"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

giovedì 21 dicembre 2017

Commissione banche: problemi risolti?


La "Commissione Parlamentare di Inchiesta sul Sistema Bancario e Finanziario" ha di fatto chiuso i suoi lavori. Cosa ha partorito? Che beneficio ne avrà in futuro il sistema bancario e finanziario?

La Commissione era nata sotto i migliori auspici. Infatti il suo compito era, come si legge dal sole24ore del 21 settembre scorso:

"Sono sei i fronti di approfondimento sulle crisi bancarie: dalle modalità di «raccolta della provvista e gli strumenti utilizzati» ai criteri di «remunerazione dei manager». Si analizzerà anche la correttezza del collocamento al pubblico retail dei prodotti finanziari ad alto rischio. E si indagherà sulle forme di erogazione del credito ai clienti di particolare rilievo. Focus, poi, sulla struttura dei costi, la ristrutturazione del modello gestionale e la politica di aggregazione e fusione delle banche prese in esame nonché «l'osservanza degli obblighi di diligenza, trasparenza e correttezza nell'allocazione di prodotti finanziari, e degli obblighi di corretta informazione agli investitori». Ma oggetto dell'inchiesta sarà anche l'attività svolta dalla Vigilanza, e da questo punto di vista Bankitalia ha già assicurato piena collaborazione"

Incoraggiati da questa dichiarazioni di intenti, avevamo indirizzato a tutti i membri della commissione una lettera aperta a firma del collega, e partner di CSE Crescendo, Francesco Zanotti, che invitava la commissione ad indagare e indirizzare il tema delle "risorse cognitive" mancanti nel sistema bancario e finanziario per un corretto sostegno allo sviluppo complessivo economico e sociale.

Purtroppo sappiamo che la montagna ha partorito un topolino, come abbiamo letto in questi mesi dai giornali e come oggi "Il Foglio" in suo articolo brillantemente riassume intervistando anche lo stesso Francesco Zanotti: oltre il gossip e la ricerca dei mostri da sbattere in prima pagina non si è andati.

Si è persa un'occasione storica considerando che, come il Prof. Onado ha testualmente affermato nel suo libro "Alla ricerca della banca perduta":

"...i guai delle banche italiane di oggi non sono un meteorite piovuto dal mondo lontano di una crisi provocata dai geni malvagi della finanza globale: sono la conseguenza di un modello di sviluppo che non poteva che peggiorare gravemente con la crisi globale."

Tale modello di sviluppo da correggere non è stato identificato e, di conseguenza, non ne è stato indicato un altro. Perchè?

La causa allora è certamente proprio quella mancanza di "risorse cognitive" alle quali fa riferimento Zanotti, supportato, in questa tesi, anche dall'autorevole Martin Wolf, editorialista economica del Financial Times, che nel suo libro "The Shifts and the Shocks: What We've Learned--and Have Still to Learn" scriveva già nel 2004, con sintesi brillante a proposito delle politiche di sviluppo e profetizzando ciò che poi è avvenuto nella commissione:

"I regolatori, i politici e gli economisti che le ispiravano erano o inconsapevoli dei pericoli effettivi o non disposti ad affrontarli, in parte perchè sensibili agli interessi dei soggetti regolati, in parte perchè intimiditi o sedotti dalla nuova finanza, ma sopratutto perchè erano tutti vittime degli stessi errori cognitivi."

Quando si rimedierà a tali errori con nuove "risorse"? 
Noi siamo pronti alla proposta.

venerdì 15 dicembre 2017

La tecnologia non è un destino




Troppo spesso le inarrestabili innovazioni tecnologiche ci vengono presentate come una sorta di 'sentenza' di un percorso obbligato di sviluppo. Invece sono solo dei catalizzatori di cambiamenti la cui evoluzione è frutto della interazione con altri attori sociali.

Quante volte abbiamo letto sui giornali, o ascoltato nelle conferenze o in TV, che con l'avvento della digitalizzazione, dell'Intelligenza Artificiale, della pervasività della rete e delle piattaforma su esse disponibili (es. Uber) tutto sarebbe cambiato (sottintendendo "per il meglio")? 

giovedì 7 dicembre 2017

Il corpo e le sue parti: nuove metafore per l'azienda?


Il Drucker Institute ha reso pubblica una nuova classifica aziendale per indirizzare l'annoso tema dello 'short termism'. Pur lodevole negli intenti, riuscirà a dar conto delle caratteristiche di un'azienda che "fa bene le cose giuste" nel lungo termine?

Il Wall Street Journal ha recentemente pubblicato la classifica "Management Top 250". Si tratta dell'ennesimo tentativo di valutare la capacità delle imprese di concentrarsi sullo sviluppo di lungo termine e combattere la piaga dell'attenzione agli obiettivi di breve periodo (short-termism) sopratutto profitti trimestrali e performance azionarie, in alcuni casi addirittura su base settimanale.
La classifica è stata stilata tenendo in considerazione 37 indicatori che ricadono in 5 dimensioni: customer satisfaction, employee engagement and development, innovation, social responsibility e financial strength. I dati sono stati raccolti da una dozzina di fornitori: da Bloomberg ad American Customer Satisfaction Index. 

giovedì 30 novembre 2017

Il "Governo" dell'impresa: un unico vestito buono per tutti?


