
Francesco Zanotti


L’avevo scritto nei giorni scorsi. Ora comincia  … è meglio dire “continua” ad accadere. Ed è il caso di ribadire le cause per eliminarle.
Cosa accade?
Che troppe imprese che si occupano di “utilities” (dai diciamolo, che differenza c’è tra Alitalia e un servizio di tram?) dovranno sopravvivere con soldi pubblici. In questi giorni sta accadendo che proprio Alitalia potrà sopravvivere solo con soldi pubblici. I giornali dicono che avrà carburante fino a sabato e poi non ne potrà comprare altro.

Perché siamo arrivati a questo punto?

Riporto il pezzo di un post di più di un anno fa, che ho ripreso anche pochi giorni fa:
“Ricordo i tempi in cui CAI ha comprato Alitalia. Avevo intravisto il documento che spiegava/giustificava l’operazione Alitalia: era definito “Information memorandum” … Sì, lo so che è l’espressione che si usa nel mondo della finanza … Ma “nomina sunt consequentia rerum” … Definire in questo modo un progetto di acquisizione si dichiara, implicitamente, che si considera principalmente l’aspetto finanziario dell’operazione. E si ha la netta sensazione che la dimensione strategico organizzativa dell’operazione passi in secondo piano.”.
Naturalmente tutte le previsioni di produzione di utili e di cassa sono state completamente disattese. Sarebbe stato possibile prevedere che le previsioni non erano attendibili? Certamente sì! Bastava esplicitare il posizionamento strategico. Purtroppo il concetto di “posizionamento strategico” (strategico, non solo competitivo) era completamente sconosciuto a chi ha redatto l’Information Memorandum.

Aggiungo: sostanzialmente è una Banca Italiana che ha redatto l’Information Memorandum. Due domande a questa Banca: perché usare una conoscenza strategica così povera? Se questa è la conoscenza che usate, come fate a valutare i Progetti Strategici delle imprese che vi chiedono i soldi che amministrate per conto dei risparmiatori?

Non chiedo mea culpa o epurazioni. Mi piacerebbe che le banche cominciassero ad usare una conoscenza strategica più avanzata. Cari manager non è un disonore ammettere di avere bisogno di imparare. E’ inevitabile imparare continuamente perché la conoscenza progredisce e, se voi non spendete neanche un minuto per imparare, è inevitabile che userete una conoscenza più povera, meno efficace di quella disponibile.

sabato 5 ottobre 2013

Banalmente … e tragicamente

di
Francesco Zanotti


Vogliamo privatizzare e, poi, vendiamo Ansaldo energia alla CDP attraverso il FSI … Amici, come ho già scritto dovremo pubblicizzare sempre di più … utilities e banche. Non per amore di pubblico e odio per il privato. Ma perché queste “imprese” non saranno più in grado di auto sostenersi …
La soluzione è una nuova progettualità strategica che sappia rivoluzionare sistema d’offerta e ruolo politico istituzionale di banche ed utilities. Ma chi si mette a progettare questa rivoluzione strategica se sembrano sconosciuti degli strumenti concettuali per farlo? Cioè le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa?
Noi non abbiamo problemi di debiti o competitività. Noi abbiamo problemi di conoscenza …

Vi racconto una storiella. Qualche anno fa ho avviato una ricerca per discutere del ruolo politico-sociale delle grandi imprese di servizi. Ho scritto al Presidente di una di queste che mi ha risposto con un candore che farebbe tenerezza, se non fosse tragico … La risposta: “Sa, le questioni che pone sono troppo difficili. Io non sono in grado di esprimere una opinione” …  
Auguri risparmiatori, cittadini: poi i soldi ce li mettiamo noi …

mercoledì 2 ottobre 2013

Che futuro per un settore che parla solo di costi?

di
Luciano Martinoli

Lettera aperta al presidente dell'associazione di logistica AILOG.
Il caso di un settore, ma quanti altri soffrono degli stessi problemi? E quanti si differenziano nel cercare di uscire dallo stato di crisi con richieste (agli altri) diverse che norme nuove, sempre in direzione di maggiori flessibilità a scapito delle tutele, e taglio costi?