di
Francesco Zanotti
La SWOT (Strengths, Weaknesses, Opportunity, Threats) Analysis è uno strumento, appunto, di
analisi dell’ambiente esterno all'impresa che risale agli anni ’60-’70.
Esso è finalizzato a
migliorare i processi decisionali di tipo strategici (che riguardano l’impresa
nel suo complesso) e funziona nel seguente modo.
Innanzitutto, permette
di individuare quali sono le minacce e le opportunità presenti nell'ambiente.
E, verificare, da un lato, se i punti di forza dell’impresa sono in grado di
sfruttare le opportunità e difendersi dalle minacce. E, dall'altro, fino a che
punto gli elementi di debolezza impediscono di sfruttare le opportunità e
rispondere alle minacce. Fatta questa analisi, in base ai suoi risultati, è
possibile decidere le misure più opportune per sfruttare meglio le
opportunità o per difendersi meglio dalle minacce.
Strumento utile? No!
Anzi è sia troppo primitivo che, imprenditorialmente, dannoso.
Cominciamo dal dannoso.
La SWOT Analysis è uno strumento fondato su di una ipotesi epistemologica, una visione del mondo “rinunciataria”
e non imprenditoriale. Mi spiego. In termini filosofici si direbbe che è
fondato su di una epistemologia “realista”. Essa afferma, declinata al caso
dell’impresa, che il mondo esterno può essere conosciuto, ma non può essere
modificato. L’impresa dopo averlo conosciuto, ci si deve adattare.
Si tratta di un
atteggiamento “epistemologico” opposto a quello che è indispensabile per uscire
dalla crisi.
Come il lettore ricorda
oggi è necessario un atteggiamento costruttivo: è necessario un ridisegno
profondo delle identità strategiche delle imprese, tale da far precipitare i
Segni del Tempo Futuro in qualche futuro concreto.
Più precisamente,
nell'ambiente esterno all'impresa non esistono né minacce né opportunità.
Esistono solo potenzialità di divenire tra le quali scegliere quali far precipitare in nuove realtà. Se sia
sta solo a guardare qualcun altro li farà precipitare nella realtà che egli
preferisce. Solo allora saranno concrete minacce o opportunità. E saranno
sempre più minacce se il fare precipitare sarà stato generato da qualcun altro
che non siamo noi. Detto ancora diversamente: a chi crede che ci si debba
adattare al mondo là fuori, lo stesso mondo là fuori sembrerà sempre più
popolato di minacce.
Questa negatività è
particolarmente grave per le start-up per definire i cui business plan la SWOT
Analysis viene spesso utilizzata. Infatti, se si parte dal punto di vista che
il mondo è dato e non da costruire, si attiveranno solo start-up che propongono
prodotti o servizi “interstiziali”. E, poi, prodotti e servizi che possono
venire immediatamente copiati.
Ma, per un momento,
immaginiamo di prescindere dal suo sottofondo epistemologico e proviamo ad
immaginarne un utilizzo concreto. Emerge immediatamente la sua primitività e
due altre incongruenze di fondo. Questa volta riguardano non l’epistemologia,
ma il concetto di analisi e di interpretazione (cioè l’ermeneutica).
Cominciamo dalla
primitività. Supponiamo che sia una grande impresa ad utilizzarlo, ad esempio,
una compagnia di assicurazioni. Essa deve tener conto di una pluralità di
attori e di processi di scambio che non possono essere classificati solo come
minaccia o come opportunità. Gli attori possono essere, contemporaneamente,
l’una e l’altra cosa. Oggi una cosa, domani un’altra. Una strategia relazionale
opportuna può trasformarli tutti in alleati. Una “sbagliata” può trasformarli tutti in
avversari. Il dimenticarli li trasforma certamente in avversari perché
significa non riconoscerne il ruolo sociale da parte dell’impresa. In sintesi,
alle grandi imprese serve una griglia di lettura molto più complessa. Come
quella che descriverò illustrando più avanti il modello di Business Plan che
abbiamo predisposto.