Le regole di governo delle aziende (Corporate Governance) sono oggetto di continuo dibattito per consentire trasparenza di gestione e generare fiducia negli investitori. Ma un buon vestito "standard" può andar bene a tutti e indipendentemente dall'attività che il singolo svolge?

Si è appena conclusa la terza edizione dell’Italy Corporate Governance Conference organizzata da Assogestioni ed Assonime in cooperazione con l’OECD e con il supporto di Borsa Italiana. Lo scopo, di quello che ormai è un cantiere sempre aperto, è quello di adottare modelli di best practice nella governance societaria e attirare gli investitori internazionali.

Se l'intento appare condivisibile, esso soffre di un presupposto che ne mina l'efficacia alla radice: tutte le aziende sono governabili in maniera uguale indipendentemente da quello che fanno.
E' una ipotesi che sta in piedi?

lunedì 27 novembre 2017

Environmental, Social, Governance (ESG): orpello o guida dell'azienda?


Si moltiplicano le iniziative sul tema ma la domanda rimane sempre la stessa: la "sostenibilità" è un orpello per tener contenti (alcuni) investitori o un elemento di business dell'azienda.


La scusa per parlare ancora del tema questa volta la fornisce una recente indagine sulla sostenibilità delle PMI quotate eseguita dal sole24ore e pubblicata sul suo inserto del 25 novembre. Nonostante si siano avute risposte, con tanto di nomi delle aziende partecipanti all'indagine, il dubbio rimane.

martedì 21 novembre 2017

Il peso degli "zombie" sulla ripresa

Le aziende "zombie" sono un ostacolo alla ripresa dell'Europa, afferma il Wall Street Journal. Il fenomeno, esistente in tutto il continente, è particolarmente virulento in Italia, come dimostra il mostruoso ammontare degli NPL. Come fare a risolverlo?


La Banca dei Regolamenti Internazionali, secondo quanto riportato da WSJ, definisce un'azienda "zombie" se ha almeno 10 anni di vita e le sue spese per interessi superano l'EBITDA. Altre organizzazioni usano definizioni diverse ma il concetto è lo stesso: sono aziende che sono tecnicamente morte e vengono mantenute in vita artificialmente da un costo del denaro basso. 
Le motivazioni sono diverse, dalla speranza di recuperare il credito a quella di mantenere i posti di lavoro (dunque anche le Pubbliche Amministrazioni contribuiscono al fenomeno), ma è chiaro che "la zombificazione del settore corporate e bancario è un rischio per i nostri futuri standard di vita" come afferma Klaas Knot governatore della banca d'Olanda.

mercoledì 15 novembre 2017

La finanza etica e ciò che davvero le manca


Si è appena concluso il secondo salone SRI (Social Responsible Investor) sulla finanza etica e sostenibile. La sensazione è che se il settore non si adopererà per far sì che questi temi penetrino anche nella "carne" dell'economia reale, il tutto rimarrà confinato ad un gioco della finanza con qualche fastidioso ma innocuo adempimento in più per le aziende.


La finanza etica è quel comparto della finanza, in crescita, che vuole sostenere quelle attività dell'economia reale che rispettano parametri di sviluppo considerati "equi e sostenibili". Recentemente, per dare maggiore concretezza al settore, è stato anche definito un framework di riferimento: Environmental, Social, Governance (ESG), ben illustrato nella guida edita dalla Borsa di Londra. Essa indica le tre principali aree per definire il comportamento di un'azienda "sostenibile", ovvero il suo impegno per il rispetto dell'ambiente della natura, quello sociale e le caratteristiche di governance che si è data per ottenere tutto questo. Inoltre tali temi vengono sempre più considerati come indicatori ulteriori di performance per il lungo periodo delle imprese quotate.

martedì 7 novembre 2017

La ricerca del significato, ispiratrice dei nostri comportamenti


Sia per le grandi organizzazioni sociali, gli stati, che per quelle più piccole, le aziende, il significato è l'unica spinta ai comportamenti convinti dei singoli. Viceversa, ogni essere umano è alla costante ricerca di tali significati per dare un senso a ciò che fa.

Questa riflessione mi è stata suggerita da due articoli di due giornali diversi. Essi hanno il merito di mettere sullo stesso piano "sociale" stati e aziende, partendo dalla loro necessità di fornire significati per continuare ad avere una identità e dunque une senso, rispettivamente politico ed economico.

giovedì 2 novembre 2017

Aprire agli stakeholder. Come?


Il coinvolgimento degli stakeholder, almeno nella progettazione del futuro aziendale, è un tema di interesse sempre più attuale. Come realizzarlo? In che modo gli stakeholder possono dare il loro contributo? 

Rubrik è un'azienda della Silicon Valley che fornisce soluzioni di Data Management in modalità cloud. Il suo fondatore e attuale CEO, Bipul Sinha, è impegnato in una operazione di "trasparenza radicale", come riporta il WSJ: tutti i 600 dipendenti sono invitati alle riunioni del consiglio di amministrazione.

venerdì 27 ottobre 2017

Ma la banca è una "impresa"?

Le analisi dei giornali sulla recente riammissione in borsa di MPS fa sorgere tale dubbio a un uomo della strada quale io sono.



Il quesito mi è sorto spontaneo dopo la lettura dell'analisi apparsa sul sole24ore del 26 ottobre (L'idea del terzo polo). L'articolo tratta le ipotesi di uscita dello Stato, che arriverà a possedere poco meno del 70%,  dal capitale della banca e che potrà avvenire in tre possibili forme.
Esse sono: la vendita della propria quota in borsa, la cessione ad un altro gruppo bancario o la fusione con un altro istituto domestico. Tutte e tre sono, in misura diversa, condizionate da alcuni fattori. Il primo è quello delle "valutazioni di mercato al momento della way out". Chi e cosa le determinerà?

lunedì 23 ottobre 2017

Google e Facebook: troppo grandi per non preoccuparsi


I due colossi stanno continuando a crescere, realizzando ricavi, utili e capitalizzazione di borsa sempre maggiori. In USA, e non solo, crescono le preoccupazioni per la loro capacità di turbare la vita politica e sociale. Timori fondati o ingiustificato desiderio di controllo da parte delle autorità?

Gli Stati Uniti non sono certo il paese dove è inibita la libera iniziativa. E' il luogo, però, dove per primi hanno compreso il pericolo dei monopoli e per primi lo hanno fronteggiato. La prima legge per limitare i danni dei cartelli e dei monopoli, lo Sherman Antitrust Act, è datata 1890. Da allora, a fasi alterne, vi è sempre stato un susseguirsi di azioni di contenimento, ma anche allentamento, dell'azione delle corporation le quali se da un lato contribuivano alla prosperità del paese dall'altro, nella loro foga di crescita senza limiti, ne potevano compromettere l'indipendenza e la stabilità. I fenomeni Google e Facebook però hanno alcune caratteristiche che le rendono più insidiose, e difficilmente controllabili, dei giganti dell'economia brick & mortar.

martedì 17 ottobre 2017

L’Economia: meno “triste” ma sempre presuntuosa.


Il premio Nobel per l’Economia a Richard Thaler rappresenta un ulteriore passo della disciplina verso quelle “scienze umane” dalle quali si allontanò poco dopo il lavoro fondante di Adam Smith (La Ricchezza delle Nazioni). Ciononostante ha ancora strada da percorrere per rinunciare alla presunzione, mica tanto implicita, di conoscere sempre ciò che è meglio per ognuno di noi. 

Il premio a Thaler è l’ultimo colpo, in ordine di tempo, a quell’idea di razionalità, incarnata dalla metafora dell’homo oeconomicus, che è stata finora centrale nell’analisi economica. Tale idea ha mostrato ripetutamente tutti i suoi limiti a causa delle sue deludenti prestazioni in ambito predittivo. Da diverso tempo allora l’economia si è rivolta ad altre discipline, soprattutto psicologia, per trovare modi più efficaci e convincenti di spiegare il comportamento umano nell’ambito delle scelte economiche e, così facendo, cercare di prevederlo.
Se, come è stato detto in un articolo di qualche giorno fa, il premio rallegra la “scienza triste”, come fu definita da Thomas Carlyle, è ancora lunga la strada affinchè rinunci ad essere una “scienza presuntuosa”. 

giovedì 12 ottobre 2017

Laplace è l’Intelligenza artificiale


Sembra che il principale utilizzo dell’Intelligenza Artificiale (IA) nel mondo degli affari sia come tecnologia predittiva. Una tale assunzione, però, poggia su una visione del mondo “laplaciana”, smentita dalla realtà e dalle conoscenze scientifiche.

Laplace credeva fermamente nel determinismo causale: “Possiamo considerare lo stato attuale dell'universo come l'effetto del suo passato e la causa del suo futuro. Un intelletto che ad un determinato istante dovesse conoscere tutte le forze che mettono in moto la natura, e tutte le posizioni di tutti gli oggetti di cui la natura è composta, se questo intelletto fosse inoltre sufficientemente ampio da sottoporre questi dati ad analisi, esso racchiuderebbe in un'unica formula i movimenti dei corpi più grandi dell'universo e quelli degli atomi più piccoli; per un tale intelletto nulla sarebbe incerto ed il futuro proprio come il passato sarebbe evidente davanti ai suoi occhi” (dal suo Essai philosophique sur les probabilités).

martedì 10 ottobre 2017

Ab aeterno


Circolano ancora tesi che le attività imprenditoriali siano istituzioni necessarie ed eterne e che la società le debba sostenere ad ogni costo. Ma non dovrebbe essere il contrario, ovvero che sono le imprese che devono servire alla società nel suo complesso?