Ho citato le grandi
imprese per illustrare al primitività dello strumento, ma il problema non le
riguarda perché nessuna di esse lo usa. Noi abbiamo fatto, per assegnare un
rating, una analisi dei Business Plan delle aziende quotate della Borsa di
Milano e inserite negli indici FTES e STAR. In nessuno di essi viene usata la
SWOT Analysis.
Ma proviamo a immaginare
che tutti i problemi prima citati non esistano. Che l’ambiente esterno
all’impresa abbia una sua identità definita sulla quale l’impresa non ha
influenza, che sia solo da scoprire e che la griglia “minacce ed opportunità”
si sufficiente. Anche se ci mettiamo in quest’ottica, scopriamo i problemi che
riguardano la scientificità e la interpretazione.
Cominciamo dalla scientificità.
Questo strumento ha
pretese di scientificità che, però, non è in grado di sostenere. Diffonde una perniciosissima
illusione di scientificità. Approfondiamo questa limitazione, avvertendo il
lettore che il discorso che verrà fatto ha caratteristiche di generalità che
trascendono lo specifico strumento. E varranno anche per tutti gli strumenti
che illustreremo nel seguito.
Quando l’analisi di un
sistema (nel nostro caso dell’ambiente eterno all'impresa) ha senso ed è
utilizzabile per migliorare il processo decisionale a livello strategico?
Quando: si dispone di un
modello completo dell’ambiente che permetta di rilevarne in modo preciso tutte
le caratteristiche fondamentali. Ci siamo messi nell'ottica che il modello
“minacce ed opportunità” lo sia. Poi serve un modello dell’impresa che permetta
di descriverne, in modo altrettanto preciso, tutte le caratteristiche salienti
dal punto di vista dell’ambiente. Stiamo ipotizzando che questo modello ci sia:
l’impresa come somma di punti di forza e di debolezza. Tutto questo c’è ma non
basta. Occorre anche disporre delle leggi che governano la relazione tra
ambiente ed impresa. E’ solo l’esistenza delle leggi che mi supporta nel
processo decisionale. Che mi fornisce l’algoritmo decisionale.
Mi si obietterà: ma il
risultato della SWOT Analysis non è mai “preciso”. Cioè quantitativo. Dà
indicazioni di carattere generale.
Bene, ma allora non
possiamo ignorare, la dimensione interpretativa. Se le “caselle” (minacce e
opportunità; punti di forza e di debolezza) non vengono riempite con risultati
numerici, frutto di un processo oggettivo di misura, allora non vi è alcun
processo di misura, ma solo di valutazione. Una valutazione soggettiva: se
persone diverse analizzano la stessa impresa nello stesso ambiente trovano
risultati diversi. Non solo, ma anche le stesse persone in diverse condizioni
generano valutazioni diverse.
Allora non è possibile
applicare nessun algoritmo per decidere quali punto di forza valorizzare, quali
punti di debolezza cercare di eliminare, quali opportunità sfruttare, come
eliminare le minacce, che risultati (di cassa ovviamente) ci si attende da
queste azioni.
Siamo nel campo delle
valutazioni personali che cambiano nel tempo. Materia prima non per processi
decisionali, ma per una conflittualità permanente ed effettiva.
Ma esiste un’ultima osservazione che, se anche non
valessero tutte le altre che abbiamo fatto, da sola suggerirebbe di abbandonare
l’utilizzo analitico valutativo. Più avanti vedremo che sono possibili altre
modalità di utilizzo, ma rimane la eccessiva semplicità dello strumento che lo
rende inutile anche usato in questi altro modi di cui diremo.
Quale è questa
osservazione?
Che oggi non c’è niente
da decidere. La sfida fondamentale è quella di progettare nuove imprese, una
nuova economia ed una nuova società. E per progettare non si possono usare
strumenti progettati per decidere. Come cercare di aggiustare il televisore con
il martello, pensando che sia il teatrino delle marionette. Immaginate il
risultato …
Nonostante
tutte queste osservazioni la Swot Analysis è molto di moda. Soprattutto tra gli
uomini di finanza che sono diventati anche advisors strategici. Ma il suo
utilizzo è solo ornamentale. E’ una delle mille descrizioni dell’impresa che si
scrive per dovere e non si legge per noia. Si arriva subito ai numeri che,
però, occorrerebbe ammettere che non si da dove vengono.