Lo spunto viene dall’articolo del sole24ore che riporta la notizia della chiusura di due importanti stabilimenti automobilistici in Australia con la conseguente perdita di posti di lavoro. In aggiunta vi è la dichiarazione di Marchionne che afferma “presto la pressione di nuovi attori sarà inesorabile, specie in un mondo conservatore e lento a reagire come quello dell’auto…nel mercato di massa il marchio non sarà più così importante”.

venerdì 6 ottobre 2017

Gli NPL e il teorema del lampione


La recente consultazione sugli NPL, lanciata da BCE e aperta fino a inizi dicembre, ha scatenato una ridda di polemiche, preoccupazioni e indignazione solo su alcuni aspetti del problema. Altri, ben più importanti, non sono stato oggetto di analisi. Una ulteriore conferma del "teorema del lampione".

E' Credit Suisse che, in una nota, ci ha azzeccato: "L’intento della Bce è di evitare la creazione di un elevato stock di Npl per il futuro". Peccato però che la Banca Centrale si sia limitata agli effetti del loro accumulo definendo solo i termini di tolleranza e rendendoli anche più penalizzanti.
Poteva fare qualcosa di più, ad esempio essendo più precisa a proposito di come si creano gli NPL e disciplinando i comportamenti per evitare il loro formarsi?

mercoledì 4 ottobre 2017

In economia causa ed effetto non esistono


A fronte di recenti segnali positivi sull'economia del nostro paese, è partita una gara di celebrazioni da parte di chi ha realizzato o reclamato interventi i quali, ex post, vengono presentati come la loro causa. Dall'altra parte dell'Atlantico si ragiona invece su evidenze che dimostrano il contrario. 

In una lettera del Presidente di Confindustria, pubblicata sul sole24ore qualche giorno fa, Vincenzo Boccia sottolinea la bontà di "scelte ben precise di politica economica che hanno avviato quello che possiamo chiamare l’inizio di un circolo virtuoso dell’economia: più investimenti privati, più export e quindi più occupazione. Attivando così anche la domanda."

Più avanti il ragionamento è reso più esplicito indicando "la strada da continuare a seguire anche nella capacità di raccontare in termini oggettivi quanto sta accadendo: cause, strumenti di politica economica, effetti, ovvero più investimenti, più export, più occupazione."

Ma è davvero così?

giovedì 28 settembre 2017

La devastante crisi di Imprenditorialità


La recente, e da lungo annunciata, riduzione delle tasse in US è finalmente arrivata. Ma contrariamente a quanto si aspetta l'amministrazione Trump, con l'occhio sempre puntato alle classi lavoratrici che l'hanno votata, i benefici per questi ultimi potrebbero essere nulli. E non per fenomeni tecnico-fiscali ma per una causa più profonda: la "crisi di Imprenditorialità". Un campanello d'allarme anche per il nostro paese.

Era l'estate del 2004, ricorda il New York Times, quando il Congresso approvò una legge per favorire il rimpatrio di miliardi di dollari, messi da parte all'estero dalle multinazionali, abbassando l'aliquota fiscale dal 35% al al 5,25%. Lo scopo era quello di consentire alle stesse multinazionali di mantenere le loro promesse se la legge fosse passata: incrementare di 500.000 unità i posti di lavoro, fare investimenti, aumentare le attività di R&D.
Cosa accadde realmente?

lunedì 25 settembre 2017

Ingrassare gli investitori o l'Azienda?


Mentre Wall Street passa dal buy back di azioni ai dividendi, un gigante tecnologico persegue la vera via per aumentare il valore a lungo termine dell'azienda per tutti gli stakeholder.


E' notizia recente che l'uso della liquidità per il riacquisto di azioni proprie, che comporta un'artificiale rialzo tecnico del valore delle azioni, sia stato abbandonato da gran parte delle aziende di Wall Street a favore di erogazione di maggiori dividendi. Le motivazioni sembrano essere i valori troppo alti delle quotazioni. Colpisce però che queste risorse "faticano a trovare un impiego più nobile come potrebbero essere gli investimenti" come giustamente ricorda un articolo del sole24ore di qualche giorno fa, a conferma della diffusione di quel deficit di imprenditorialità già evidenziato nell'analisi di liquidità dei grandi gruppi tecnologici (post precedente).
Vi è però un'azienda che sta mostrando una via totalmente diversa: Amazon.

venerdì 22 settembre 2017

Le sette "sorellastre" socialmente poco utili


Le grandi aziende del Web hanno una produzione di cassa superiore addirittura alle "sette sorelle" del periodo d'oro del petrolio. Ma quale è il significato economico, e sopratutto sociale, del prevalente impiego di questa enorme mole di denaro in attività finanziarie?

La notizia non è proprio dell'ultima ora. Sono infatti diversi anni che Apple in testa seguita da Google, Facebook, Amazon e altre aziende tecnologiche impiegano il loro enormi flussi di cassa liberi, prodotti dalle attività caratteristiche, investendoli in attività finanziarie. Chiariamoci subito: nulla di male in tutto questo, non voglio innescare polemiche ideologiche contro il ricco di turno solo perchè fa soldi a palate. Il mio intento è quello di proporre alcune considerazioni sul significato di questo fenomeno per l'economia reale e per la società in generale.

giovedì 21 settembre 2017

Se manca il Governo, l'economia è senza governo?


Si pensa che la politica abbia un ruolo guida nei confronti dell'economia la quale, senza di essa, non sarebbe in grado di svilupparsi. Evidenze recenti in Olanda dimostrano il contrario.

E' di questi giorni la notizia che l'Olanda, senza Governo dal 15 marzo, prevede una crescita del Pil per quest'anno del 3,3% e del 2,5% nel 2018, quando il surplus raggiungerà lo 0,8% del Pil, il debito pubblico scenderà al 54,4% e la disoccupazione al 4,3%. 

Non è l'unico caso. Il Belgio a partire dal 2010 visse una crisi politica di 541 giorni consecutivi. Ciononostante mise a segno un +2% proprio quell'anno e replicò con analoga crescita l'anno successivo. 

lunedì 18 settembre 2017

Il senso complessivo di una IPO

di 
Luciano Martinoli


La struttura di una recente offerta pubblica di acquisto di azioni, al di là dell'interesse meramente finanziario per l'operazione, sollecita interrogativi sul suo significato sia per l'economia reale che, sopratutto, per la società in generale.

La IPO, ovvero Initial Public Offering è, secondo la definizione disponibile sul sito di Borsaitaliana, "lo strumento attraverso il quale una società ottiene la diffusione dei titoli tra il pubblico, che è requisito necessario per ottenere la quotazione dei propri titoli su un mercato regolamentato".
Dunque il primo passo per quotarsi in borsa.
Una recente IPO di una importante azienda italiana, di cui i giornali parlano da settimane, è l'occasione per alcuni riflessioni su questa tipologia di attività finanziarie.

giovedì 14 settembre 2017

Questa è l'Italia...

di
Luciano Martinoli


Uno degli sport nazionali, oltre il calcio, è l'autoflagellazione. Ma siamo proprio sicuri che gli altri paesi stiano meglio?

Consentitemi per una volta di fare una nota di metodo e non di merito. Riguarda lo sport italico di lamentarsi di qualsiasi cosa da noi non funzioni  evocando, con l'espressione finale "Questa è l'Italia", la rassegnata impossibilità di qualsiasi miglioramento; sottointendendo la differenza con altri paesi normali (se non paradisiaci). Uno di questi è senz'altro gli Stati Uniti d'America che l'immaginario collettivo vuole ancora come un paese efficiente, ricco di grandi imprese e con bassa tassazione.
Ma è davvero così?

giovedì 7 settembre 2017

L'eccesso di qualità non paga

di
Luciano Martinoli


La strategia del miglioramento continuo della qualità ha anch'essa un limite, come dimostra il caso di un'azienda farmaceutica. La ricerca continua del "senso" del prodotto o del servizio rimane la via maestra per mantenere vitale l'impresa.

Per quasi un secolo il gigante farmaceutico Novo Nordisk ha prosperato sul miglioramento qualitativo del suo principale prodotto, l'insulina, vendendolo ad un prezzo sempre più alto. Poi improvvisamente i servizi sanitari nazionali e le assicurazioni hanno deciso che il vecchio prodotto, più economico, era sufficientemente buono per lo scopo.

mercoledì 9 agosto 2017

Sulla carenza dei progetti aziendali

di
Luciano Martinoli


C'è chi fa soldi e vede l'azione scendere, chi ne perde e si indebita e la vede salire, chi si tiene i soldi in pancia e non fa investimenti. Il punto di vista da accogliere per comprendere questi fenomeni è l'esistenza, e la loro qualità, dei progetti di sviluppo.

Tenaris ha appena annunciato risultati positivi per il primo semestre del 2017, con ricavi e margini in aumento. Ciononostante l'azione in borsa a Milano è crollata del 7% e successivamente sospesa per eccesso di ribasso. Ennesima follia dei mercati o loro lungimiranza? 
Propendo per la seconda.

giovedì 27 luglio 2017

Produttività e crescita: l'uovo e la gallina.

di
Luciano Martinoli


Il dibattito sui temi economici verte sempre sulle solite macro variabili (produttività, inflazione, crescita, eccetera) finendo nel classico quesito dell'uovo e della gallina e dimenticando la radice di tutti i mali della nostra economia.

Un intrigante articolo del New York Times mette in discussione l'opinione comune e diffusa che la mancata crescita economica sia dovuta alla mancata crescita della produttività. 
Volendola dirle in altro modo: è la bassa produttività che causa una crescita lenta o la crescita lenta è la causa della bassa produttività?

giovedì 20 luglio 2017

Denaro dalle banche: farmaci o droghe?

di
Luciano Martinoli


Il recente annuncio di una ripresa del credito bancario fa sorgere, sopratutto nel caso delle aziende, un interrogativo importante: questi soldi servono per farle stare meglio o semplicemente per farle sopravvivere?

L'ABI, nel suo consueto bollettino mensile, rivela che il credito a famiglie e imprese è aumentato rispetto lo stesso periodo dell'anno scorso. Certamente una buona notizia per le banche, ma quale è il significato per le imprese?

giovedì 13 luglio 2017

Le banche, il dito e la luna

di
Luciano Martinoli


I recenti eventi che riguardano il mondo bancario sono delle chiare indicazioni di una urgenza di profondo cambiamento del modo di fare banca. Purtroppo ci si limita a guardare il dito...

Le vicende toscane (MPS) e venete (Pop Vicenza e Veneto Banca) se da un lato hanno abbassato le preoccupazioni di “sistema”, dall’altro ripropongono il tema di fondo: quale “sistema”?
I termini della questione sono ben sintetizzati dall’intervento del Governatore Visco alla recente assemblea dell’ABI e possono essere riassunti, come ha ben fatto un articolo del sole24ore, in tre punti.

lunedì 10 luglio 2017

L'impossibile cambiamento senza fare i conti... con l'oste

di
Luciano Martinoli


Il dibattito pubblico sull’economia e sulle imprese è inficiato da miopia e contraddizioni che ne falsano il contenuto e ne rendono inefficaci le conclusioni. Ad esempio si prescinde sempre dalla capacità e volontà dei singoli soggetti: le imprese.

Mi avventuro in una breve e semplice analisi di alcune affermazioni contenute in un recente articolo apparso sul sole24ore a proposito di “elite” e di trasformazioni di “sistema”. Il tema che desidero analizzare parte dalla constatazione riguardante la polarizzazione 20-80, con il 20% delle imprese che produce l’80% della ricchezza e dell’export e non riesce ad “assumere la leadership della nostra economia”. Che significa? Che questo 20% di aziende dovrebbero acquisire le altre? Che dovrebbero salire in cattedra e “insegnare” alle altre come fare bene? 

venerdì 7 luglio 2017

Il bastone e la carota: vita da muli nel III millennio...

di
Luciano Martinoli


Si continua a parlare di abbandonare la modalità 'comando e controllo' per gestire le organizzazioni al fine di liberare creatività e conoscenza. Ma il dibattito poi si arena sul come fare. Una proposta da una prospettiva diversa.

E’ da qualche decennio che le riviste e i guru specializzati in management, strategia, gestione HR, ecc. auspicano, con voce sempre più grossa, il declino della pratica del “bastone e la carota” nella gestione delle aziende per favorire una maggiore responsabilizzazione di tutti i suoi dipendenti.
La rivista della London Business School (LBS), in un articolo dal titolo esplicito (“Reinventing Management”), afferma che “l’enfasi dominante nelle organizzazioni su strategia, strutture e sistemi soffoca le persone”.  Conseguentemente auspica uno spostamento verso “scopo, persone e processi in modo che le aziende abilitino ciascun individuo a contribuire significativamente usando le loro conoscenze e la loro creatività”. 

Gli fa eco un altro articolo, questa volta su Harvard Business Review, che ricorda, in modo molto appropriato, che i leader “sono incoraggiati ad utilizzare il bastone e la carota come strumenti motivazionali, dove il primo è il premio per l’obbedienza alle direttive la seconda la punizione per il contrario. Ma quando l’unico compito di un leader diventa l’obbedienza, quando cercherà di costringere gli altri a fare qualcos’altro, l’unico ad essere motivato sarà solo lui.”
Ma perché preoccuparsi tanto delle persone? E’ una questione di etica o vi sono motivazioni di business?

mercoledì 5 luglio 2017

Robocalypse now: deficit di idee e coraggio

di
Luciano Martinoli


Anche i banchieri centrali sono preoccupati del fenomeno robot e il suo impatto sul mondo del lavoro. Le risposte però si trovano in una direzione in cui non guardano nè loro nè le aziende stesse, come una recente ricerca sorprendentemente evidenzia. 

Qualche settimana fa i banchieri centrali di tutto il mondo si sono riuniti a Sintra, Portogallo. Uno degli argomenti di discussione, come riporta il New York Times, è stata la possibile “apocalisse” che i robot, intesi come software, apparati intelligenti e altro che possa sostituire il lavoro umano, potrebbero scatenare nel mondo del lavoro rendendo obsolete decine di categorie di lavoratori.
In passato, viene ricordato, progressi tecnici hanno creato sconvolgimenti temporanei migliorando però alla fine lo standard di vita di tutti e creando nuove categorie di lavoro. I macchinari agricoli hanno senz’altro tolto molto lavoro alla manovalanza contadina ma chi è rimasto a fare quel lavoro è stato pagato meglio e i loro pronipoti oggi possono permettersi di progettare videogiochi. 
Oggi cosa non sta funzionando?

mercoledì 28 giugno 2017

I costruttori di macchine e l’imprenditorialità mancante

di
Luciano Martinoli


Dall'assemblea di un'associazione di industriali, alcune considerazioni sulle strategie perseguite a partire dalle dichiarazioni degli interventi. I mali del tessuto economico nazionale non sono nascosti ma autodichiarati.

C’è stato qualche giorno fa l’assemblea annuale dell’associazione degli industriali costruttori di macchine, non è importante quali in particolare. Ad essa è seguito un convegno sull’argomento del giorno: Industria 4.0. 
E’ stata presentata un’indagine, eseguita presso alcuni associati, sul grado di conoscenza di queste tecnologie e sul loro uso. E’ seguito un dibattito di esperti, professori universitari e un solo imprenditore, coordinato dal giornalista di grido del momento.
Cosa si è detto di tanto importante e indicativo sullo stato generale delle nostre industrie?

venerdì 23 giugno 2017

Lamentarsi non è una strategia

di
Luciano Martinoli
l.martinoli@cse-crescendo.com

Tre recenti eventi mettono in evidenza un fenomeno che dovrebbe trovarsi al centro delle preoccupazioni di tutti gli stakeholder (e degli imprenditori): l'invecchiamento non dell'imprenditore ma dell'idea imprenditoriale delle aziende.

Su Harvard Business Review di giugno viene ricordato il contributo dell’economista William Baumol, scomparso recentemente all’età di 95 anni. Il titolo dell’articolo è rappresentativo di un timore degli economisti americani: “L’America sta incoraggiando l’imprenditorialità sbagliata?”.

martedì 20 giugno 2017

Di cosa parliamo quando parliamo di “disruption”?

di
Luciano Martinoli


Un recente articolo sul WSJ consente di fare chiarezza  sulle fuorvianti e confuse idee alla base del concetto di “disruption” partendo da taxi e hotel. 

Il Wall Street Journal ha intervistato il professor Arun Sundararajan, della Stern School of Business della New York University, su quali industrie, a suo avviso, sarebbero state "messe a soqquadro“ (disrupted) dall’economia imposta dalla rete, alla stregua di ciò che hanno fatto Uber nei trasporti e Airbnb nell’ospitalità.
Prima di confutare le argomentazioni del professor Sundararajan lasciatemi fornire alcune informazioni preliminari.

giovedì 8 giugno 2017

La maledizione del "pneumatico radiale"

di
Luciano Martinoli



Considerazioni di Strategia. Un fenomeno tecnologico del passato, quello del pneumatico radiale, è paradigmatico di come la tecnologia sia strumento di realizzazione di una strategia e non essa stessa strategia. Ulteriore dimostrazione della valenza strumentale della tecnologia, troppo spesso invece spacciata come risolutrice di tutti i mali aziendali (Industry 4.0. digitalizzazione banche, ecc.).


Un recente articolo del Wall Street Journal riflette su una metafora, basata su fatti accaduti, utilizzata per riconoscere la fine di un ciclo di espansione di un prodotto.

Fino agli anni 70 quasi tutte le auto e i camion montavano pnenumatici diagonali. Essi erano costituiti da fili e cinture di nylon che si incrociavano a 30 o 45 gradi sotto la gomma. Questo consentiva spalle del pneumatico più forti e un costo di produzione più basso. Il problema era che questo tipo di pneumatici doveva essere cambiato ogni 20.000 kilometri circa.
Michelin nel 1949 introdusse i pneumatici radiali, adottati poi da tutti i costruttori una ventina di anni dopo. La differenza era costituita da una gabbia di acciaio di fili che si intersecavano a 90 gradi. Erano più larghi, più efficienti nel dissipare calore e più sicuri. Sebbene i radiali costavano un po' di più, duravano oltre 50,000 chilometri. Da allora tutte le auto montano questo tipo di pneumatico.

giovedì 1 giugno 2017

Costruisciti il tuo futuro, altrimenti...


di
Luciano Martinoli

Risultati immagini per ford

Il mercato finanziario sembra iniziare a comprendere l'importanza delle capacità delle aziende di progettare il proprio futuro ben più della loro capacità di produrre risultati a breve. 
Una moda passeggera o una urgente necessità per comprendere il futuro?

La recente defenestrazione di Mark Fields, CEO di Ford, offre una lezione sull'importanza che il mercato sta dando ai progetti futuri delle aziende e alla loro dettagliata esplicitazione. Un'attenzione che anche gli altri stakeholder, banche in testa, dovrebbero dedicare.

Ne fornisce un ampio resoconto un recente articolo del Wall Street Journal. In esso si ricorda che la gestione Fields non è stata caratterizzata dalla completa mancanza di profitti, elemento che generalmente si ritiene sia l'unico parametro valutato dagli investitori,  ma dalle nebulose e opache dichiarazioni sul futuro della Ford nel turbolento mondo automotive ("just wait for the fat margins that our post-car businesses like “mobility” will generate" era ciò che rispondeva Fields alle preoccupazioni degli investitori sul tema).
Ford sta investendo nelle nuove tecnologie che rivoluzioneranno il settore, ma queste sono disponibili a tutti e solo una precisa e chiara Strategia che le utilizzi , prima da progettare e poi da comunicare, darà conto di come questa si tradurrà in sviluppo per l'azienda. E a tal proposito il mercato si è mostrato sia indulgente, laddove dettagli precisi manchino, sia desideroso di tali progetti di futuro, come il caso Tesla, del quale ho già scritto, dimostra. 

I soliti comportamenti d'avanguardia, in questo caso degli investitori d'oltreoceano, che arriveranno tra decenni anche nella vecchia Europa e ancor più in ritardo in Italia? Assolutamente no come dimostra il recente caso Ferragamo, il cui titolo è quotato alla borsa di Milano, dove la reticenza del management a fornire dettagli su un annunciato rallentamento del business di quest'anno, ha penalizzato il titolo e spinto gli analisti nostrani ad abbassare le stime.

Dunque sembra che si stia aprendo una stagione caratterizzata da un nuovo modo di guardare le prestazioni future delle aziende. Un modo necessario in un mondo sempre più turbolento con velocità di cambiamento crescenti. Infatti  in un tale contesto il "futuro", così importante per i mercati ma non solo, non "arriva" alla stregua di un temporale o una giornata di sole spingendo tutti ad attrezzarsi di conseguenza, come la retorica di certi "esperti" vuol far credere. 
Il futuro lo costruiscono le aziende, in mille modi e mille direzioni. Le tecnologie, a disposizione di tutti, sono, come sempre è stato, solo uno strumento per realizzarlo. Le aziende capaci di costruire il futuro, per loro e per gli altri, prospereranno e renderanno il mondo un posto migliore (come è già accaduto); chi no sarà condannato a subirlo con tutte le conseguenze.

Il mercato lo sta capendo, è ora che lo capiscano anche gli altri stakeholder dell'impresa.
Questo cambio di prospettiva, vero e proprio paradigm-shift, evidenzia l'esitenza di un immenso territorio vergine. Esso è costituito dall'assenza di strumenti e linguaggi per esplorarlo: come realizzare e valutare i progetti di futuro delle imprese in modo professionale, superando gli umori e le chiacchiere da bar, premiando chi è capace. Allo stesso tempo, come stimolare chi è carente in tale progettazione che, da quanto detto fino a questo punto, deve costituire ormai l'anima dell'attività d'impresa.
Il nostro impegno professionale è operare in tale settore proponendo quanto di meglio la conoscenza umana offre per rispondere a tale sfida: la creazione, non previsione, del "futuro".


sabato 27 maggio 2017

I PIR, la pagliuzza e la trave…

di
Francesco Zanotti

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I PIR - Piani Individuali di Risparmio-  sono di gran moda. Ma per quanto riguarda i possibili problemi per i risparmiatori, però, si indica solo la pagliuzza, e ci si dimentica della trave.

Tutti conoscono il monito evangelico “Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo?” (Matteo 7:3-5).
Si applica letteralmente al caso dei PIR. La pagliuzza è costituita dai temi fiscali. Certamente è importante il tipo di imposizione fiscale. Una imposizione fiscale sfavorevole è certamente fastidiosa come una pagliuzza.
Ma ci fa dimenticare la trave. Una trave grande e pesante. E’ costituita dal rischio di perdere tutto il capitale. E’ costituta dal rischio che le imprese nei cui titoli sono finite i soldi dei risparmiatori falliscano.
Si dirà, ma chi le seleziona sa come distinguere il grano dal loglio, per continuare a usare un linguaggio evangelico (Matteo 13, 24 segg.). Chi le seleziona sa scegliere le imprese il cui titolo continuerà ad aumentare di valore.
Ecco, questo non è vero. Per mille ragioni. La più semplice è che l’andamento del titolo non è che segua così pedissequamente l’andamento dei risultati delle imprese. Ma la più rilevante è che chi seleziona le imprese non ha alcuno strumento per prevedere i risultati futuri delle imprese. Con gli strumenti a disposizione della finanza è come se si scegliesse a caso. E non è il caso di buttare il risparmio nel gioco della roulette. Rischia che sia una roulette russa.
Ma purtroppo della trave nessuno vuole parlare.  Qualcuno ci dà una mano a parlarne?


martedì 23 maggio 2017

Rapporto banche impresa: valutare gli elementi qualitativi. Ma …

di
Francesco Zanotti

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… ma quali sono questi elementi qualitativi da valutare e come fare a valutarli?

Oramai tutti stanno chiedendo alle banche di valutare il merito di credito delle imprese al di là dei numeri. Tutti stanno chiedendo alle banche di valutare gli “elementi qualitativi” delle imprese. Purtroppo nessuno dice quali siano e come vadano valutati.
Proviamo ad indicarne alcuni. Sono certamente rilevanti gli elementi soft dell’impresa: dai valori alle competenze, alla cultura e al clima. Ma anche la sua sostenibilità, la sua Governance, la qualità del management e la propensione all’innovazione. Ora questo è un elenco parziale: occorre allora trovare tutti gli elementi qualitativi necessari. E poi spiegare come si misurano tutti questi elementi e come si mettono insieme le misure per capire quale sarà la capacità futura di generare cassa delle imprese.
Chi ha una proposta sul come fare? Noi ce l’abbiamo, ma c’è qualcuno interessato ad ascoltarla?